Mostra personale di Gaia Giugni - Contatto Gallery
Carte, stoffe, filo di lana, ferro, smalto, china ed esplosioni di colore sono gli elementi che danno vita alla poetica di Gaia Giugni. Le sue opere suscitano l’idea di grovigli di materia informe, distese di cromie e materie che si espandono e si contraggono ma che in realtà rivelano sagome nascoste. Mettendole a fuoco emergono infatti delle sembianze familiari: le linee che si fanno sempre più presenti generano dei corpi. Per intero o frammentati sono corpi che rimangono intrecciati nella tela ed esprimono tutta la loro forza e potenza: sentono l’esigenza di mostrarsi nelle loro diverse forme, di contorcersi e di aprirsi al mondo. Sono corpi che hanno perso i contorni ma la sostanza è rimasta. Spesso sono donne o donne e uomini insieme; altre volte sono solo elementi che ricordano una parte maschile e femminile, altre volte ancora i particolari sono completamente rarefatti o all’opposto ingigantiti.
Nei bozzetti e nei lavori su carta con tecnica mista della Giugni emerge maggiormente l’intento figurativo e si riconoscono questi “ingombri” seppur lievi e minimi dovuti a una maggior economia del mezzo pittorico, mentre nelle tele di grandi e piccole dimensioni, i corpi si arricchiscono di stoffe, fili, ferro attraverso una ricerca ben precisa. Si tratta di un passaggio per ingrandire il segno, la polimatericità entra in campo per rendere più evidente il tutto. Come ad esempio l’utilizzo dei fili di ferro, l’artista stessa afferma che li inserisce in opere che nascono istintivamente e queste linee tortuose attraversano le figure e le legano. Sono delle cuciture, richiamano un valore ancestrale e legato al mondo femminile come nelle opere di Francesco Vezzoli o Lawrence Carroll. Nel lavoro dell’artista romana però i fili non terminano nel quadro ma vanno oltre. Non lo ingabbiano ma rappresentano un attraversamento, un percorso o la prosecuzione di un qualcosa che prende vita spontaneamente e quasi in modo ossimorico fermano qualcosa che non vuole fermarsi perché non vi è un confine come in “SSS1 (Serie Sassi n.3) e in “SSS7 (Serie Sassi n. 3)” del 2011.
Anche le scelte cromatiche sono frutto di un percorso. Le prime opere sono quasi del tutto monocromatiche, forse ancora una volta legate al mondo dell’illustrazione, successivamente passa a un’unione di colori fortissimi fino ad approdare a un uso più consapevole: mantiene cromie molto forti e varie ma che restituiscono l’effetto monocromatico.
I cromatismi si fanno così portatori di emozioni e sentimenti, talvolta con accezione positiva e altre volte dettati da uno sguardo più cupo e introspettivo ma che richiama i valori considerevoli nella vita di un uomo.
Gaia Giugni si sta allontanando lentamente dall’esigenza di associare delle parole alle sue opere o di spiegarle, perché non occorre necessariamente chiarire ciò che i nostri occhi sono autonomamente in grado di percepire.