'Tributo alla romanità: Sora Lella e Aldo Fabrizi', il nipote Mauro: "Portiamo in scena i valori della vecchia Roma"
Uno spettacolo al Teatro Due, poi una mostra fotografica. E' il progetto speciale della famiglia Trabalza, oggi al timone della trattoria di famiglia 'Sora Lella', per celebrare le due icone del cinema e della cucina romana
Fuori dalla trattoria 'Sora Lella', sull'Isola Tiberina a Trastevere, "ancora oggi una processione di curiosi fa capolino per scattare una foto". A raccontarlo è Mauro Trabalza, nipote di Elena Fabrizi, in arte Sora Lella, ristoratrice e caratterista del cinema italiano, diventata famosa per gli indimenticabili ruoli interpretati per Carlo Verdone, che aprì l'attività nel 1959. E' lui, insieme con i tre fratelli Simone, Elena e Renato, a gestire il ristorante di famiglia, vero e proprio baluardo della romanità verace degli anni Sessanta. Sulle pareti del locale le foto in bianco e nero di Elena, diva della cucina ante litteram, precorritrice del connubio tra cucina e spettacolo che avrebbe trovato il boom nella tv di oggi, e di Aldo, icona della poesia e della cinematografia romana, che qui veniva a coltivare la sua passione per i fornelli. A fare capolino dalla porta, lo sguardo dei tanti appassionati che, con le battute dei decenni d'oro del cinema ancora nelle orecchie, vanno alla ricerca di un passato da riscoprire. Trovandolo intatto.
"Ancora oggi le figure di Sora Lella ed Aldo restituiscono quel senso spontaneo verso la vita, privo di barriere, che mette al centro la spontaneità del cuore e il sacrificio", spiega Mauro. Motivo per cui, in occasione del 60esimo anniversario della fondazione della trattoria, e nel trentennale della scomparsa di Aldo, ha ideato “Tributo alla romanità: Aldo e Elena Fabrizi”, progetto in collaborazione con TeatroSenzaTempo Produzioni e con la pagina della comicità ‘Il Socio Aci’ e della Volume Entertainment, e patrocinato dal Comune di Roma.
Come si svolgerà l'omaggio?
Sarà articolato in due progetti. Dal 29 gennaio al 2 febbraio 2020, andrà in scena al Teatro Due lo spettacolo 'L’Acqua e la farina' scritto, diretto e interpretato da Antonio Nobili, Mary Ferrara e Alessio Chiodini, in cui racconteremo la vita inedita di Sora Lella ed Aldo, mentre negli stessi spazi sarà inaugurata una mostra fotografica. L'idea mi è venuta una sera guardando recitare Mary, che ha accolto con entusiasmo la proposta. Stiamo lavorando al soggetto e alla trama. Sul palco non ci saranno i personaggi, ma le persone, due personalità molto diverse tra loro, proprio come l'acqua e la farina.
Che persone erano Elena ed Aldo?
Tenaci anche le difficoltà, capaci di non perdere il sorriso di fronte alle prove a cui li ha sottoposti la vita. Venivano da una condizione molto umile: la madre, Angela, aveva un banco di frutta, mentre il padre Giuseppe, un carrettiere, perse la vita prematuramente quando loro due erano ancora bambini. E così Aldo si è trovato ad accudire nonna Elena e le sorelle come un padre. Fino al 1938, nonna aveva un banco a Campo de' Fiori, poi, durante il periodo di guerra, ha vissuto in un ristorante a San Lorenzo. Infine, nel 1959, insieme a mio padre Aldo (scomparso un anno e mezzo fa, ndr), ha fondato 'Sora Lella'. Inizialmente questo locale non la convinceva molto, poiché il proprietario precedente era un po' malfamato, ma lei lo ha trasformato, non senza difficoltà: ha estinto l'ultimo debito con una damigiana di vino.
Sora Lella è scomparsa ormai 26 anni fa, ma il suo ricordo è ancora vivo nell'immaginario collettivo dei romani. Il suo volto spunta persino nei murales in città. Perché secondo lei?
Era la 'nonna di tutti', con quell'espressione bonaria del viso e il suo amore per la gente. Si metteva sulla porta, fuori dal ristorante, e tutti si avvicinavano per uno scatto. Ancora oggi qui arrivano romani, milanesi, torinesi e anche qualche straniero. Secondo alcune leggende invitava i passanti ad entrare per offrire loro qualcosa da assaggiare... Ma quando mai? (ride, ndr). Storie di questo tipo testimoniano quanto sia entrata nel cuore di tutti.
Come viveva la celebrità?
Il cinema per lei era una droga, un toccasana, la 'ringalluzziva' tutta. Ma non si è mai sentita una 'star', anzi ero io a prenderla in giro e a trattarla da diva: 'Non ne fanno più come te', le dicevo. E lei rideva. Deve la fama a Verdone, con cui aveva un rapporto molto affiatato, anche fuori dal set: ancora oggi mi capita di incontrarlo al bar e mi racconta il suo splendido ricordo.
'Nonna di tutti' sì, ma con voi nipoti che nonna era?
Tale e quale, forse ancora più tosta, perché era abbastanza battagliera ma aveva un animo bello e vero. Era molto avanti, consigliera, scherzava, rideva e si arrabbiava. Con lei si parlava di tutto, anche del sesso, delle ragazze. Ma la prima immagine che mi viene in mente ricordandola è il sorriso spontaneo.
Si dice che tra Aldo e Sora Lella non corresse buon sangue.
Avevano due caratteri completamente diversi, ma non c'era alcuna rivalità. Sono tutte stupidaggini. Le uniche liti che ricordo era sugli ingredienti da utilizzare per la carbonara.
Dicono anche che Aldo avesse carattere spigoloso.
Non mi risulta. Mi aveva soprannominato 'capoccione'. Lo andavamo a trovare due volte all'anno, a Nalate e Pasqua, quando nonna gli portava in regalo un coscio d'abbacchio e una bottiglia di vino e lui ci dava un mazzo di penne e la pasta. Spesso veniva qui al ristorante per registrare alcune ricette che poi avrebbero trasmesso in tv.
Se dovesse raccontare loro com'è cambiata la 'romanita' oggi, che cosa gli direbbe?
Sarebbe difficile. Perché il romano è cambiato, è purtroppo aggressivo ed arrabbiato, anche per il complicato momento storico che stiamo vivendo. Sono pochi quelli a cui appartegono ancora spontaneità e veracità. Io ritrovo ancora i 'romani di una volta' alla Garbatella, il quartiere in cui abito, dove sento quell'energia cordiale ed 'attaccabottone' che apparteneva a Roma tanti anni fa. Quel senso di aggregazione tipico del passato, oggi si ritrova solo in certi contesti, come ad esempio allo stadio. Roma si è un po' persa, ma spero ritorni.
La trattoria, invece, com'è cambiata sotto la vostra direzione?
E' rimasta la stessa. Offriamo una cucina tradizionale, alla ricerca dei prodotti tipici di Roma e provincia, con attenzione alla materia prima: qui si trovano piatti tipici che altrove non si assaporano più, come l'abbacchio brodettato, il bollito alla picchiapò, le animelle. Il piatto principe resta l'amatriciana. E' Renato il padrone della cucina e custode delle ricette, mentre io mi occupo della sala, ed Elena e Simone della gestione delle prenotazioni e della prima accoglienza. Anche la location è intatta. A volte tornano anche volti del cinema, come Anthony Hopkins e Giuseppe Tornatore.
Tra i prossimi progetti c'è anche un'iniziativa di beneficenza.
Prossimamente, chi verrà a mangiare un piatto di pasta e ceci 'donerà' una parte ad una associazione solidale, ma stiamo ancora valutando quale.
In passato avete provato ad esportare la tradizione romana con un ristorante a New York.
Ma non è andato molto bene e non per colpa nostra. Volevano contaminare la cucina romana e non abbiamo accettato compromessi, quindi abbiamo preferito chiudere dopo due anni e perdere tutto.
"A tavola e a letto nun se porta rispetto!", diceva Sora Lella. Oggi che cosa direbbe lei della cucina contemporanea, con tutto il suo seguito di impiattamenti minimal?
"Ma che è sta roba? Che m'avete dato da magnà? I pezzetti del friggitore?"