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Sabato, 20 Aprile 2024
Cronaca

Processo Cerroni: ecco perché il patron di Malagrotta è stato assolto

Le motivazioni della sentenza che ha assolto re Manlio dall'accusa di associazione per delinquere

Nessuna associazione a delinquere finalizzata al traffico illecito di rifiuti e tesa a favorire Manlio Cerroni, già patron della discarica di Malagrotta e prima attore in tanta parte della gestione del ciclo dell'immondizia nel Lazio. Nelle 182 pagine della sentenza che ha assolto l'imprenditore di Pisoniano (insieme ad altre sei persone) dopo oltre 4 anni di processo, il collegio della I sezione del Tribunale di ROMA, presieduto da Giuseppe Mezzofiore, ha ricordato come "quella dell'emergenza ambientale a ROMA e in tutta la Regione Lazio fosse all'epoca dei fatti, (come anche oggi, purtroppo), una situazione realmente e drammaticamente esistente e, per di più, risalente nel tempo". Sono le motivazioni della sentenza di assoluzioni uscita lo scorso novembre. 

Infatti, "il problema in esame si prospettò in termini di particolare urgenza già nel lontano 1999, allorquando - si legge nella sentenza - in vista del l'eccezionale evento del Giubileo in programma nel successivo 2000 e delle ben prevedibili implicazioni, in tema di gestione rifiuti, connesse all'invasione della Capitale (per un intero anno) da parte di svariati milioni di pellegrini e turisti, il governo fu indotto a istituire la figura" di un commissario delegato all'emergenza rifiuti nella persona del presidente della Regione Lazio. Un'emergenza che non terminò col Giubileo, tanto che la figura commissariale venne prorogata di anno in anno fino al 2008, "a dimostrazione del fatto che il fenomeno a pace indire dall'eccezionalità di quell'evento religioso, aveva ormai assunto un carattere endemico"

Un contesto nel quale, quindi, la realizzazione (mai avvenuta ma comunque oggetto di una parte del processo) del termovalorizzatore di Albano Laziale "non poteva di certo essere ritenuta- secondo i giudici- un'opera inutile e priva di giustificazione". Cerroni era stato "l'unico" a intraprendere la procedura per la realizzazione di gassificatori per le "notevoli, complessive dimensioni aziendali del gruppo ed alle sue conseguenti, enormi potenzialita', alla rilevante conclamata capacità organizzativa del soggetto e infine, la sua consumata esperienza ultradecennale, nel settore in questione".

Pertanto "la conclamata assenza di qualsivoglia concorrente - hanno evidenziato i giudici nel respingere la tesi accusatoria sostenuta dal pm, Alberto Galanti - non può, a questo punto, non risolversi in un significativo vulnus alla sue riferita impostazione accusatoria". La realizzazione del gassificatore "non appare connotata da quei caratteri di illiceità individuati, invece, dal pm" e "tutti i provvedimenti amministrativi finalizzati alla realizzazione dell'opera incriminata- si legge nel provvedimento- trovano il loro fondamentale momento prodromico nell'ordinanza numero 3616 della Presidenza del Consiglio il 4 ottobre 2007, con la quale venivano ampliati a dismisura i poteri in capo dal Commissario delegato che poteva approvare i progetti per gli impianti di gestione dei rifiuti prima che venisse emessa la Valutazione di Impatto Ambientale. 

O si pretende di sostenere che anche la Presidenza del Consiglio dei ministri fosse consapevolmente e deliberatamente compartecipe in quell'accordo collusivo tra privato e pubblici poteri ipotizzato dal pm ovvero si deve ammettere che in quella così alta sede istituzionale si ritenne che il consentire a Cerroni e al suo gruppo la realizzazione di un gassificatore ad Albano Laziale costituisse una opzione non solo lecita e legittima ma anche necessaria in quel determinato contesto di emergenza ambientale".

Secondo i giudici "è vero che le intercettazioni evidenziano un costante adoperarsi dei vari politici e amministrativi coinvolti a vario titolo nella vicenda per risolvere i problemi insorti a causa della Via (valutazione di impatto ambientale relativa al progetto del gassificatore, ndr) negativa espressa da D'Amato per giungere poi attraverso due sospensioni del suddetto provvedimento alla Via positiva e ancora dopo l'Aia (autorizzazione integrata ambientale, ndr) è altrettanto vero che non bisogna mai dimenticare quello scenario che fa da sfondo agli stessi. Non siamo qui in presenza di una mobilitazione di forze per agevolare un determinato soggetto nel conseguimento di un permesso di costruire, di una concessione in sanatoria, di una licenza commerciale, in quanto l'obiettivo da raggiungere è un qualcosa che trascende l'interesse personale ed individuale del singolo-privato per investire in pieno la sfera dell'intera collettività"

Per il collegio "non si può escludere in termini di assoluta certezza che ciò che ha animato gli altri amministratori sia stata proprio la volontà di contribuire a risolvere quella situazione di emergenza ambientale, oggettivamente esistente e di cui si è discusso. Può darsi che i personaggi siano stati ispirati anche da un interesse personale che non coincide però con quello criminoso dedotto dal pm. Dal dibattimento, poi, non sono emersi elementi da cui poter inferire la prova certa ed incontrovertibile di dazioni di danaro o altre utilità di alcun genere, ad opera di Cerroni, in favore dei soggetti pubblici oggi chiamati in causa".

(Fonte Agenzia Dire)


 

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