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Politica Tor Tre Teste / Via Prenestina, 944

Via Prenestina 944, nell'ex hotel occupato 460 persone senz'acqua né luce. E ora si teme lo sgombero

Sabato un incendio ha interessato una piccola parte della struttura

Fatima sale le scale che la portano al secondo piano, guidata dalla luce di un mattino di sole filtrata dai finestroni di vetro oscurato della facciata. Entra nel corridoio che la conduce alla porta della sua stanza/appartamento. Avanza pochi metri viene avvolta da un’oscurità totale. Dopo l’incendio divampato sabato scorso in una piccola porzione dell’ex hotel occupato di via Prenestina 944 in cui vive dal 2012, allo stabile sono state staccate l’elettricità e l’acqua. “Da sabato siamo costretti vivere così, con il buio che il pomeriggio cala presto rendendo invivibili tutte le stanze e l’acqua centellinata da bottiglie e taniche. Acqua che ci serve per mangiare, per lavarci e anche per rendere utilizzabili i bagni e che recuperiamo dalle fontanelle qui intorno o dalle preziosissime donazioni delle persone solidali. Ognuno di noi ospita una o due persone della parte andata a fuoco. Ma quanto possiamo andare avanti in questo modo?”. 

L'Eurostars Roma Congress Hotel & Convention Center è un ex albergo a quattro stelle, rimasto aperto fino al 2011 sotto la gestione di Hotusa spa, multinazionale spagnola di settore. In internet si trovano ancora le immagini patinate delle sue stanze luminose, con i copriletto candidi e vasi di fiori ad allietare la permanenza dei clienti nelle stanze. Poi la chiusura improvvisa, con il licenziamento di 60 dipendenti. La struttura resta abbandonata per circa un anno e il 6 dicembre del 2012, giorno in cui in tutta Roma circa 3 mila persone in emergenza abitativa occupano una decina stabili vuoti ormai da tempo, inizia la sua nuova vita, abitata da circa 250 famiglie provenienti dalle più disparate parti del mondo, principalmente Maghreb, Corno d'Africa, America Latina, Europa dell'Est e Africa sub-sahariana. Una comunità meticcia che per sei anni ha trasformato quelle stanze in mini appartamenti, si è formata tramite la condivisione degli spazi comuni e la mobilitazione, insieme alle altre occupazioni della città, per vedersi riconosciuto ciò che molte delle famiglie stanno attendendo da anni nelle liste comunali: una casa popolare.  

Video - Incendio nella notte all'ex hotel occupato

Oggi la sensazione che si respira dietro il cancello dell’ex hotel è quella di “un assedio”. All’interno 460 persone, circa 150 famiglie, 141 minori. Un fortino senza acqua ed elettricità, con gli abitanti che tentano di organizzarsi al meglio per far fronte alla vita quotidiana. Ad alimentarli ci sono solo un generatore collocato nel cortile esterno alla struttura, diventato ormai un punto di ritrovo degli abitanti che lì possono ricaricare i telefoni, e una torre-faro che illumina il cortile quando fa buio messa a disposizione dalla Protezione Civile di Roma Capitale presente all'esterno con un camper. All’esterno del cancello d’ingresso è stata montata anche una decina di bagni chimici. Fuori dal cancello gli operatori della Sala operativa sociale, fermi in attesa che qualcuno accetti la proposta che l’amministrazione capitolina ha messo sul piatto: i container per senza tetto nel centro della Croce Rossa di via Ramazzini.

Un testa a testa consumato in silenzio, attorno a un albergo in disuso tra capannoni commerciali e il Grande raccordo anulare, che ripropone una tensione già vista nella Capitale. “Sembra di rivivere quanto hanno già accaduto un anno e mezzo fa alle famiglie di via Quintavalle a Cinecittà” si lascia scappare qualcuno dei presenti. Al palazzo di proprietà della Sansedoni Spa, società immobiliare partecipata controllata dalla Fondazione Mps, nell’estate del 2017 erano state staccate luce e acqua per un mese prima di essere sgomberato con un ingente schieramento di forza pubblica. Le famiglie rimaste per strada sono rimaste accampate per 8 mesi sotto il porticato della Basilica di Santi Apostoli, a due passi da piazza Venezia.

Anche a loro era stato proposto il centro della Croce Rossa con le tende che Ikea ha progettato per i rifugiati nei paesi in guerra collocate sul terreno ghiaioso della sede di via Ramazzini, a Monteverde, a 15 chilometri di distanza da Tor Sapienza, un tragitto di almeno 40 minuti. Si tratta di 25 container termoregolati che al massimo possono essere ospitate 100, massimo 150 persone. All’interno sono collocati solo i letti mentre i bagni e il tendone per la sala da pranzo comune, rigorosamente con i pasti forniti dalla struttura, sono all’esterno.

Un anno fa le interviste agli abitanti del 4 Stelle

A distanza di un anno tutto la cronaca scivola lentamente verso lo stesso copione. “Come possiamo accettare di andare a vivere lì?” continua Fatima. “È vero, il Comune si è offerto di mettere a disposizione delle navette per portare i nostri figli nelle scuole che stanno frequentando ora. Ma sono sei anni che ci battiamo per il diritto ad una casa che non possiamo permetterci. Uscire da qui significa perdere tutto”. Fatima e le famiglie del '4 stelle' sono sfollate in seguito a un incendio ma parlano come se fossero sotto sgombero. Entrare nel circuito dell’accoglienza per senza tetto, sembrano le parole di Fatima, significa perdere ogni possibilità di un vita normale.

“Abito in Italia da oltre vent’anni, i miei figli sono nati qui. Mi sono trasferita in questo palazzo dopo uno sfratto e non ho intenzione di andare a vivere in una tenda”. Fatima guarda suo figlio di 13 anni che si avvicina con in mano un quaderno e un libro. “Ne approfitto fino a che c’è la luce” spiega. Guarda il cortile pieno di bambini che giocano e urlano. “Oggi (lunedì, ndr) non siamo andati a scuola. Hanno parlato della mia casa sui giornali e in televisione e mi sono vergognato. Poi siamo ancora tutti scioccati da quello che è successo sabato mattina”. 

Il reportage dall'hotel occupato

Irina abitava nella parte del palazzo coinvolta dall’incendio. “Erano circa le otto quando mi sono accorta che era saltata la corrente” racconta. In braccio suo figlio, nato da pochi mesi. “Ho aperto la porta e sono stata travolta da un fumo denso e scuro. Ho avuto paura. Ero nella stanza da sola con i miei due figli, uno di pochi mesi e l’altro di un anno e mezzo. All’inizio ho strappato le tende pensando di calarli dalle finestre. Poi un mio vicino di stanza mi ha chiamato dicendomi di correre verso i balconi, che saremmo potuti scappare da lì. Ci siamo buttati su dei materassi che gli altri abitanti dell’hotel avevano posizionato là sotto. Tante altre persone sono scappate dalle finestre. È stato orribile”. 

L’incendio ha interessato solo una piccola porzione dello stabile che è diviso in due parti indipendenti. “L’acqua e la corrente però sono state staccate a entrambe le parti”. Ieri pomeriggio la commissione per gli stabili pericolanti ha visitato la struttura e nelle prossime ore dovrebbe comunicare l’esito dell’ispezione. Il timore è che di fronte all’esito negativo si aprano le porte dello sgombero. “La sensazione è che queste famiglie si trovino sotto assedio” commenta Paolo Di Vetta, dei Blocchi precari metropolitani. “Perché non consentire l’arrivo di una cisterna per l’erogazione dell’acqua o l’arrivo di pasti. Perché l’unica risposta fornita dalle istituzioni è una torre-faro per illuminare il piazzale e dei bagni chimici? Sembra un modo per prendere per la gola le famiglie e costringerle a rivolgersi alla sala operativa sociale. Solo una coppia di anziani l’ha fatto e la proposta che hanno ricevuto è un letto in due strutture di accoglienza separate”.

Ieri è terminato anche il censimento che le famiglie hanno effettuato al loro interno. L’elenco è stato consegnato al municipio. La posizione del Comune resta quella: “Tramite un'analisi caso per caso, verrà proposta da oggi la presa in carico presso le strutture di accoglienza organizzate dalla Protezione Civile. Ai bambini sarà assicurato un servizio di trasporto scolastico che consentirà loro di continuare a frequentare le scuole” recita una nota circolata sabato sera.

Il confronto sembra basarsi su uno schema già visto. Da una parte una risposta assistenziale ed emergenziale che parla prevalentemente alla disperata preoccupazione di un genitore di fronte a condizioni di vita sempre più difficili per i loro figli o alle difficoltà di malati e anziani. Dall’altra la battaglia per una casa popolare che dura da anni e un palazzo occupato da difendere “con ogni mezzo necessario”. A farsi carico di rappresentare la proposta del Comune solo gli operatori della Sala operativa sociale, presenti costantemente fuori dal cancello. Ogni tanto arriva qualche giornalista armato di telecamera o un cittadino, dei tanti solidali che si sono mobilitati negli ultimi giorni, per portare vestiti, cibo e beni di prima necessità in sostegno agli sfollati. “Dopo sabato” confermano gli abitanti “nessun altro si è fatto vedere da queste parti dal Campidoglio”. 

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