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Da Carrefour ad Auchan lavoro sempre più a rischio: sabato sciopero della grande distribuzione

Anche dalla Cisl è arrivata l'adesione alla manifestazione dei lavoratori di Carrefour e Auchan sotto l'ambasciata francese di piazza Farnese. A rischio licenziamenti anche alcuni lavoratori di MediaWorld

Anche dalla Fisascat Cisl è arrivata l'adesione allo sciopero della grande distribuzione, già annunciato dai lavoratori dell'Auchan per sabato, 9 maggio 2015, sotto l'ambasciata francese.

Diversi lavoratori, sotto tutte le sigle sindacali, manifesteranno contro i licenziamenti annunciati dalle catene Auchan e Carrefour, entrambe francesi. Per questo il luogo prescelto è, simbolicamente, l'ambasciata di piazza Farnese. La causa della manifestazione sono i numerosi licenziamenti dovuti alle politiche di razionalizzazione dei costi delle aziende, che gravano solo sui lavoratori. Le vertenze per ogni catena sono distinte, ma il filo conduttore è lo stesso, e solo a Roma ha messo a rischio 140 dipendenti. I sindacati hanno provato a trattare con le aziende, ma per ora nessuna si è mostrata disponibile al dialogo.

Giulia Falcucci, della Fisascat Cisl di Roma Capitale e Rieti, ha espresso la sua indignazione per quella che ha definito "una situazione insostenibile": "Quello che sta accadendo nella grande distribuzione è davvero preoccupante. Il territorio di Roma subirà delle gravi conseguenze sociali a causa delle procedure di licenziamento collettivo attivate da Auchan, Carrefour e MediaWorld, e non intendiamo restare a guardare. L’obiettivo primario è ed è sempre stato il mantenimento dei livelli occupazionali, per questo, a fronte degli esuberi dichiarati, abbiamo deciso di tornare in piazza a protestare". 

La situazione è partita dalla catena Auchan: 1.426 licenziamenti annunciati in tutta la Penisola, e da poco si è saputo che toccheranno anche Roma, togliendo il lavoro a 75 dipendenti delle tre sedi 'storiche' di Casalbertone, Collatina e Parco Leonardo. Il confronto con le organizzazioni sindacali si è interrotto a seguito della disdetta del contratto integrativo aziendale e delle proposte di sospendere il pagamento della quattordicesima e di sospendere i livelli di inquadramento professionale. 

Di recente, la situazione si è complicata anche nella catena Carrefour. Perché sabato, il giorno dello sciopero, chiuderanno i due punti vendita di cui era stata annunciata la chiusura: quelli di villa Borghese e piazzale Tripolitania; nonostante l'azienda ne avesse appena chiusi altri tre. In totale, si parla di 50 lavoratori messi in cassa integrazione o in mobilità, e altri 38 a rischio nella sede di via delle Ciliegie.  Proprio mentre l'azienda ha aperto, in piazzale Morelli, un punto vendita H24,  di prodotti gourmet: nessuno di questi è stato reintegrato nel nuovo punto vendita, perché l'azienda ha preferito utilizzare del personale interinale o di cooperativa, cosa che abbassa notevolmente il costo del lavoro, proprio laddove la qualità dei prodotti in vendita è più alta. "Secondo quanto afferma la Legge 223 del 1991, l'azienda avrebbe l'obbligo di reintegrare i lavoratori rimasti senza posto, ma i vertici della Carrefour non si stanno dimostrando disponibili in tal senso. Eppure ci sono diverse sentenze della Corte di Cassazione a nostro favore. Di qui la necessità di intraprendere le nostre azioni sindacali", aveva denunciato Gianni Lanzi, della Filcams Cgil.

Ma tutta la grande distribuzione romana sembra attraversare un'enorme crisi, perché anche la catena MediaWorld, parte dell'azienda tedesca Media Market ha annunciato a Roma almeno 30 licenziamenti, dovuti alla chiusura del punto vendita Media World al centro commerciale La Romanina. Al momento è probabile che anche i lavoratori di Media World si uniscano allo sciopero del 9 maggio.

Di certo, la situazione è critica per tutta la grande distribuzione romana. Come aveva spiegato ancora Lanzi, "nonostante le catene sostengano che il motivo sia la slealtà dei loro competitor, in realtà è la gestione francese che non è adeguata alla situazione italiana. E sono i lavoratori a pagare il prezzo di politiche lavorative errate". 

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