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Cronaca

Morì dopo un parto cesareo: 3 medici rinviati a giudizio per omicidio colposo

Tre rinvii a giudizio per la morte di Tiziana Tumminaro, avvenuta l'anno scorso dopo un cesareo. A processo, il ginecologo e capo dell'equipe, l'aiuto chirurgo e l'anestesista

Dopo la morte di Tiziana Tumminaro, avvenuta l'8 aprile 2010 dopo un parte cesareo, il gup del tribunale di Roma ha disposto tre rinvii a giudizio e un non luogo a procedere. La donna perse la vita dopo aver dato alla luce due gemelli con un parto cesareo,  il decesso avvenne al San Camillo, dove la donna giunse in condizioni disperate per choc emorragico; stando al capo di imputazione.

A processo, che è stato fissato per il 13 marzo del prossimo anno davanti al giudice monocratico, andranno il ginecologo e capo dell'equipe che ha compiuto l'intervento di cesareo presso la clinica Villa Pia, l'aiuto chirurgo e l'anestesista. I tre sono accusati di concorso in omicidio colposo. Il giudice per le udienze preliminari ha, invece, prosciolto dalle accuse il medico che è intervenuto d'urgenza con un secondo intervento.

Il gup ha inoltre inviato gli atti al pm, su istanza del legale del Tribunale del Malato Stefano Maccioni, affinché accerti responsabilità della clinica alla luce dell'ispezione effettuata dal ministero della Salute. Il decesso avvenne al San Camillo e, stando al capo di imputazione, il capo equipe avrebbe avviato la paziente al parto cesareo senza effettuare alcun monitoraggio e, quindi, trascurando le condizioni di una delle due placente e lo stato di anemia della donna già emerso nelle analisi fatte qualche giorno prima del ricovero. Non solo, ma oltre ad aver indirizzato la Tumminaro verso la clinica privata, priva di emoteca e inidonea a gestire un caso a rischio come questo, il medico, assieme alla collega, avrebbe "improvvidamente proceduto a manovre di secondamento della placenta, procedendo tardivamente a una isterectomia".

Quanto all'anestesista, per la procura non ha fatto una trasfusione preventiva né ha predisposto un'adeguata scorta di sangue così di fatto determinando un ritardo nella terapia trasfusionale conseguente alla letale emorragia della paziente. "Voglio solo che venga fatta giustizia" è quanto si è limitato a dire il marito della donna, Mario Rosati, difeso dall'avvocato Massimiliano Capuzi, sulla decisione del gup.

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