Favola del principe che non sapeva amare: Stefano Accorsi all'Ambra Jovinelli
Uno spettacolo che indaga il mistero più misterioso di tutti, quello di riuscire a vivere. Ne "Lo cunto de li cunti", del Basile, da cui lo spettacolo prende sostanza, il mistero del nostro vivere si dipana in una mappa di storie, con un andamento fiabesco, in cui le vicende che accadono posseggono una loro verità del tutto indipendente dalla realtà ordinaria.
La fiaba è un fatto di cronaca fantastica che va raccontato con la pregnanza con cui si racconta un fattaccio di cronaca nera o di cronaca rosa. Le magie che vi accadono non sono effetti speciali per stupire o spaventare, sono invece come fasci di luce potente che viene proiettata sul nodo psichico della vicenda narrata, per indurre lo spettatore a farsi carico di quel nodo.
Dopo aver portato in scena il "Decamerone" del Boccaccio e "L’Orlando Furioso" dell’Ariosto, ora la trilogia del "Progetto Grandi Italiani" si conclude con "Lo cunto de li cunti" di Gianbattista Basile, con il suo linguaggio barocco, un italiano rinnovato da un dialetto aspro e meravigliosamente creativo.
Un linguaggio sonoro, che si riverbera anche nello spettacolo, dove i suoni e le sonorità comporranno un paesaggio mutevole e metamorfico.
Molta vita si addensa in queste storie, ognuna racchiude più di un Destino, ma il nostro teatro ne svela solo una parte, lasciando nell’animo dello spettatore la sensazione che non tutto è stato detto, che l’Arcana Favola nasconde ancora molti altri tesori.