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Cronaca

Banda della Magliana ed eversione nera: le origini di Mafia Capitale

La figura di Massimo Carminati nell'evoluzione del Mondo di Mezzo. Il mito criminale alimentato dal "successo mediatico"

Eversione nera e Banda della Magliana. Questi i due capisaldo dai quali trae origine il 'sistema' del Mondo di Mezzo che ha messo in luce la presenza di una Mafia Capitale nell'Urbe. Secondo gli investigatori è difficile stabilire esattamente il tipo di collegamento tra l’odierna organizzazione mafiosa riconducibile a Massimo Carminati e il substrato criminale romano degli anni ottanta, nel quale essa certamente affonda le sue radici.

PIANO SOGGETTIVO - Secondo l'ordinanza del Ros esistono indiscutibili corrispondenze sul piano soggettivo e sul piano oggettivo. Sul piano soggettivo Mafia Capitale si è strutturata prevalentemente attorno alla figura de 'Il Nero', reso celebre da Giancarlo De Cataldo nel suo Romanzo Criminale, il quale ha mantenuto e mantiene stretti legami con soggetti che hanno fatto parte della Banda della Magliana o che comunque le gravitavano intorno.

PIANO OGGETTIVO - Sul piano oggettivo Mafia Capitale risulta aver mutuato dalla Banda della Magliana alcune delle sue principali caratteristiche organizzative, quali il legame con appartenenti ai movimenti eversivi della destra romana. Un legame che sembra essersi evoluto in parallelo allo sviluppo di alcuni dei principali esponenti di quel movimento, divenuti nel frattempo rappresentanti politici o manager di enti pubblici economici; il rapporto paritetico con i rappresentanti sul territorio romano delle organizzazioni mafiose tradizionali; la protezione derivante da legami occulti con apparati istituzionali; il perdurante legame con la malavita di strada, vale a dire con soggetti dediti a rapine, traffico di stupefacenti, usura.

ROMANZO CRIMINALE - Il collegamento con la Banda della Magliana è, infatti, solo uno degli elementi su cui si fonda la forza di intimidazione della organizzazione, che si avvale di quella derivazione come strumento di rafforzamento della caratura e della immagine criminale dei suoi associati, sfruttando anche il “successo mediatico” di quella organizzazione, successo che ne ha indubitabilmente sancito, almeno nell’immaginario collettivo (che però è ciò che conta in questo tipo di delitti), il carattere di mafiosità.

MAFIA CAPITALE - Secondo le risultanze investigative dei carabinieri "Mafia Capitale, però, qualunque sia il rapporto di derivazione con la Banda della Magliana, ha assunto una fisionomia del tutto originale, raggiungendo uno stadio di evoluzione avanzato, nel quale il ricorso alla violenza e ai reati tipici delle organizzazioni mafiose è ridotto al minimo indispensabile, e il core business dell’associazione è rappresentato dagli affari e dagli appalti pubblici".

MONDO DI MEZZO - L’organizzazione ha in qualche modo sviluppato e messo a sistema quelle che erano le caratteristiche e il ruolo del suo capo all’interno del sistema criminale romano degli anni ’80, cioè quello di trade-union tra mondi apparentemente inconciliabili, quello del crimine, quello della alta finanza, quello della politica. A tal proposito l'evocazione della teoria del Mondo di Mezzo rappresenta fedelmente la storia e il modus operandi della sofisticata figura di Massimo Carminati, che, attestandosi nell’area di confine tra i diversi “mondi”, ha sempre tratto forza dalla conseguente capacità di introdursi all’interno di ciascuno di essi usufruendo – laddove richiesto – degli strumenti e delle potenzialità dell’altro.

CARMINATI E I NAR - Il fenomeno, secondo l'ordinanza del Ros "è riscontrato già ai primordi della carriera criminale di Massimo Carminati, allorché egli militava nella formazione di estrema destra Nuclei Armati Rivoluzionari e, al contempo, era coinvolto in gravi attività delittuose che hanno segnato la storia della Banda della Magliana per aver stretto rapporti fiduciari con alcuni degli appartenenti di maggiore spicco. Già all’epoca, si era delineata la sua capacità di far interagire le realtà diverse ed emanciparsi rispetto ai limiti di ciascun gruppo di riferimento, assumendo connotazioni e capacità – anche in senso operativo - autonome e trasversali".

RECIPROCA COLLABORAZIONE - Dalle istruttorie dei processi alla Banda della Magliana emerge con evidenza quale valore strategico avesse, per ciascuna formazione criminale, l’instaurazione di rapporti di reciproca collaborazione con le altre; evidenziando, altresì, come i cosiddetti “trait d’union” tra i diversi ambienti divenissero artefici e garanti di un costante scambio di favori che era divenuto ben presto un connotato essenziale delle diverse compagini, consentendo a ciascuna di moltiplicare la propria incisività in relazione ai rispettivi obiettivi, pereterogenei che fossero.

L'EVERSIONE NERA - Allorché la Banda della Magliana si andò strutturando come organizzazione vera e propria e, in quanto tale, iniziò ad avvertire esigenze di autoconservazione e di efficienza operativa più complesse rispetto a quelle delle originarie batterie o gruppi ristretti che la componevano, reputò vantaggiosa l’instaurazione di rapporti con gli ambienti dell’eversione nera, in grado di assicurare un canale di collegamento con il professor Aldo Semarari che, a beneficio di diverse organizzazioni malavitose, assicurava prospettive di impunità processuale mediante perizie medico-legali psichiatriche compiacenti e recava in dote, altresì, ampie entrature in ambienti istituzionali.

'IL FREDDO' - Dal contributo testimoniale di Maurizio Abbatino (conosciuto come 'Crispino' o la figura del 'Freddo' del Romanzo Criminale), emerge chiaramente come, nell’ottica della Banda della Magliana, risultasse proficuo, per via delle appetibili contropartite, prestare i favori richiesti, a prescindere da qualsiasi adesione alla causa ideologica dei committenti.

BANDA E NAR - Ne risultò una oggettiva commistione di interessi e di finalità che intrecciava i due fenomeni nonostante una originaria separatezza di scopi. Di tale convergenza, scrivono ancora i Ros, "fu indubbio protagonista anche Massimo Carminati, che, in particolare, finì per impersonare in maniera stabile e quasi organica la funzione di collegamento tra la Banda della Magliana e il gruppo dei N.A.R.. L’episodio che impresse una decisiva accelerazione a tale avvicinamento è individuato da più fonti nell’intercessione da lui operata ai fini della liberazione di un camerata, sequestrato e tenuto in ostaggio dalla Banda stessa per via della mancata restituzione di una partita di armi affidatagli in custodia dal gruppo di Franco Giuseppucci" (Il 'Negro' divenuto il Libanese nel libro di De Cataldo).

CARMINATI MEDIATORE - In quella circostanza, che viene fatta risalire al 1979, Massimo Carmianti si interessò personalmente e, ottenne il rilascio dell’uomo, previa consegna di alcune armi di caratteristiche analoghe a quelle che erano oggetto della controversia.
 
ARMI AL MINISTERO - Uno degli elementi sintomatici del credito goduto dal Nero presso le figure apicali della Banda della Magliana si manifestò in relazione al rinvenimentodell’arsenale custodito nei sotterranei del Ministero della Sanità. Il 25 novembre 1981, infatti, veniva scoperto, nel luogo sopra indicato, un’importante parte della dotazione di fuoco della Banda, costituita tra l’altro da armi, esplosivi, bombe e materiali per travisamento.

'IL BUFALO' - Originariamente, il custode dello stabile, chiarì che il proprio coinvolgimento traeva origine, dietro compenso mensile, da una proposta formulatagli da Marcello Colafigli ('Marcellone', il Bufalo del Romanzo Criminale) per il tramite di un altro dipendente del Ministero.

IL NERO ED IL LIBANSE - Al centro dei rapporti tra il Carminati e Franco Giuseppucci, sempre secondo gli investigatori, "vi era anche la possibilità offerta da quest’ultimo di riciclare nelle attività delittuose della Banda i proventi delle rapine compiute dagli affiliati ai N.A.R. e di lucrare sui prestiti “a strozzo” delle liquidità ricavate. Al contempo, il gruppo di Massimo Carminati costituiva una componente che, a livello operativo, assicurava in via accessoria l’indispensabile attività di “recupero crediti” e, ove richiesto, compiva azioni violente su commissione consentendo alla Banda stessa di sottrarsi all’attenzione di cui era circondata, onde - stando alle parole dello stesso Abbatino - “dare all’esterno l’impressione di un frazionamento in gruppi tra loro scollegati”.

COMPARTIZIONE OPERATIVA - Si tratta di una tattica di compartimentazione operativa che, in una versione più sofisticata, è declinata anche oggi nella particolare fisionomia assunta da Mafia Capitale, suddivisa, in componenti funzionali distinte, aventi nel suo vertice il principale e pressoché esclusivo punto di raccordo e una disciplina delle comunicazioni interne ispirata a rigorosissimi criteri di autotutela.

LA FIGURA DI CARMINATI - Nel tempo, la figura criminale di Carminati "ha assunto una connotazione sinistra anche per essere stata processualmente (e, di riflesso, mediaticamente) associata a taluni fatti che hanno segnato la cronaca nera del dopoguerra e intorno ai quali, anche laddove ne sia stata infine esclusa la sua personale responsabilità, non si è mai dissolto quell’alone di mistero alimentato da un lato dal non esaustivo esito dei processi, che hanno lasciato - si legge ancora nell'ordinanza del Ros - in ampia parte insoluti gli interrogativi sull’identità dei responsabili e sulle finalità recondite dei loro atti e dall’altro dalla contestuale implicazione di personalità istituzionali (anche in ruoli o cariche di vertice), in ragione delle loro supposte responsabilità nei fatti stessi ovvero nelle altrettanto nebulose ipotesi di depistaggio che hanno osteggiato l’accertamento della verità storica e processuale".

OSCURE TRAME DI POTERI DEVIATI - Tali vicende assumono rilievo non certo per rimettere in discussione gli esiti processuali ormai definiti, ma esclusivamente per sottolineare quanto esse abbiano contribuito a rafforzare il carisma e l’immagine criminale di Massimo Carminati. "Paradossalmente - conclude il Ros - proprio le pronunce di assoluzione per alcune delle più gravi accuse sembra aver contribuito ad alimentare la fama criminale del 'Guercio', favorendo la creazione di una sorta di mito dell’impunità, contribuendo a caratterizzare l’immagine pubblica del Carminati come partecipe di oscure trame di poteri deviati".

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