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Economia

I saldi come ultima speranza: "Chiudono anche i negozi dei centri commerciali"

Cittadini e imprese piegati dalla Tares: per ammortizzare questi costi tutte le categorie fanno sconti, ma i negozi continuano a chiudere

La Tares costerà a un commerciante romano, con un locale di 100 mq., ben 1.100 euro, contro i 470 del collega milanese: con questo raffronto presentato dalla Cna (Confederazione Nazionale dell'Artigianato e della Piccola e Media Impresa) si mostra la situazione di difficoltà in cui versano i commercianti della capitale.

Piegati dalla Tares, provati dalla crisi, i commercianti ripongono nei saldi invernali l'ultima speranza per cercare di vedere rifiorire le proprie attività, anche se il quadro rappresentato non è rincuorante. A beneficiarne, però, saranno gli acquirenti che potrebbero trovare sconti anche laddove non sono abituati, come nelle cartolerie, copisterie od oreficerie.

Nella fotografia colorata delle insegne che reclamizzano la convenienza dell’acquisto, c’è un elemento che contrasta: quello delle saracinesche abbassate. “La scorsa estate, nel mio centro commerciale naturale, ben tredici attività hanno chiuso i battenti e altre 6 si sono aggiunte negli ultimi mesi. Chiudono per non riaprire più soprattutto le attività a conduzione familiare, mentre il turn over riguarda per lo più il franchising”, afferma Giovanna Marchese Bellaroto, responsabile di Cna Commercio.

Chiudono, non solo nelle strade della città, ma anche nei centri commerciali, dove i negozi sono in grande affanno anche per via dei costi di gestione richiesti, a cui si aggiunge la percentuale sull’incasso da versare alla proprietà. Da Parco Leonardo a Domus, sulla Prenestina, dai Granai alla Romanina, senza dimenticare i tanti che hanno chiuso negli ultimi due anni, come Carrefour, su via Togliatti.

Difficile essere ottimisti in questa congiuntura: “Per quanto molte famiglie si siano tenute un po’ di risparmi nel cassetto, sarà difficile recuperare le posizioni perse. Per abbigliamento e calzature – continua Giovanna Marchese Bellaroto - il calo negli ultimi mesi è stato del 15%. Venendo ai settori meno tradizionali, non si salvano gli elettrodomestici, né tantomeno argenterie e gioiellerie, che devono fare i conti con un valore del metallo schizzato alle stelle. Mediamente tutti lamentano un calo di vendite del 15-20%, nonostante gli sforzi per ridurre i prezzi praticati durante il resto dell’anno”. Non che si resti a guardare: “inutile lamentarsi e basta. Per fronteggiare questa crisi, accade ad esempio che grandi marchi di produzione, dalla porcellana, il cristallo e l’acciaio ad abbigliamento e accessori, offrano al proprio rivenditore linee con il marchio di fabbrica a prezzo scontato per campagne a tempo, ben comunicate sui giornali alla clientela, con prezzi uguali su tutti i mercati”.

Che i romani stringano la cinghia si misura anche dai consumi di generi di prima necessità: “Nella Capitale, nelle ultime settimane, anche i marchi conosciuti della grande distribuzione registrano cali nelle vendite, mentre hanno tenuto i banchi del fresco, soprattutto a ridosso del Natale -spiega Bellaroto-. Un calo di vendite compensato dal ricorso massiccio ai discount, dove si va per la spesa quotidiana, mentre per i prodotti legati al territorio, come olio, pane e latte, i romani continuano a prediligere la qualità”.
Quanto alle aperture dei negozi nei giorni di festa, Bellaroto dice: “restiamo in attesa che l’assessore Bordoni, così come da impegni pubblicamente assunti, riprenda il dialogo con le associazioni sulla questione”.

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