'Non è Suburra' al Macro Asilo
Non è Suburra è il primo incontro organizzato da Flow al MacroAsilo. Flow è un gruppo di giornalisti provenienti da percorsi diversi che si sono incontrati per dare vita a questa esperienza. Al tavolo 'Rome' del museo diretto da Giorgio De Finis si siederanno scrittori, narratori, fotografi, videomaker, attori, urbanisti, architetti - romani e non - per parlare di città. Roma il punto di partenza.
Il primo incontro sarà una riunione aperta sul racconto della città, sulle immagini che creano narrazione, che orientano l'attenzione pubblica. In chiusura la proiezione del cortometraggio Bia di Valerio Nicolosi (regista) e Paolo Verticchio (sceneggiatore).
Intorno al tavolo '#Rome' siederanno sicuramente
Quelli di #Flow: Ylenia Sina, Andrea Spinelli Barrile, Daniele Nalbone, Martina Di Pirro, Valentina Mira
David Broder - Giornalista di Jacobin Italia
Rossella Marchini - architetta
Emiliano Rubbi - Produttore discografico, musicista e sceneggiatore
Valerio Nicolosi e Paolo Verticchio, regista e sceneggiatore del cortometraggio #Bia
I posti intorno al tavolo sono liberi. E potrebbero esserci sorprese.
Ecco la presentazione dell'evento
Non è Suburra è un grido liberatorio.
Un’esigenza che abbiamo sviscerato prima di tutto da noi stessi, dal nostro lavoro quotidiano di racconto del mondo e di questa città.
Siamo partiti dal cinema e dall’immaginario che genera quando ha per soggetto Roma, così efficace nel rivolgersi direttamente a tutti ma anche di influenzare la narrazione del reale, di mescolarsi, in un gioco di specchi che si autoalimentano.
Il problema non è il cinema, sia chiaro.
Il cinema è un pretesto per il nostro grido, per fare in modo che quello stesso, efficace, immaginario (perché in fondo abbiamo chiamato questo incontro ‘Non è Suburra’) diventi un’arma di distruzione di tutto ciò che incatena la nostra narrazione.
‘Non è Suburra’ è un grido per scrollare via ogni sintesi, ogni ragionamento ripetuto, ogni automatismo nell’utilizzo delle parole che riguardano la città, nella definizione dei suoi quartieri, nelle etichette appiccicate alle persone in relazione ai luoghi in cui abitano e viceversa.
Non è semplicemente un modo per costruire una narrazione altra, che è sempre un obiettivo, ma una provocazione per iniziare a distruggere quella che subiamo (o, purtroppo, da giornalisti, a volte contribuiamo a far subire) ogni giorno.
Non basta metterci in gioco, dobbiamo andare in crisi.
Come parlerebbero i giornali, le tv, i blogger, i commentatori su Facebook, se fosse bandito usare, senza maneggiarle con cura e cognizione di causa, parole come periferia e centro; se fosse proibito appellarsi ad un generico ‘noi-loro’ là dove si descrivono quartieri con alto tasso di popolazione immigrata (semplicemente ridicolo in un mondo con quasi 200 stati e ancor molte più identità); se fosse cancellata dal vocabolario la parola degrado come termine in grado di descrivere anche solo una piccola porzione di strada?
Sono solo alcuni esempi, tra i più frequenti che ci vengono in mente, per iniziare a scuotere il mondo così come lo raccontiamo, consapevoli di esserci lanciati su una traiettoria che va dritta nel cuore della difficile definizione dell’identità di una città, dei suoi quartieri e dei suoi abitanti.
'Bia' di Valerio Nicolosi
Un’amicizia profonda, l’amore che innalza e distrugge, la solitudine d’un brivido che rompe il fiato… questo è Bia. La storia di cinque personaggi che s’intrecciano a doppia mandata tra loro in un contesto arido e feroce, dove il Caso non ha occhi per niente.
Un pugno nello stomaco. Chi è abituato alla narrazione delle periferie romane in stile “serie tv” forse resterà deluso da Bia. In Bia il degrado sono l’abbandono, la solitudine, la disperazione che circonda i protagonisti e che ti può costringere a intraprendere strade pericolose con un solo obiettivo in testa: «Trovare una soluzione che possa salvare più esistenze».