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Martedì, 16 Aprile 2024
Cultura

Ebla, Nimrud e Palmira rivivono al Colosseo fino all’11 dicembre

Ultimi giorni per ammirare la bellezza di tre gioielli dell'arte mediorientale, distrutti o compromessi dalla furia del fondamentalismo islamico e ricostruiti in Italia grazie alla tecnologia

Quando un luogo iconico come il Colosseo mette a disposizione i propri spazi per una mostra, quest’ultima acquista senza dubbio un valore aggiunto grazie alla splendida cornice storico-artistica che le fa da sfondo. Ma se ad essere ospitata è un’esposizione come “Rinascere dalle distruzioni. Ebla, Nimrud, Palmira”, il tutto si carica di un significato ancora più profondo.

Sì, perché quando si affronta un tema doloroso come quello della distruzione del patrimonio culturale, scegliere come sede espositiva l’Anfiteatro Flavio - simbolo per eccellenza di una civiltà che ha sfidato il tempo - vuol dire trasmettere un implicito messaggio di speranza per il futuro, sottolineando l’importanza imprescindibile del legame con il passato.

La mostra, ideata dall’Associazione Incontro di Civiltà e curata da Francesco Rutelli e dall’archeologo Paolo Matthiae, è allestita al secondo livello del monumento romano e accompagna il visitatore alla scoperta di tre splendidi esempi di archeologia mesopotamica, spazzati via o irrimediabilmente danneggiati dalla cieca barbarie del sedicente Stato Islamico e restituiti al loro splendore originale grazie a delle riproduzioni in scala 1:1, realizzate dal meticoloso lavoro di tre eccellenze italiane grazie al sostegno della Fondazione Terzo Pilastro - Italia e Mediterraneo.

Il percorso espositivo si apre con uno spettacolare colpo d’occhio: un’esatta copia del monumentale Toro androcefalo alato che decorava e “difendeva” il portale della sala del trono del Palazzo Nord-Ovest di Nimrud (Iraq), prima capitale dell’impero assiro. Il colosso, completamente distrutto nel marzo 2015 da una carica esplosiva piazzata dai miliziani dell’ISIS, rivive eccezionalmente nella splendida riproduzione realizzata dalla ditta Nicola Salvioli, che per l’intervento si è avvalsa di modelli 3D e di una sofisticata fresatrice computerizzata.

Dirimpetto all’imponente scultura, un piccolo spazio introduce a una suggestiva videoinstallazione realizzata da Studio Azzurro al termine di un viaggio in Siria, svolto tra il 2009 e il 2010 come sesta tappa della sua esplorazione del Mediterraneo. Questo contributo elegante e delicato del team di artisti italiani avvicina i visitatori ad una delle terre d’origine dei monumenti perduti, coinvolgendoli in un gioco di sguardi con le persone e con le antiche statue incontrate durante il viaggio. L’installazione interattiva è accompagnata, inoltre, da una parete con quattro dittici fotografici, cui fa da sottofondo un’evocativa narrazione multilingua di alcuni estratti di antiche poesie arabe.

La parte centrale del percorso della mostra è invece dedicata a Ebla - grande capitale di un importante regno nella Siria settentrionale - il cui sito venne scavato nel 1964 da una missione archeologica italiana diretta proprio da Paolo Matthiae. I visitatori del Colosseo hanno la possibilità di vedere da vicino la fedele ricostruzione del Grande Archivio del Palazzo di Ebla, portato alla luce nel 1975. Di quest’archivio - che custodiva circa 17.000 tavolette d’argilla scritte in caratteri cuneiformi - oggi si conserva ben poco, a causa della totale mancanza di manutenzione dei suoi locali. La riproduzione di un luogo così significativo per la storia dell’umanità è stata resa possibile dall’esperienza della società Arte Idea, che ha trattato un modello di polistirolo con gesso e sabbia colorata, creando infine una forma in vetroresina sostenuta da una struttura in metallo.

Accanto alla copia dell’archivio, uno schermo dà ai visitatori l’opportunità di assistere al “making of” delle tre repliche in mostra, proiettando interessanti filmati che documentano le diverse fasi del processo di realizzazione delle copie e danno un volto agli artefici di questo straordinario intervento.

Non poteva mancare, a conclusione della mostra, un omaggio a Palmira. La città siriana è tristemente nota alle cronache di tutto il mondo per essere stata bersaglio dell’azione terroristica dell’ISIS che, nell’agosto 2015, si accanì ferocemente contro due importanti edifici del suo sito archeologico e ne provocò la distruzione totale. Del magnifico soffitto del Tempio di Bel oggi non restano che dei frammenti; tuttavia, il team di professionisti della ditta TryeCo 2.0 è riuscito a ridestarne l’antico splendore, grazie all’ausilio di stampanti 3D per la modellazione degli elementi decorativi e all’intervento manuale di un tecnico per conferire alla riproduzione lo stesso aspetto con cui si presentava l’originale prima della distruzione.

Commovente, infine, la vicenda dei due “feriti di guerra” di Palmira, come sono stati affettuosamente chiamati due busti del II-III secolo d.C., visibilmente deturpati da colpi di martello ed esposti anch’essi al Colosseo. I due altorilievi, recuperati nel Museo di Palmira dopo la liberazione dalle milizie dell’ISIS, verranno restaurati in Italia dall’Istituto Superiore per la Conservazione e il Restauro e saranno poi restituiti al Museo Nazionale di Damasco, a suggellare un bellissimo atto di solidarietà e di cooperazione culturale.

Senza dubbio, ciò che rende questa mostra veramente speciale è il profondo significato che assume agli occhi del visitatore, costituendo essa stessa un’occasione di riflessione su temi penosi e quanto mai attuali come quello della salvaguardia e della ricostruzione del nostro patrimonio culturale. L’azione scellerata del fondamentalismo ci rende testimoni impotenti di una scia di devastazione che miete sempre più vittime tra i beni artistici e archeologici, privando l’umanità di un fondamento della propria identità.

In qualità di eredi di un patrimonio che la storia ci ha generosamente donato e di cui siamo diretti responsabili, abbiamo il dovere morale di proteggerlo e, laddove non fosse possibile, di ricostruirlo fedelmente grazie alle tecnologie oggi disponibili.

Questo, il messaggio di una mostra imperdibile che fa riscoprire la bellezza della civiltà e ne indaga la sua drammatica fragilità.

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