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Cronaca Ponte di Nona

Sgomberi a Ponte di Nona dove "il Campidoglio è lontano"

Storie dalla periferia dei "senza speranza" dove disoccupazione e precarietà distruggono la possibilità di avere una casa

Questa mattina le forze dell’ordine in tenuta antisommossa si sono presentate di fronte a diversi stabili occupati la settimana scorsa dai movimenti per il diritto all’abitare. Se le famiglie di Torre Vecchia, sono riuscite a far allontanare la polizia, tutte e quattro le palazzine occupate a Ponte di Nona, in via Raffaello Liberti, estrema periferia est, dopo qualche ora di resistenza, sono state sgomberate. Per strada, circa 120 famiglie. Nel pomeriggio, si terrà un tavolo in prefettura con i movimenti. Proprio ieri pomeriggio, Roma Today, era stato a Ponte di Nona per raccogliere le storie degli occupanti che oggi sono stati cacciati. A due passi da quelle case popolari dalle facciate colorate, dove molte delle famiglie vengono dalle lotte per la casa degli anni ottanta, le due occupazioni dei movimenti erano affiancate da altre due avvenute all’inizio di ottobre in maniera spontanea. Segno del crescente disagio abitativo della città. Ecco le loro storie.

“Quando ho sentito che non molto lontano da casa mia avevano occupato una palazzina mi sono subito organizzato. Lo sfratto esecutivo, i due figli, il terzo in arrivo, l’azienda di famiglia in fallimento. Non potevo aspettare di finire per strada”. Questa storia non appartiene a una delle circa tremila persone che giovedì scorso, organizzate intorno ai movimenti per il diritto all’abitare, hanno occupato sette immobili sparsi per tutta la città. Anche se è molto simile. Giorgio, una casa l’aveva occupata in una zona di nuova costruzione a Ponte di Nona, in via Raffaello Liberti, estrema periferia est di Roma, ben oltre il raccordo anulare, all’inizio di ottobre, insieme a una ventina di famiglie. Tutte romane, quasi tutte dello stesso quadrante di città. Un’occupazione spontanea, senza organizzazioni alle spalle. Come altre se ne sono verificate negli ultimi mesi a Roma. “Come non se ne vedevano da tempo” commenta Paolo di Action. Frutto di un passa parola e di un dramma comune: lo sfratto. Anche la palazzina a fianco è stata occupata spontaneamente da venti nuclei, sempre all’inizio di ottobre. Poi, il sei dicembre, lo tsunami di mobilitazioni dei movimenti per il diritto all’abitare. A Ponte di Nona sono arrivate così anche le famiglie del Coordinamento cittadino di lotta per la casa e di Action. In tutto, in questa parte di Ponte di Nona, al confine con l’agro romano che sfuma verso Tivoli, erano quattro le palazzine occupate. Una a fianco all’altra. Nello stesso quadrante di città, da giovedì sono abitate da senza casa anche un’ex clinica a Valle Fiorita, sempre del Coordinamento, e un albergo ormai chiuso sulla via Prenestina occupato dai Blocchi precari metropolitani. Molti migranti, tantissimi romani. I racconti si ripetono. La crisi riduce, se non azzera, il reddito. La precarietà impedisce qualsiasi accesso a mutui e agli affitti. La mancanza di politiche pubbliche fa il resto.
La politica? “Il Campidoglio è proprio lontano da Ponte di Nona” commenta una ragazza.

STORIE – Sono quasi tutti giovani, dai venti ai trent’anni. Quasi tutti precari o disoccupati. Molti hanno dei figli piccoli. Per chi è riuscito a sposarsi e andarsene dalla casa dei genitori, lo sfratto è arrivato presto. Annachiara non ha ancora venticinque anni, ma ha già due figli. “E se potessi vorrei anche il terzo” scherza. “Dopo lo sfratto sono tornata a vivere a Tor Bella Monaca dai miei genitori. Eravamo in otto in poco più di quaranta metri quadrati. Abbiamo dovuto comprare letti a castello e soppalchi per poter dormire. Siamo rimasti così per più di due anni”. Daniela i figli non li ha ma il lavoro part time, e precario, in una cooperativa di pulizie frutta poco più di cinquecento euro al mese. “Ora hanno anche ridotto l’appalto: da cinque euro all’ora si passa a tre euro e cinquanta. Guadagno qualche cosa facendo un po’ di straordinari, ma niente che mi permetta di pagare un affitto”. Valentina invece ha solo diciotto anni. Sua madre, alla fine degli anni ottanta aveva occupato una scuola proprio con i movimenti per il diritto all’abitare, per poi ottenere una casa popolare a Ponte di Nona, dove Valentina è cresciuta.

PONTE DI NONA – A Ponte di Nona si continua a costruire. In molti casi si terminano vecchie lottizzazioni, avviate prima della crisi. Appartamenti nuovi che andranno ad aggiungersi a quelli terminati da tempo ma rimasti invenduti. Basta fare un giro per il quartiere per capire che nella zona di nuova costruzione, tante palazzine sono completamente vuote. Pezzi di città completamente disabitati, ai confini con la campagna. Proprio a fianco delle occupazioni, un cantiere è stato abbandonato prima di essere terminato. “Dicono che sono falliti”. Dall’altra parte, invece, un gruppo di operai continua a lavorare. Siamo nella parte più vicina alle case popolari, quelle con le facciate dei palazzi di diversi colori. Non troppo distanti, si intravedono i palazzoni della nuova Ponte di Nona, quartiere inaugurato nel 2007, anno in cui, non molto distante da qui, è stato aperto anche uno dei più grandi centri commerciali d’Europa.

I NUMERI DELL’EMERGENZA ABITATIVA – A Roma, dal 2000 al 2009, hanno fatto richiesta di una casa popolare circa 50 mila famiglie. A fronte di questi numeri, dal 2003 al 2012, sono poco più di tremila gli alloggi consegnati. Dati del ministero dell’Interno parlano, per il 2011, di 6.686 nuove sentenze di sfratto, di cui oltre l’80 per cento per morosità. Che vanno ad aggiungersi alle 6.710 del 2010 e alle 8.729 del 2009. Nel 2011 sono state 7.206 le richieste di esecuzione con l’ufficiale giudiziario mentre 2343 sono le famiglie che sono state cacciate dalle proprie case con la forza pubblica. 3.591 invece è la stima dei pignoramenti nel 2012. Case messe all’asta dalle banche perché chi le aveva comprate non è più riuscito a pagarne il mutuo. Le stime dicono invece che a Roma sono circa quaranta mila gli alloggi invenduti.

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