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De Magna e beve Prati / Via Augusto Riboty, 20c

Apre Almatò, il gusto "va in meta" a Prati

Tre under 30 romani, amici e con una grande passione per il rugby lanciano una nuova sfida a Prati. Almatò è il nuovo ristorante di cucina ricercata ed elegante (ma informale) in via Augusto Riboty

Un ristorante dalla cucina ricercata e dall’atmosfera elegante e al contempo informale. Sono questi i tratti distintivi di Almatò, nuova apertura in via Augusto Riboty, 20C, nel quartiere Prati di Roma.

L’insegna è la sintesi dei nomi dei tre giovanissimi soci, età media 28 anni: Alberto Martelli, Manfredi Custureri e Tommaso Venuti, rispettivamente responsabile di sala e sommelier, restaurant manager e chef del locale. Tre ragazzi romani, tre amici, accumunati da due grandi passioni: la buona tavola e la palla ovale. È proprio calcando l’erba di un campo da rugby, infatti, che i loro destini si sono incrociati.

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Da sinistra verso destra: Manfredi Custureri (restaurant manager), Tommaso Venuti (chef), Alberto Martelli (responsabile sala e sommelier). Alberto Blasetti Ph.

Lo chef Tomasso Venuti può vantare un curriculum di tutto rispetto: innamorato dei fornelli sin da piccolo, si diploma all’Alma (Scuola Internazionale di Cucina Italiana) e successivamente si perfeziona alla corte di chef del calibro di Heinz Beck, a La Pergola (Roma), Antonino Cannavacciuolo, presso Villa Crespi Relais & Châteaux (Orta San Giulio - NO), e Marcus Wareing, nel ristorante Marcus (Londra). Alberto Martelli è invece nato e cresciuto nel ristorante che la famiglia gestisce da ben quattro generazioni nella Capitale. Mentre Manfredi Custureri si è avvicinato alla ristorazione quasi per caso, scoprendo negli anni di avere un talento naturale per il management.

Quella di Venuti (e della sua giovanissima brigata) è una cucina definibile con poche e semplici nozioni: un tratto lineare, concentrato sul gusto, contraddistinto da una costante ricerca della pulizia e della precisione; per ogni piatto un numero limitato di ingredienti, sempre riconoscibili singolarmente, pur con la loro complessità di preparazione. Il quid in più è dato spesso dal gioco di consistenze e dagli accostamenti tra sapori differenti. Imprescindibili i concetti di stagionalità, qualità della materia prima e rispetto assoluto di quest’ultima.

A mio modo di vedere – spiega Tommaso Venutitutte le pietanze devono risultare, nella loro interezza, leggibili e fruibili a un pubblico quanto più vasto possibile. I miei piatti partono sempre da una base di tradizione e si evolvono secondo un mio personale lavoro di ricerca. Lo scopo finale è in ogni caso estrarre il massimo del gusto, pensando in primis alla soddisfazione del cliente. Allo chef Heinz Beck devo molto: nei quattro anni trascorsi a La Pergola posso dire di aver imparato il mestiere di cuoco, inteso non solo come filosofia culinaria ma anche come gestione di una cucina e di un ristorante”.

In carta cinque proposte per ogni portata che spaziano dalla terra al mare. Solo per fare alcuni esempi: Scampi, radicchio, radici; Ravioli di coda, erbe amare, salsa mirepoix; Anatra, patata viola, cipollotto, lavanda. La carta dei dessert, sempre firmata da Venuti, rappresenta un naturale prosieguo, con creazioni dalle forme e dal gusto contemporanei (leggi “alleggerite”) come le personali versioni di Tiramisù e Soufflé. Oltre alla carta c’è la possibilità di optare per uno dei percorsi di degustazione, di 5 o 7 portate (rispettivamente a 50 e 70 euro bevande escluse), costruendo il menu con i consigli della sala e in base alle preferenze del cliente. Per il pranzo, dal lunedì al venerdì, si aggiunge la formula del lunch tasting, composta da 3 portate (al costo di 30 euro), e quella del fast lunch, pensata per una rapida pausa lavorativa e che garantisce all’ospite di poter consumare un benvenuto dello chef, un piatto a scelta e una bottiglia d’acqua in soli 30 minuti (e alla modica cifra di 20 euro).

L’ambiente è coerente con la tavola, rispettando i canoni di nitidezza e di sottrazione (di elementi). A progettare il locale è lo stesso chef Tommaso Venuti, grazie ai suoi precedenti studi di architettura. La sala è un luogo intimo e raccolto, contraddistinto da pochi colori (legno, grigio, particolari in nero e blu delle sedie) e dal gioco di luci che tende a evidenziare ciò che è sul tavolo senza però mai appesantire la vista. Proprio le lampade sono fatte su misura da un piccolo artigiano e permettono di spostare tavoli e sedute secondo la funzionalità richiesta. Altro elemento fondamentale è la perfetta insonorizzazione del locale, grazie a un apposito, tecnologico, soffitto. Il tutto per garantire un’esperienza piacevole a 360 gradi. Ai 28 coperti interni se ne aggiungono un’altra dozzina nel dehors (disponibile a partire dalla bella stagione). Il servizio (che vede, ancora una volta, esecutori giovanissimi) ovviamente non può che essere al passo con tutto il resto: attento alle esigenze del cliente ma mai ingessato.

La carta dei vini, curata dal Alberto Martelli, è composta da circa 80 etichette (equamente suddivise tra bianchi e rossi) provenienti dai territori più interessanti del Paese e comprensiva di diverse referenze estere, Francia in primis. Tra i nomi delle aziende un buon mix tra cantine blasonate e produttori meno noti. Non può mancare, ovviamente, una selezione di bollicine italiane e di Champagne. Proposta al calice varia e adatta ad accompagnare i piatti dello chef.

L’interesse per il cibo – sottolineano Manfredi Custureri e Alberto Martelli – è sempre stato qualcosa di centrale per tutti noi. Dopo aver accumulato la giusta esperienza abbiamo capito che era giunta l’ora di dare vita al nostro sogno, ovvero un locale tutto nostro. Ad Almatò ognuno ha portato il proprio contributo secondo competenze e gusti (questi ultimi da sempre abbastanza simili). Il ristorante ha la sua identità ben delineata, un luogo dall’atmosfera al contempo raffinata e amichevole, adatto a molteplici occasioni e dove chiunque possa sentirsi a proprio agio”.

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