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Giovedì, 25 Aprile 2024
Cinema

Festival del Cinema: è il giorno dell'ultimo film italiano in concorso

Io sono con te di Guido Chiesa chiude la passerella dei film italiani. La genesi della famiglia di Nazaret. L'amore nel quale Gesù è nato e cresciuto. Storia di una donna che ha cambiato il mondo e del suo bambino

"Io sono cresciuta nell'amore. Un amore che ho ricevuto senza chiedere e senza aspettare, a partire dal latte di mia madre". Guido Chiesa fa aprire così il suo Io sono con te, l'ultimo film italiano in concorso in questa quinta edizione del Festival Internazionale del Cinema di Roma, un film che narra la storia della famiglia di Nazaret illuminando il nucleo dal quale tutto ha avuto inizio.

E' la storia di una giovane donna, Maria, del suo matrimonio combinato con il vedovo Giuseppe, già padre di due figli, del concepimento del suo bambino, della sua maternità.

Maeve Corbo è l'ispiratrice di questa storia – commenta Guido Chiesa, in conferenza stampa, dove era presente tutta la delegazione di attori.
“Ha iniziato a parlare di Maria a mia moglie Nicoletta , co-sceneggiatrice e altra figura fondamentale senza la quale non esisterebbe questo film, rappresentandola così come mai nessuno aveva fatto. L'ha dipinta come una persona, priva di quel velo di donna pia, servizievole, assoggettata alle leggi imposte dalla cultura e dalla famiglia”.
 
“Quello che il film compie – interviene Nicoletta Micheli - è un cammino lungo le tappe che hanno segnato la crescita del bambino Gesù, dei valori ai quali è stato educato, della totale fiducia riservatagli dalla madre che è sempre dalla sua parte, come evoca il titolo stesso della pellicola.”
 
Pur attenendosi a una versione eterodossa della storia, i fatti narrati sono strettamente coincidenti con la dottrina, perché si cerca di ricontestualizzare la figura di Maria in una dimensione terrena, nel suo essere donna e madre che l'arricchiscono di tutti quei particolari che giustificano la sua divinità.
 
“Il nostro obiettivo era risalire alla genesi, operando una sorta di disincrostazione di tutte quelle sedimentazioni culturali costituite dai nostri saperi, i nostri giudizi e pregiudizi per tornare all'origine – spiega Nicoletta Micheli.
 
“Forte della convinzione che per cambiare il mondo bisogna partire da una donna con il suo bambino – interviene il regista – ho voluto che emergesse la centralità del rapporto mamma/bambino pur nelle titubanze iniziali del padre. La figura del padre, in questo film come nella vita, deve rispettare l'equilibrio che si crea senza intervenire, senza spezzare le armonie ma, eventualmente, aggiungendo qualcosa al loro rapporto”.
 
La figura di Giuseppe, interpretato da Mustapha Benstiti, in questa versione cinematografica si spiega infatti in questa direzione: seppur non rispondente alla sua cultura, alle usanze del suo paese,  si fa da parte convenendo, anche suo malgrado, alle decisione sussurrate dalla dolce Maria (Nadia Khlifi da ragazzina e Rabeb Srairi da adulta).
 
“La scelta dei luoghi del set sono stati dettati dall'esigenza di creare tutte quelle condizioni antropologiche che riconducessero alla Palestina di duemila anni fa. Per questo abbiamo scelto un paese della Tunisia del sud-est, dove vive Nadia con la sua famiglia, perché era il luogo ideale nel quale poter ricreare, senza troppi artifici, quelle condizioni culturali e umane di cui avevamo bisogno”.
“Infatti – continua il regista – Nadia è stato il fulcro attorno al quale abbiamo costruito il film. Non le abbiamo dovuto insegnare nulla: suo papà è un pastore e lei sapeva già mungere le mucche e inoltre aveva una forte esperienza con i bimbi perché ha aiutato la madre a crescere i suoi fratellini.
E poi parlava la sua lingua, un dialetto arabo che per sonorità si avvicina molto più all'ebraico che non all'arabo. Da qui la scelta di girare in arabo, per creare maggiore verità, non volevamo offendere nessuno”.
 
“Tutto mi ha influenzato – conclude – ma il vero modello cinematografico è stato per me, per tutti gli attori, la mamma di Nadia, che recita anche la parte della mamma di Maria, un vero modello biblico da cui tutti abbiamo appreso qualcosa e con cui tutti ci siamo confrontati”.
 
Conclude Nadia, l'attrice bambina dal sorriso dolce e dall'aria innocente: “ Questa è la mia prima esperienza nel cinema, e quello che mi ha catturato è stato l'amore di questa donna, quello che prova per suo figlio. Questo mi ha veramente colpita”.
 
Il film si chiude con un'altra frase pronunciata da Maria anziana, che apre la pellicola: Per capire una vita, bisogna conoscerne l'inizio.
E dell'amore da cui tutto ha inizio.

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