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Vincenzo Mancino (DOL) si racconta e lancia un appello ai romani: “Ritrovate il tempo per la scampagnata della domenica”

La nostra intervista a Vincenzo Mancino, direttamente da Mercato Mediterraneo, dove è andato per sostenere i piccoli produttori del Lazio e per tenere un seminario sul latte e sul formaggio davanti a una platea di giovani

A Mercato Mediterraneo ha tenuto un seminario intitolato ‘Le forme del latte: dalla Metopotamia al digitale’, davanti ad una giovanissima platea di studenti dell’istituto alberghiero, insieme a Stefano Vaccari dell’ICQRF (Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari); ma è andato in fiera, prima ancora, per sostenere – come ormai fa da anni – i piccoli produttori del territorio.

Parliamo di Vincenzo Mancino, fondatore di DOL (Di Origine Laziale), creatore dei 3 Proloco DOL a Roma (Centocelle, Pinciana e Trastevere), nonché produttore di uno dei formaggi più antichi di Italia: il Conciato di San Vittore.

Al termine del suo intervento a Mercato Mediterraneo, Vincenzo Mancino si è fermato a parlare con noi di giovani, di futuri chef, di piccoli produttori e di tanto altro, con la semplicità, l'autenticità, la passionalità che lo caratterizzano:

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Vincenzo Mancino e Stefano Vaccari, durante il seminario 'Le forme del latte: dalla Mesopotamia al digitale', a Mercato Mediterraneo

A Mercato Mediterraneo sei stato chiamato per tenere un interessante seminario sulle forme del latte, sulla storia del formaggio sin dalle sue origini e lo hai fatto davanti ad un pubblico di giovani studenti dell’istituto alberghiero. Cosa speri di aver trasmesso loro?

I giovani sono il nostro futuro in tutto, nella cucina sono i primi a dover essere informati. Mi piace pensare che su 50 ragazzi che c’erano oggi, almeno 1 abbia inseminato qualcosa nella sua testa, nella sua curiosità. Dobbiamo ricordarci che i giovani saranno i prossimi consumatori, i prossimi cuochi, i prossimi trasformatori, i prossimi allevatori e quindi è una responsabilità questo passaggio di testimone.

Come e quando è nato in te il desiderio di approfondire la realtà della piccola produzione, di andare alla ricerca di quei prodotti che rischiavano di sparire?

Io ho iniziato per un’esigenza: avevo un piccolo ristorante e compravo i prodotti dai mercati, dagli agricoltori, ma avevo bisogno di una selezione più ampia. Così ho iniziato a girare, da lì è diventata per me una necessità reale quella di poter trasformare non solo i prodotti, ma anche le storie di queste persone per portarle all’interno dei miei piatti.

Il Conciato di San Vittore è il formaggio che hai salvato dall’estinzione, uno dei più antichi d’Italia. Cosa rappresenta per te, per la tua storia, per la tua carriera?

Per me è una grande vittoria, un prodotto che quando viene collegato alla mia persona come ‘colui che l’ha salvato’, mi dà un’immensa felicità e mi fa molto onore. Mi fa tremare pensare tutte le volte che abbiamo lavorato e combattuto per reggerlo in piedi. Oggi sapere che viene prodotto nel carcere di Rebibbia, dalle donne, grazie ad un nostro progetto, mi fa ancora più felice. E poi Il Conciato di San Vittore è un prodotto buono, per questo vince.

Nella quotidianità di noi romani (e degli italiani più in generale), la spesa non è quasi mai un momento di relax, ma una routine frenetica, al supermercato, alla ricerca delle offerte del giorno. Cosa, invece, ognuno di noi potrebbe e dovrebbe fare per la salvaguardia dei piccoli produttori del nostro territorio, sempre più in via d’estinzione?

Roma è la città più fagocitante che possa esistere nel territorio laziale, tanto è vero che tutte le grandi opportunità che il Lazio ha avuto sono venute da Roma. Però c’è da dire che nel suo fagocitare, Roma spesso si accomoda nelle grandi distribuzioni. Roma è così bella appena esci fuori dal raccordo: trovi decine di produttori di verdure, di formaggi, di carne, di salumi, che vale la pena la famosa ‘scampagnata della domenica’, quindi il mio invito è quello di riprendersi un po’ del proprio tempo per poterla fare.

Ormai da anni la città di Roma si è aperta a nuovi mercati come Eataly e, di recente, Officine Italia. Pensi che possano essere un buon tramite tra romani e piccoli produttori?

I mercati sono quelli fatti nelle piazze per me, non nei palazzi. Il mercato è fatto di piccoli produttori, di piccoli contadini. Le aziende nominate sono validissime ma non fanno mercato, o meglio, fanno ‘un mercato’ che non è ‘il mercato’. Il mercato è quello dell’agorà, quello che viene dall’incontro tra il produttore e il consumatore. Produttore che porta con sé tutta la storia, tutta la forza che mette all’interno della sua creatura che essa sia formaggio, zucchina, carota”.

Mercato Mediterraneo è una fiera importante secondo te? Andrebbe proposta anche più spesso e in forme differenti?

Mercato Mediterraneo può essere senza dubbio un sistema, potrebbe nascere un format per utilizzare spazi abbandonati di Roma per poter aiutare la piccolica produzione.

Da poco ha aperto il terzo Proloco DOL. Dopo Centocelle e Pinciana sei giunto a Trastevere. Cosa rappresenta per te questo nuovo traguardo raggiunto?

Una sfida come sempre. Sinceramente non conosco bene Trastevere perché mi ritengo un ‘centocellino doc’ (ride ,ndr), a me piace pensare sempre che il nostro progetto va al di là delle persone, delle location, della bellezza dei locali o delle strade. Siamo nati a Centocelle, a Centocelle abbiamo la nostra sede. Trastevere vale come Prati, Magliana, Tufello, perché quello in cui noi crediamo sono i prodotti. La cucina è fatta di prodotti, di persone e di storie di queste persone e in ogni prodotto ce n’è un pezzettino. Credendo in questo, portando queste storie nei piatti, non ci sono location che valgano più di altre. Trastevere è stata un’occasione, l’abbiamo presa al volo”.

L’ideale, dunque, sarebbe aprire una Proloco DOL in ogni quartiere di Roma ...

Proloco non è un franchising, né un progetto di colonizzazione di Roma il nostro (sorride, ndr), ma è la volontà di portare i piccoli produttori del Lazio, in tutte le possibili declinazioni, all’interno della città”.

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