Schegge mistiche: dalla frantumazione del credo all'inviolabilità del simbolo
Galleria Pietrosanti G.d.A. Galleria d'arte Roma
DANILO MAURO MALATESTA
“Schegge mistiche:
dalla frantumazione del credo all'inviolabilità del simbolo”
Vernissage sabato 20 ottobre 2018
18:30 – 22:30
Il fotografo e regista Danilo Mauro Malatesta presenta la sua prima personale nel cuore della Roma cristiana. La mostra si sviluppa in due parti distinte ma in profondo dialogo tra di loro: si comincia con quattro fotografie e una piccola installazione che conduce direttamente al fulcro finale del percorso, la Sindone.
La narrazione inizia dalla frammentazione del vivere contemporaneo: modi di pensare, tensioni e intolleranze. L'urgenza nei ritratti della figura del Cristo di Danilo Mauro Malatesta è una sfida che scruta e denuda direttamente l'intimo umano, indirizzando il laico, il religioso e l'ateo direttamente alla questione dell'identità. Il volto, la mano e gli strumenti della passione costituiscono i particolari sui quali Malatesta si è concentrato per restituirne un'immagine scomposta in tante schegge, ottenute nella distruzione della lastra vitrea, al solo scopo di impedire una visione limpida e unitaria del soggetto.
L'indeterminatezza e l'indefinitezza di queste fotografie provoca un iniziale smarrimento del visitatore. La perdita di una visione e di una verità univoca implica un vuoto morale e un profondo senso di solitudine. Nel mondo contemporaneo, una “società paradisiaca” domina ormai le nostre esistenze e non lascia posto all'incertezza e all'errore.
Il fotografo ha deciso dunque di correre questo rischio e la distruzione dell'opera è diventata così, azione creativa dell'individuo che, posto davanti al risultato, non può che indagare la disgregazione e procedere alla ricostruzione dei legami con il passato e con il presente.
Sappiamo che è il Cristo morto sulla croce per noi ma ciò che interessa veramente, è la messa in discussione dell'approccio con noi stessi, con il mondo e quindi, con gli altri.
Nell'osservazione della figura del Cristo è come se si rinnovasse l'atto della crocifissione e con esso il vivo senso di colpa, di chi non ha avuto fede e ancora oggi ogni giorno da testimone diviene vittima sacrificale di un complesso svuotamento delle icone cristiane in semplici oggetti manufatti. Questa seconda parte tenta di dare conforto e sciogliere questi nodi in quello che ci è rimasto della morte del Cristo, il Sudario. La morte ha frantumato i limiti storici dell'individualità del Cristo e ha liberato lo spirito come atto di sacrificio fino a completarsi nel sacro Sudario, tra venerazione e forza spirituale. La decomposizione della modernità è così ricostruita nella testimonianza del passaggio del corpo su quel sacro lenzuolo. L'installazione della Sacra Sindone in ambrotipia non è la vera costruzione ma l'inizio di un percorso contemplativo e meditativo sul senso della religiosità oggi, lasciandoci con nuovi e impellenti interrogativi.