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Cultura

"Roma? E' la mia città": Paolo Villaggio e il rapporto con la Capitale

Intervistato da Gianfranco Gramola per il sito www.intervisteromane.net l'attore genovese raccontava il suo rapporto con la città eterna

"Roma? E' la mia città". Genovese di nascita, romano d'adozione, Paolo Villaggio ha sempre avuto un rapporto d'amore particolare per la città eterna. Ci viveva da 56 anni, da quando nel 1959 si trasferì al Trionfale. Da allora l'ha vissuta, facendo suoi pregi e difetti della Capitale. Un rapporto che emerge che storie e aneddoti dall'intervista resa a Gianfranco Gramola che cura il sito www.intervisteromane.net, spazio in cui viene raccontato il rapporto di personaggi famosi e meno famosi con Roma. 

Villaggio e il quartiere Trieste

Villaggio viveva nel quartiere Trieste, in un villino di via Anapo. Innamorato di Villa Ada, dove faceva lunghe passeggiate, il ragioner Ugo confessa a Gramola di "non essere un romano verace. Sono si diventato romano quindi tendo al disfattismo. Come ho detto alla domanda di prima su cos’è per me Roma. E’ la mia città da tantissimi anni, da quasi mezzo secolo. C’è un elemento formidabile nel film "Manhattan", di Woodie Allen che dice: "Se dovessi dire cos’è, vorrei dire che…(puntini, puntini)". Beh! Insomma, Roma è la mia città".

I ricordi di Roma

Un angolo di Roma a cui era affezionato? "Ho dei bei ricordi di via Pezzana, lì c’ho vissuto. Piazzale delle Muse, anche lì ho dei bei ricordi come ho dei bei ricordi di via Duilio, vicino a piazza dei Quiriti, zona Prati, con il suo mercato e le sue fiaschetterie. Ecco, lì c’era sempre un profumo di porchetta calda che mi faceva venire l’acquolina in bocca. Ho sempre avuto un debole per la porchetta...".

Villaggio e la cucina romana

Un amore, quello per il cibo che lo portava a preferire Ostia a Fregene. Il motivo? La presenza di un porchettaio sublime nei pressi di Piramide. Ma sulla cucina romana il giudizio è duro: "La cucina romana non è che abbia delle grandi tradizioni. E’ una cucina fatta di paste che sono di origine meridionali, non ha antipasti, la pizza è napoletana, l’abbacchio è abbruzzese. Si salvano i bucatini. Poi i rigatoni alla pajata… ma quella è una cucina fatta di avanzi, come la coda alla vaccinara. Perché la tradizione era che i nobili si mangiavano le parti migliore e poi buttavano gli avanzi in strada, dove c’erano i poveri con delle ceste che li raccoglievano e poi a casa cucinavano la coda, le interiora, le trippe".

Consigli ai turisti

E ai turisti che vengono a Roma consigliava "di guardare le stanze di Raffaello, di andare a passeggiare di notte nella vecchia Roma, di capire in effetti quant’è bello il Foro Romano illuminato. Certo che Roma è una città veramente unica al mondo perché , si sa, l’unica grande capitale della storia è stata Roma, no?". 

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