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Cinema

Gangor, Patò e Let me In: la domenica del festival accontenta tutti

Piace il secondo film italiano in concorso, firmato da Aldo Spinelli. Grande folla per la trasposizione cinematografica di Camilleri. E con Let me in tornano protagonisti i vampiri

img_3441Il giorno 4 del Festival del Cinema è una rassegna di film eterogenei nel genere ma simile per intensità e profondità delle trame. Incentrate che siano sui sentimenti, su questioni etiche o sui vampiri, oggi le opere presentate all'Auditorium hanno accontentato davvero tutti, dai cinefili, alla stampa finanche al numeroso pubblico pagante accorso ai bordi del red carpet floreale per respirare un po' dell'atmosfera magica che aleggia all'interno della struttura di Renzo Piano.

Ecco un assaggio di ciò che si è visto ieri in anteprima.

Gangor, di Italo Spinelli, secondo film italiano in concorso e prima coproduzione italo-indiana. Il film Gangor - tratto dal libro Dietro il corsetto, della pluripremiata scrittrice bengalese Mahasweta Devi – prende spunto dalla vera storia del fotografo Upin (il giornalista e attore Hadil Hussain) che, per realizzare un reportage sullo sfruttamento delle donne, viene inviato nel Bengala occidentale. Affascinato dall'immagine di una donna con il seno scoperto che allatta il suo bambino – Gangor (Pryianka Bose) – l'uomo la immortala e quella foto verrà pubblicata in prima pagina suscitando uno scandalo tale che la vita di Gangor cambierà drasticamente.

Da qui la trama assume connotati drammatici: Gangor subirà una serie di violenze e si troverà costretta a prostituirsi mentre Upin impazzirà per il senso di colpa di aver provocato per un'innocente quella stessa violenza che si adoperava per combattere.
“Sono molto preoccupata per le reazioni che potrà scatenare questo film – ammette l'attrice protagonista. Non è stato facile, all'inizio ero titubante; avevo partorito da appena sei mesi quando sono stata scritturata. Se fallisci in questa prova, mi sono detta, fallirai anche nella tua esperienza personale. E così ce l'ho fatta”.
“E' stata molto coraggiosa – afferma il regista – le reazioni che il film scatenerà in India potrebbero compromettere tutta la sua carriera. E poi la censura è molto forte, in India”. “Se censureranno questo film – conclude la scrittrice, una vispa 84enne da sempre impegnata a livello politico a favore delle comunità emarginate – andiamo tutti a protestare a Delhi”.

La scomparsa di Patò, di Rocco Mortelliti, leggero e frizzante evento speciale, trasposizione cinematografica dell'omonimo romanzo di Andrea Camilleri. Leggera e frizzante anche la conferenza stampa composta da tutto il cast dei protagonisti e la chiera dei non protagonisti seduti in platea “E' venuta tutta Naro, dove il film è ambientato – constata il regista  - 1500 anime...”


Il terzetto composto da Neri Marcorè, nelle vesti di Patò nel film, da Nino Frassica e da Maurizio Casagrande nelle vesti, rispettivamente, di un maresciallo dei Carabinieri e di un delegato di Polizia, ha improvvisato in conferenza stampa un siparietto molto divertente, spontaneo, fatto di “punzecchiamenti che non se li sono mai risparmiati”, come conferma la protagonista Alessandra Mortelliti. “Durante le riprese non abbiamo improvvisato tutto – spiegano Casagrande e Marcoré; i personaggi erano definiti, scolpiti, con una struttura molto forte, ma la sfida per un attore consiste anche nella capacità di riuscire ad improvvisare tra le maglie di una trama molto rigida.

Presente in conferenza anche Maurizio Nichetti, che ha collaborato con il regista nella realizzazione del film: “quando ho letto il romanzo mi son spaventato, perché non credevo si potesse rendere drammaturgicamente una storia del genere. C'è voluto molto lavoro per adattarla, lavorando molto tempo alla ricostruzione del racconto”. Alla fine, il risultato è piaciuto molto a Camilleri, “che si è riconosciuto molto nel film”, come ammette felice Mortelliti.“Oggi non è venuto perché qui non si può fumare, ma è felice”.

Let me In,
di Matt Reeves, fuori concorso tratto dal best seller Lasciami entrare di John Ajvide Lindqvist e remake dell' omonimo horror svedese.

E' la storia di un'amicizia, quella tra Owen, un bimbo dodicenne vittima dei continui atti di bullismo da parte dei suoi coetanei e la giovane Abby, sua nuova vicina di casa. Owen e Abby stringeranno un rapporto dolce e autentico, forte e sincero. Pur nella consapevolezza che Abby sia una bambina speciale e diversa da tutte le altre, Owen ignora che dietro quell'aspetto dolce e innocente, si nasconde un vampiro.

“Ho visto il film originale e l'ho trovato stupendo – spiega il regista in conferenza stampa – e nonostante avevo pensato ad una trasposizione cinematografica del libro un anno prima che uscisse quello svedese, non volevo fare un remake. Poi mi hanno convinto suggerendomi di pensare al pubblico americano, che difficilmente avrebbe apprezzato un film svedese con i sottotitoli, e allora ho accettato”.

“Volevo che fosse sì un film sui vampiri – prosegue il regista – ma anche e soprattutto sull'adolescenza, sulle insidie e sugli orrori che spesso gli adolescenti devono subire. Quindi questo remake scena per scena è fedele all'originale, ma l'ho ricontestualizzato basandomi sul ricordo che avevo io della mia adolescenza”. “Ho spogliato un po' i ruoli personaggi collaterali e mi sono concentrato sul ragazzo. Gli altri rilevano nella misura in cui servono ad Owen nella sua crescita e nel suo percorso di maturazione”.

Las Buenas Hierbas, di Maria Novaro, opera indipendente in concorso che racconta, senza patetismi, ma con impostazione veristica e quasi documentaria, il calvario di una malattia degenerativa come l'Alzheimer.

“Siamo tanto piccoli di fronte alla grandezza della natura – inizia l'autrice in conferenza stampa, dove era presente insieme all'attrice protagonista Ursula Pruneda; essa ci avvolge e noi siamo alla loro mercè”. La natura è il punto di osservazione da cui l'autrice affronta la malattia, sottolineando la correlazione fisica e morale esistente tra il regno animale e quello vegetale. “Ci sono molti rimedi che ci offre la natura per curare l'anima – continua la regista. Piante che ci permettono di fare buoni sogni e liberarci dalla paura. Io ho studiato il regno vegetale e ho sperimentato tutto, sono esperienze che si fondano su dati veri”.

“Nel film volevo parlare della vita rispetto alla morte. Se la morte è inevitabile, non possiamo cioè impedire che sopraggiunga, possiamo scegliere tra diverse opzioni, per la nostra morte. Possiamo stabilire come, con chi morire...”. E' un film sull'eutanasia, che è consentita in alcune zone del Messico, come Città del Mexico, “dove le leggi di un governo di sinistra sono molto più avanzate e c'è la possibilità di esprimere la propria volontà anticipata”.

“Se avessi una madre malata come il personaggio che interpreto – ammette la protagonista – posso dire con certezza che avrei agito esattamente come ha agito lei. Aiutare le persone che si amano a morire è un gesto incredibilmente doloroso ma è l'ultimo atto di amore che si può rivolgere loro. Io la penso così”.
 

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