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Cronaca Trastevere / Via delle Mantellate

Detenuto morto in carcere: famiglia attende la salma da dieci mesi

Attendono di poter seppellire loro figlio, morto in carcere: con le indagini tutt'ora in corso, l'autorità giudiziaria non ha ancora autorizzato il funerale

Da dieci mesi i genitori di Tiziano De Paola attendono il suo corpo e l'autorizzazione per celebrare il suo funerale. Il figlio è morto l'11 febbraio 2012 per overdose nel carcere di Regina Coeli e da allora la sua salma ancora non gli è stata restituita.

Questa l'incredibile e drammatica storia denunciata dal garante dei diritti dei detenuti del Lazio, Angiolo Marroni, secondo il quale però "le indagini non possono assolutamente giustificare questa situazione. Bisogna tenere in debito conto che, oltre alla perdita traumatica di un proprio caro, una famiglia sta vivendo il dramma di non poterlo piangere per un ultimo saluto".  Tiziano è morto dopo aver assunto troppa eroina tra le mura del carcere di Trastevere.

A quanto appreso dai collaboratori del garante, sulla salma sono stati effettuati subito esami e rilievi autoptici ma una serie di contrattempi hanno dilatato oltre il lecito i tempi per la restituzione del corpo alla famiglia: prima un supplemento di indagini richiesto dalla difesa dell'indagato, poi la circostanza che la cremazione che si vorrebbe effettuare renderebbe impossibile ogni ulteriore esame, infine, una perizia ancora da effettuare sugli ovuli di droga trovati all'imputato.

Nel frattempo, da oltre otto mesi la salma si trova in una cassa provvisoria nel 'Deposito cremazioni' del cimitero di Prima Porta senza che, per altro, si siano effettuate procedure di conservazione organica. "Fermo restando il diritto della Procura di svolgere le indagini e quello degli imputati di difendersi - ha detto il garante dei detenuti del Lazio, Angiolo Marroni - non possiamo non considerare ciò che sta accadendo un ennesimo caso di malagiustizia nei confronti di un detenuto morto e della sua famiglia, moglie e due bambini, cui viene negato il diritto di poter piangere, per l'ultima volta, il proprio congiunto".
 

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