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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca

Lazio al secondo posto nel rapporto Ecomafie 2010

Legambiente ha reso noto i dati del rapporto Ecomafie. La Provincia di Latina è al terzo posto per le illegalità nel ciclo del cemento mentre Roma è teatro di incendi per il racket dei rifiuti

Il Lazio scala la triste classifica delle illegalità ambientali di ben tre posizioni e sale sul podio passando dal quinto al secondo posto: è questo il dato eclatante del Rapporto Ecomafie 2010 di Legambiente redatto come ogni anno elaborando i dati riferiti al prezioso lavoro delle forze dell'ordine.

Nel corso del 2009 nella nostra regione sono state accertate infatti 3.469 infrazioni (1.383 in più rispetto al 2008), pari al 12,1% del totale di quelle accertate su scala nazionale: qualcosa come 9,5 illegalità al giorno. In crescita anche il numero delle persone denunciate, salito a 2.248, così come quello dei sequestri che nel 2009 è arrivato a 919. A tirare la volata negativa del Lazio nella classifica delle illegalità ambientali sono stati nel 2009 anche il forte aumento degli accertamenti di illeciti amministrativi in campo faunistico operati soprattutto dalla Polizia Provinciale di Roma, con ben 1.411 infrazioni, e l'allarmante peggioramento del primato storico della Capitale nelle Archeomafie, con i furti d'arte passati da 158 a 227 (pari al 20,8% del totale nazionale).

Inquietante il piazzamento del territorio di Latina al terzo posto in Italia per i reati legati al ciclo del cemento con 329 reati (seguita al quarto posto dalla Provincia di Roma, con 282 reati), mentre le indagini della Direzione nazionale antimafia evidenziano il crescente peso delle infiltrazioni nel comparto agricolo con il caso-simbolo del Mercato ortofrutticolo di Fondi.

"Il Lazio è dilaniato tra piccoli e grandi reati, si rischia una crescita delle illegalità diffuse, mentre continua la pericolosa ascesa della criminalità organizzata -ha dichiarato Lorenzo Parlati, presidente di Legambiente Lazio- L'Ecomafia nel Lazio ha una doppia faccia, da un lato quello dell'illegalità ambientale diffusa, che va sempre più denunciata e repressa, dall'altro quella della criminalità organizzata e delle mafie che si conferma ben oltre i livelli di guardia nel Sud Pontino. Per il contrasto agli illeciti ambientali non c'è più tempo per gli indugi, è scandalosa l'ipotesi di eliminare le intercettazioni, ma il buon lavoro svolto dalle forze dell'ordine e dalle Procure deve essere affiancato da norme più severe, con l'inserimento di tutti i gravi reati ambientali nel Codice penale. Senza queste norme i problemi sono evidenti: in questi giorni il processo per traffico illecito di rifiuti nelle cave del viterbese rischia di essere prescritto buttando anni di lavoro, mentre tra poco si dovrebbe aprire quello per i reati della Valle del Sacco che non vorremmo facesse la stessa fine. I numeri rimangono inquietanti, ma va detto che dove si interviene con decisione i risultati si raggiungono, come nel caso della lotta agli incendi boschivi col catasto e l'inasprimento delle sanzioni coinvolgendo i Comuni. È questa la strada da percorrere, in particolare su cemento e rifiuti, dove la Regione deve dare un forte impulso alle Amministrazioni locali con una nuova stagione per la gestione dei rifiuti, che incrementi riduzione e raccolta differenziata, settori a basso livello di illegalità e infiltrazione, facilitando sul fronte del cemento abusivo il riavvio delle ruspe per gli abbattimenti."


Il Lazio finisce per "accogliere" perfino rifiuti pericolosi e cancerogeni come l'amianto provenienti dalla Sicilia, come è avvenuto nella discarica di Pomezia, ma si è trovato al centro di inquietanti rivelazioni di pentiti di camorra e di mafia che indicano la provincia di Latina come sversatoio di rifiuti pericolosi e addirittura radioattivi, ma anche di traffico di rifiuti provenienti dalle centrali nucleari. Sempre il Lazio è teatro del disastro della Valle del Fiume Sacco.

Roma e il Lazio partecipano anche alla guerra in atto nel racket dei rifiuti. Uno stillicidio di atti intimidatori, un'escalation di episodi di cronaca nera che ha visto ben quattro incendi tra Setteville di Guidonia, Vermicino e i quartieri Appio-Tuscolano, Appio Latino, Pietralata, Centocelle e Foro Italico, prova del racket nel settore. La Regione Lazio è stata anche ribattezzata la "lavanderia del mattone", metafora efficace per definire la speculazione edilizia che in tutto il paese e in particolare nel Lazio ripulisce il denaro proveniente dalle attività illegali delle mafie. I proventi dei traffici vengono reinvestiti in mega-alberghi, centri commerciali, residence e simili: le lobby del mattone, con la complicità di tecnici e funzionari pubblici e la copertura della politica, mirano alle varianti dei Piani regolatori e alla cementificazione di aree in precedenza destinate ad altri usi. È il caso di Sabaudia (Lt), dove sono finiti sotto sequestro 285 villini; di Pomezia (Rm), dove hanno sequestrato 421 unità immobiliari, degli scandali legati ai mondiali di nuoto nella capitale, con 33 indagati, piuttosto che della SAFAB in Provincia di Rieti per i lavori di adeguamento della Salaria.


 

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