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Cronaca

Messaggi in codice e auto deposito, così i narcos di San Lorenzo rifornivano di droga la Capitale

Le tattiche operative attuate dall'organizzazione criminale consistevano anche in contropedinamenti. Decine le schede Sim sequestrate nel corso delle indagini

Auto deposito, conoscenza delle forze di polizia, contropedinamenti, utilizzo di schede Sim intestate a soggetti 'fantasmi' e linguaggio in codice. Queste alcune delle tattiche operative con le quali una banda di narcos di San Lorenzo, sgominata dai carabinieri nell'ambito della Operazione Nadir 2 (qui la notizia), riforniva di sostanza stupefacente le piazze della movida romana ed i quartieri della periferia sud est della Capitale. Dieci le ordinanze di custodia cautelare eseguite alle prime luci dell'alba dai militari della Compagnia Roma Centro. 

Le tattiche operative 

L'organizzazione criminale era struttura piramidalmente e attuava tutte le tattiche operative necessarie ad evitare guai con le forze dell'ordine. Anzitutto la conoscenza del personale delle forze di polizia. In molte occasioni gli investigatori hanno riscontrato come gli spacciatori, associati tra di loro, cercassero di individuare gli eventuali operatori di polizia sulle loro orme, scambiandosi tra di loro dati concernenti l’aspetto fisico (corporatura; taglio di capelli; segni particolari; eccetera) e alle autovetture utilizzate (modello, colore e targhe).

Contropedinamento e schede Sim fantasma 

Come contromisure alle azioni di repressione delle forze dei polizia i narcos utilizzano delle vere e proprie tecniche di "contropedinamento", di cui i complici parlavano tra loro, il ricambio periodico delle schede telefoniche (in 2 occasioni si è proceduto a sequestrare anche più di 10 schede comprate tutte insieme da un solo componente della banda tutte intestate a soggetti inesistenti; così come durante un arresto in flagranza, uno dei capi è stato trovato in possesso di 12 telefonini con un totale di 15 schede telefoniche attive, in quanto 3 apparati erano dual-sim); utilizzo di auto staffetta per controllare non ci fossero posti di controllo. 

Cassa comune in caso di arresto

Una organizzazione criminale che non lasciava nulla al caso con un coordinamento controinformativo, sviluppato soprattutto grazie al ricorso agli stessi avvocati in caso di fermo/arresto, pagati da una cassa comune, scambiandosi informazioni anche relativamente alle caserme e uffici dove venivano condotti per ipotizzare indagini sul loro conto.

Auto deposito per la droga 

Peculiarità dei narcotrafficanti era l'utilizzo di auto deposito,  intestate a fittizi proprietari e regolarmente parcheggiate in luoghi strategici, conosciuti solo dai vertici dell’organizzazione, avendo così veloci canali di approvvigionamento ( 5-6 kg di hashish o marijuana) per venditori di medio livello senza rischiare che perquisizioni domiciliari potessero arrecare danno con sequestro. Le chiavi dei portabagagli contenenti la droga, erano nascoste in posti concordati nei pressi delle stesse autovetture.

Droga sotto terra 

I pusher terminali della organizzazione, invece, per non aver indosso se non un paio di dosi da spacciare, occultavano modesti quantitativi (alcune decine di dosi) sotterrandole in aiuole o parchi nei pressi delle zone di spaccio (lungoteveri durante l’estate ad esempio) e poi recuperavano una dose alla volta per cederla all’acquirente di turno che la voleva acquistare, risultando così sempre “puliti” ad un eventuale controllo casuale.

Linguaggio in codice

Da ultimo anche il linguaggio in codice, che variava a seconda dei gruppi di spaccio. Lo stupefacente, nelle conversazioni telefoniche o nei messaggi, veniva individuato con parole in codice che indicavano sia la tipologia (castagne/ datteri per l’hashish, maglia di squadra di calcio del Marocco per indicare l’hashish, maglia della squadra dell’Albania per indicare la marjuana, maglia della Roma per indicare la cocaina) sia la quantità (pantalone/ciabatta equivale a 10/100 grammi a seconda delle circostanze; mano/maglietta/mezza ciabatta per indicare 5/50 grammi). I termini cambiuavano spesso e anche a seconda degli interlocutori, per cui ogni sottogruppo ristretto (3/4 pusher con il loro fornitore o con i loro clienti avevano un determinato numero di termini simbolo che cambiavano se cambiava il contesto). 

Le piazze di spaccio

Un business milionario, con i narcos che rifornivano di droghe le piazza dello spaccio della movida: San Lorenzo; Pigneto; Ponte Sisto; Trastevere; Campo de’ Fiori, ma anche i quartieri di periferia come Centocelle, Alessandrino, Borghesiana, Torre Maura e Torre Angela

Disciplina interna

Una organizzazione criminale con una rigida disciplina interna. In occasione di una rivalità con un gruppo di spacciatori tunisini al quartiere San Lorenzo, la banda organizza una spedizione punitiva, a suon di percosse e violenze fisiche, per scacciare i rivali in “commercio”. Minacciando di interessare livelli superiori in caso di non desistenza. I capi non tolleravano inaffidabilità o infedeltà, arrivando a far picchiare gli inadempienti e sottoponendoli a veri e propri interrogatori, con minacce anche trasversali, per scoprire la verità sui loro comportamenti. 

Le gerarchie 

Rigide anche le gerarchie connesse alla quantità di droga (in relazione al valore medio) cui si poteva accedere e di cui si era autorizzati a conoscere il nascondiglio. Narcos completamente dediti alla causa, in un caso uno dei componenti di più alto rango, costretto a ricoverarsi in ospedale per problemi di salute, affida alla moglie, che ha appena partorito, la gestione della sua parte di affari illeciti nel commercio di stupefacenti, facendole da regia dal letto dove è ricoverato.

Contatti con la camorra 

Il gruppo di marocchini è in contatto con esponenti, anche di vertice, del clan Polverino-Orlando di Marano di Napoli, dei quali diversi dimoranti in Spagna. Sono stati monitorati alcuni summit avvenuti a Roma, in zone di periferia, in prossimità degli svincoli autostradali della A1 Roma-Napoli. Sono i “Maranesi” a fare da tramite per l’organizzazione dei grossi quantitativi (migliaia di chili) di hashish dal Marocco.  Alcuni di questi sono stati recentemente arrestati dal Nucleo Investigativo del Provinciale dei Carabinieri di Napoli.

La Banda di Albanesi

Forte anche il legame con una Banda di Albanesi. I cui partecipanti sono stati destinatari di 12 misure cautelari con operazione “Nadir1” nel mese di marzo scorso. Albanesi con i quali i marocchini trattano importazione di marjuana dall’altra sponda dell’Adriatico e quantitativi medi di “rifornimento” Roma su Roma.

Asse Marocco - Spagna

In Spagna risiedono, oltre ai “napoletani”, alcuni dei capi dei “marocchini” che, a periodi più o meno lunghi, vi si trasferiscono per seguire le importazioni dall’Africa di persona, o per “far calmare le acque” quando pensano che possano esserci indagini a loro carico. Inoltre, si rifugiano altri latitanti in fuga da mandati di cattura già esecutivi in Italia. Così, grazie alla citata cooperazione internazionale di polizia, vengono catturati 2 pericolosi destinatari di ordini di cattura internazionali, un italiano e un uruguaiano, per condanne per reati connessi agli stupefacenti (uno dei quali, l’italiano, trovato in possesso di circa 200 chili di hashish e 3 chili di cocaina presso la sua villa-bunker in Andalusia).

Operazione Nadir 2 

Nel corso delle indagini 38 persone sono state arrestate in flagranza di reato, per detenzione e spaccio di droga; 3 persone deferite in stato di libertà all’Autorità Giudiziaria, per i medesimi reati; 2 latitanti internazionali, per reati connessi agli stupefacenti, catturati in Spagna; Sono stati sequestrati di 16,8 chili di hashish; 204,250 chili di marijuana e 2,890 chili di cocaina.

Operazione Nadir 2 1-2

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