rotate-mobile
Cronaca Trastevere / Via Garibaldi

Omicidio Macro, confermati i 14 anni in appello senza i futili motivi: "Una vergogna"

Senza parole la famiglia di Carlo Macro, il 30enne ucciso al Gianicolo da un 60enne senza tetto abitante in una roulotte di Sant'Egidio. Lo zio: "Sembra una trama preordinata"

La Corte d'Appello conferma la pena: 14 anni per Joseph White Clifford. Il killer del 30enne romano Carlo Macro, ucciso con un cacciavite piantato nel petto la notte del 17 febbraio 2014, è accusato di omicidio volontario, ma anche in secondo grado sono stati rigettati i futili motivi che avrebbero aumentato la pena di un terzo. 

La notte dell'omicidio, il 60enne indiano scese dalla sua casa-roulotte di via Garibaldi, uno dei tanti camper disseminati in città dalla comunità di Sant'Egidio per l'accoglienza dei senza tetto. In pochi istanti stroncò la vita del giovane, perforandogli il torace con un cacciavite di 30 centimetri. 

Troppo secchi, precisi, potenti quei due colpi mortali, arrivati così in profondità da lacerare la vena aorta, per parlare di gesto accidentale. La legittima difesa non ha mai retto, senza tra l'altro alcuna traccia di colluttazione. Gli estremi per l'omicidio volontario non sono mai stati in dubbio. Quello che il giudice ha rigettato fin dal primo grado sono i futili motivi, stando alle motivazioni della sentenza di primo grado, mancano le prove. 

COSA E' SUCCESSO QUELLA NOTTE - La dinamica dei fatti, emersa da testimonianze e ricostruzioni giornalistiche, non sembrava lasciare grossi dubbi sulla miccia che accese l'ira di Clifford: la musica alta proveniente dall'impianto stereo della Panda dei Macro. I due fratelli avevano deciso di fermarsi lì, di strada versa casa, per espletare bisogni fisiologici. La portiera è rimasta aperta, Carlo è sceso a urinare. E' in quel frangente che è scattato l'alterco. La ragione era quella musica assordante che ha svegliato il killer in piena notte. Ma tra i due elementi mancherebbe il nesso causale, o almeno le prove a suo sostegno. 

"NON HA UCCISO PER LA MUSICA ALTA" - "Se può darsi per pacifico che quel rumore potesse aver svegliato anche White - si legge nelle motivazioni - ciò ha rappresentato solo la ragione per la quale egli avrebbe deciso di uscire dalla roulotte ma non necessariamente -e comunque non ve nè prova- il motivo che lo avrebbe spinto a un certo momento ad aggredire il giovane incontrato vicino al suo precario alloggio". E in appello, a seguito della richiesta di conferma della pena da parte del Pm, arriva un pronunciamento che non cambia il quadro: Clifford sconterà 14 anni di carcere. Non abbastanza per i familiari della vittima. 

LA RABBIA DELLA FAMIGLIA - "Per la Giustizia italiana, la vita di mio nipote vale soltanto 14 anni di reclusione". Si sfoga con un lungo post su Facebook lo zio Carlo Bramonti. Non solo la delusione per una pena che non vale la perdita di un 30enne ammazzato senza un perché, c'è anche la rabbia di chi non manda giù le decisioni prese dagli organi di giustizia. "E' questo l'esito che abbiamo dovuto subire dal processo di appello svoltosi sotto la presidenza del noto giudice-scrittore, Giancarlo De Cataldo, quello che ci ha raccontato le vicende della banda della Magliana e del Mondo di Mezzo. La sua presenza, però non è servita a evitarci l’ennesima cocente delusione, anzi egli è sembrato il gran sacerdote della ingiustizia che di li a poco ci avrebbero confezionato". 

Poi, "il Pubblico Ministero che nella sua arringa aveva magistralmente dimostrato la infondatezza dell'appello della difesa e la fondatezza e la legittimità dell’appello della Procura che chiedeva il riconoscimento delle aggravanti per aver l'assassino commesso il fatto per futili motivi (la musica). La logica prevedeva che concludesse tale brillante premessa chiedendo una corrispondente maggiorazione della pena comminata in primo grado". E invece "ne ha chiesto la conferma". Cinque minuti in Camera di consiglio e poi la sentenza. 

"La vicenda, quindi finisce così, non pensiamo che la Procura voglia andare in Cassazione visto e considerato l’incredibile richista di confermare la pena decisa in primo grado. E’ possibile che, decida di farlo la difesa e in questo caso lo scenario sarebbe ancora più sconcertante perché esito di questa eventuale azione legale potrebbe essere l’ulteriore riduzione della pena, o, addirittura la sua revoca". 

Resta solo "il dolore per la perdita irreparabile di Carlo, resa ancora più insopportabile dalla frustrazione per non essere riusciti a rendergli giustizia". Senza parole la mamma Giuliana. "Devo commentare? E' una vera vergogna". 

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Omicidio Macro, confermati i 14 anni in appello senza i futili motivi: "Una vergogna"

RomaToday è in caricamento