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Aterosclerosi: meno diffusa nel meridione grazie alla dieta mediterranea

L’aterosclerosi è un processo patologico che produce la formazione di una placca (‘ateroma’) all’interno della parete arteriosa. Tale placca, crescendo nel tempo, tende a provocare ostruzione rendendo difficoltoso il passaggio del sangue attraverso le arterie. Di conseguenza, una sofferenza acuta nei tessuti e negli organi, causata dall’arrivo di scarso ossigeno, puo’ portare alla formazione di un trombo sulla placca.

Tra le manifestazioni cliniche ci sono l’infarto del miocardio, l’ictus oppure l’arteriopatia obliterante periferica. Ma come si fa a prevenire questa malattia? E quali sono le terapie consigliate? A queste e ad altre domande ha risposto Maurizio Averna, presidente Sisa (Societa’ Italiana per lo Studio dell’Arteriosclerosi).

“La migliore prevenzione per l’aterosclerosi è quella che si fa correggendo tutti i fattori di rischio" – spiega Averna alla Dire -, quindi la prima cosa da fare è la stima del rischio di un paziente, considerando i suoi livelli di pressione, colesterolo, diabete, sedentarieta’ o obesita’. Prima di tutto bisogna quindi intervenire sullo stile di vita, in modo da incrementare l’attivita’ fisica e raggiungendo il peso ideale. Importante, oltre ovviamente a smettere di fumare, è adottare un regime dietetico di tipo mediterraneo che prevede la poca assunzione di grassi animali e favorisce invece l’assunzione di frutta, verdura, pesce e grassi non saturi”.

L’aterosclerosi non è dunque provocata da una causa specifica, ma è favorita da diversi fattori, tra questi il più importante sembra quello legato agli squilibri alimentari. Allora, a tale proposito: è vero che in Italia è meno diffusa nel meridione, dove si fa un maggior uso di grassi vegetali?
 
“E' cosi’- risponde il presidente Sisa-. Non solo, possiamo allargare il discorso anche al nord America e al nord Europa, dove una elevata presenza di calorie nella dieta, proveniente da grassi saturi animali, di certo va ad incidere negativamente sulla salute delle persone”. Secondo Averna negli ultimi 30 anni c’e' stata comunque “una diminuzione delle malattie cardiovascolari e questo grazie soprattutto al miglioramento delle tecniche d’intervento, come per esempio la rivascolarizzazione percutanea, cioè l’angioplastica”.
 
In genere il processo aterosclerotico si sviluppa senza dare segno di sè per decadi, manifestandosi tendenzialmente nell’eta’ adulto matura, cioè dopo i 50 anni. Tuttavia, quando uno o più fattori di rischio sono presenti in modo quantitativamente elevato, allora l’espressione della malattia puo’ avvenire anche in eta’ giovanile. “Se ci sono soggetti che hanno per motivi genetici un ipercolesterolemia familiare- spiega ancora Averna-, con valori di colesterolo altissimi, superiori a 300, allora in questo caso le espressioni di questa malattia si possono avere anche intorno ai 30 o 40 anni. Se il difetto genetico poi è ancora più grave, e in questo caso parliamo di ipercolesterolemia familiare omozigote, con livelli di colesterolo compresi tra i 600 e i 1000, a quel punto la malattia puo’ manifestarsi anche tra i 10 e i 20 anni e puo’ avere come conseguenze cliniche anche l’infarto”.
 
Parlando di dati, quanti sono in Italia i pazienti che soffrono di ipercolesterolemia? “La forma più grave di ipercolesterolemia familiare, che è quella omozigote, colpisce in genere 1 persona ogni milione di abitanti- dice il presidente Sisa-. In Italia dunque più o meno ci sono 50 0 60 omozigoti. E questo per la forme dominante. Quanto alla forma recessiva, di omozigoti ce ne sono altri 20 o 30. Insomma diciamo che un centinaio di pazienti in Italia potrebbero soffrire di una forma di ipercolesterolemia genetica gravissima”.
 
Quanto agli eterozigoti, ce ne sono molti di più. “La stima attuale è classicamente da 1 a 500, ma secondo i nuovi e più recenti studi la frequenza potrebbe essere di 1 a 200. Dunque in Italia- conclude Averna- potrebbero esserci anche 300mila soggetti con la forma eterozigota”.

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