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Martedì, 16 Aprile 2024
Cronaca Ostia

Ostia: aggressioni e spari davanti ai bambini. Tra omertà e violenze, la faida tra Sanguedolce e Costagliola

Le due famiglie sono finite nel mirino degli inquirenti: "Non sono mafia ma sono altrettanto feroci"

Spari davanti a bar e cinema, in pieno giorno e in presenza di bambini. Aggressioni violente e sequestri di persona lampo. Tutti giovani, spavaldi e senza timore di agire in pubblico, con l'obiettivo di cercare di colmare gli spazi lasciati vuoti dai clan Fasciani e Spada, decimati dagli arresti.

Senza remora alcuna di utilizzare armi per conquistarsi le piazze di spaccio, riducendo i territori di Dragona, Dragoncello, Acilia e Ostia in scenari che sembrano quelli delle serie tv, trasformati invece nella 'via del Mare dello spaccio'. Il tutto "in un clima omertoso".

Sanguedolce e Castagliola: i nomi degli arrestati

Così le famiglie Sanguedolce di Dragona, legati al pregiudicato lidense Marco Esposito detto 'Barboncino', e Costagliola di Acilia, denominati 'i napoletani di Acilia' e legati alla Nuova Camorra Organizzata di Raffaele Cutolo, si contendevano le vie dove fare gli affari. 

In carcere sono finiti Gerardo Costagliola, due Emanuele Costagliola, uno di 31 e l'altro di 30 anni, Michael Mazzei di 29 anni, Alessio Sanguedolce, 35 anni, e Gianluca Tirocchi, 26 anni, per reati che vanno dal tentato omicidio, al sequestro di persona, passando per il porto abusivo di armi da sparo, l'esplosione di colpi di arma da fuoco in luogo pubblico e lesioni personali aggravate. 

Le due famiglie ormai da tempo si stavano fronteggiando per l'egemonia territoriale, in particolare nel settore dello spaccio di sostanze stupefacenti: i due gruppi avevno occupato le piazze approfittando del 'vuoto criminale' seguito agli arresti dei clan più importanti.

I loro affari criminali sono cresciuti fino a quando, il 7 giugno dello scorso anno, davanti al bar Grease di via Ottone Fattiboni di proprietà di Daniele Cossiga, arrestato nello scorso ottobre perché in possesso di 600 chili di hashish, è arrivata una prima resa dei conti. 

Il raid a Dragoncello dei Sanguedolce

Dragoncello, tra le 20 e le 20:40, è stato teatro di due tentati raid messi in atto dai Sanguedolce e dai Costagliola, sotto gli occhi di diverse persone, estranee alla vicenda, alcune sui balconi dei palazzi che si affacciano sulla piazza. Il primo round, per così dire, si esaurisce a partire dalle 20.

I fratelli Alessio e Daniele Sanguedolce, insieme ad un amico, arrivano in auto davanti al bar e si avventano contro Gianluca Tirocchi, dei Costagliola, impegnato a parlare lì davanti con altre persone. Qui Daniele Sanguedolce lo colpisce violentemente con diversi pugni al volto, facendolo cadere a terra. La vittima si rialza e fugge verso il bar, rincorso da Alessio che nel frangente gli spara con l'arma che è andato a prendere dentro l'auto, mirando ad altezza uomo ma la pistola si inceppa, nonostante il tentativo di riarmarla, consentendo così a Tirocchi di rifugiarsi.

A quel punto i due fratelli Sanguedole dopo aver discusso con la moglie di Daniele Cossiga, titolare del bar, ed un altro uomo presente, se ne vanno, mentre il loro amico, che non ha materialmente partecipato al pesteggio, rimane a discutere fuori al bar.

La vendetta dei Costagliola: gli spari e il pestaggio

Dopo le tante telefonate fatte da Tirocchi, per chiedere aiuto, i Costagliola arrivano davanti al locale. Gerardo con il figlio Emanuele, 30enne, il nipote Emanuele 31enne, e Michael Mazzei si dirigono verso l'entrata del bar per cercare i Sanguedolce: Emanuele, il figlio di Gerardo, con la pistola in mano e Gerardo stesso, con l'arma nascosta all'interno dei pantaloni. Non trovando nessuno, però, Emanuele Costagliola, con un forte gesto dimostrativo si porta al centro del piazzale e spara in aria, poi insieme agli altri, portando via Tirocchi, ripartono a bordo delle due auto con cui erano arrivati.   

Neanche dieci minuti dopo ecco che i 'napoletani di Acilia' tornano al bar. Emanuele, sempre con la pistola in pugno, non avendo trovato ancora i Sanguedolce passa le sue attenzioni contro l'amico dei rivali, il ragazzo che non ha preso parte all'agguato a Tirocchi. Prima lo aggredisce verbalmente e poco dopo fisicamente. Il gruppo dei Costagliola, dopo averlo picchiato per avere informazioni su dove fossero i Sangudolce, lo sequestrano per qualche minuto all'interno di una delle loro auto, continuando il brutale pestaggio, per poi scaraventarlo a terra ed infine colpirlo anche con calci, in strada, in via Fattiboni. 

VIDEO | Operazione 'Via del Mare': le immagini del blitz

Gli agguati continuano e si spostano ad Ostia

Le spedizioni punitive, tuttavia, non cessano. Il 6 settembre un amico di Daniele​ Sanguedolce viene materialmente sequestrato dai Costagliola e costretto, sotto la minaccia di una pistola, a condurre il gruppo in una nuova abitazione di Sanguedolce, trasferito a Fiumicino proprio per mettersi al riparo da eventuali azioni ritorsive nei suoi confronti. Non riuscendo a rintracciarlo, costringono però il malcapitato a fare una telefonata esca a Sanguedolce per dargli un appuntamento presso il multisala Cineland di Ostia, estraneo alla vicenda, dove Alessio si trovava per festeggiare il compleanno del figlio di suoi amici, i Fusinato, pregiudicati locali saliti alla ribalta nell'operazione Maverick, la banda guidata da Er Tartagura.

Arrivati sul posto, i Costagliola, dopo aver bucato le gomme della macchina di Daniele Sanguedolce, entrano, armati, nel Cineland dirigendosi verso il giovane. Lui, costretto a nascondersi in bagno, riesce a salvarsi solo grazie all'intromissione delle donne della famiglia. A quel punto i Costagliola se ne vanno.  

Il clima omertoso sia tra i residenti che tra i criminali 

Vere e proprie scene da film, avvenute davanti a centinaia di persone, in piazza e al cinema, e scoperte dagli inquirenti soltanto grazie alle riprese delle telecamere e alle intercettazioni. Nessuno infatti ha mai denunciato alle forze dell'ordine quanto visto: un fatto, questo, che, sottolineano gli investigatori, "fa comprendere il clima di omertà imposto dal terrore che le due organizzazioni criminali incutevano" anche "in conseguenza del livello di pericolosità e della autorevolezza che i loro componenti avevano raggiunto nell'ambiente in cui sfrontatamente ormai operavano". 

Secondo il Pm Mario Palazzi e il procuratore reggente di Roma, Michele Prestipino queste due famiglie non sono "mafia" ma sono ugualmente pericolose perché "spavalde e senza la paura di agire in pubblico. Vogliono affermare la loro supremazia a qualunque costo". 

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