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Cronaca

Svuotavano i conti postali dei romani: 650.000 sottratti solo nella Capitale

Undici arresti e altrettante denunce in tutta Italia. Una vera e propria banda che agiva violando i sistemi informatici delle poste e clonando assegni

Oltre 650.000 euro sotratti ai romani correntisti di Poste italiane. Una banda che agiva in modo coordinato, clonando assegni, violando i sistemi informatici delle Poste e utilizzando vere e proprie teste di legno per incassare il denaro. Un modus operandi venuto alla luce grazie ad una lunga attività d’indagine svolta dal Compartimento Polizia Postale e delle Comunicazioni di Roma, coordinata dalla Procura della Repubblica di Roma.

MODUS OPERANDI - Un prezioso contributo nell’indagine è stato fornito dalla struttura aziendale di Poste Italiane, che ha permesso di scoprire l’azione criminale di alcuni dipendenti infedeli i quali, accedendo alle banche dati, individuavano i conti correnti più "appetibili" con maggiore disponibilità economica. Gli stessi si impossessavano di copie di documenti d’identità degli ignari titolari, di copie degli specimen di firma depositati nonché di numerazioni degli assegni in dotazione ma non ancora utilizzati, dirottando consistenti somme di denaro con diverse operazioni fraudolente. Nel corso delle indagini è stata infatti accertata la clonazione e riscossione in frode di assegni postali, buoni postali fruttiferi del vecchio tipo e libretti postali a risparmio.

VIOLATI I PC DELLE POSTE - Per rendere ancora più agevole l’attuazione della truffa, l’organizzazione entrava nel sistema telematico di Poste e sostituiva il numero di telefono lasciato come recapito dal malcapitato correntista, con un’altra utenza telefonica attivata con documenti falsi. In questo modo, qualora un solerte impiegato avesse voluto avere conferma telefonica dell’operazione da effettuare, avrebbe parlato non con l’ignaro titolare del rapporto ma con un componente dell’associazione criminale.

TESTE DI LEGNO - I complici dei dipendenti infedeli incassavano sia gli assegni, sia i buoni che i libretti negli uffici postali della Capitale tramite “teste di legno” o documenti falsi intestati però ai reali titolari dei conti, richiedendo contestualmente l’emissione di vaglia circolari o buoni postali fruttiferi di vario importo, intestati ad altri nominativi. Con una tempistica impressionante, lo stesso giorno monetizzavano i vaglia e i buoni reinvestendo le somme con altri prodotti postali o ricariche carte Poste Pay intestati ad ulteriori nominativi e completando in questo modo l’opera di riciclaggio.

Il personale del Compartimento Polizia Postale e delle Comunicazioni di Roma ha ricomposto quindi il difficile flusso di denaro quantificato in circa 650.000 euro riscossi in frode mentre le truffe tentate ammontano a circa 13.000 euro. L’applicazione del sequestro preventivo di 16.500 euro ha permesso di sventare in ben due distinte circostanze tentativi di truffa in danno di un conto bancoposta sul quale erano depositate somme superiori al milione di euro.

Al termine delle indagini il G.I.P. del Tribunale di Roma dott. Gaspare Sturzo, ha disposto l’emissione di 11 ordinanze di custodia cautelare di cui tre agli arresti domiciliari eseguiti a Roma, Napoli e Modena. Sono in totale 11 le persone invece denunciate in stato di libertà per vari reati dalla sostituzione di persona alla truffa ed altro.

Un’operazione su vasta scala messa in atto dalla Polizia di Stato in stretta sinergia con Poste Italiane S.p.A. sul fronte dei reati in danno dello stesso Ente, e che ha interessato diverse province del territorio nazionale.

Già nei giorni scorsi si sono registrati in Abruzzo e in Liguria i primi risultati: a Teramo, il primo episodio, dove sono stati denunciati due napoletani, un uomo e una donna, che tentavano di attivare un libretto di risparmio attraverso documenti di identità contraffatti, sul quale versare un assegno bancario verosimilmente sottratto dal circuito postale.

Un altro episodio era emerso nella provincia di La Spezia dove la Polizia di Stato ha arrestato una 25enne accusata di aver utilizzato anch’essa documenti falsi per aprire un conto corrente presso un Istituto di credito cittadino ove depositare un assegno risultato poi essere oggetto di furto.

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