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Cronaca Civitavecchia / Via Aurelia

Suicidio carcere Civitavecchia: "La detenuta sarebbe uscita tra quattro mesi"

Il garante dei detenuti del Lazio Angiolo Marroni rilancia l'allerta sulla situazione delle carceri italiane: "Non basta diminuire le presenze per avere condizioni più umane di detenzione"

Ha deciso di farla finita quattro mesi prima della sua scarcerazione. A raccontare i dettagli del suicidio della detenuta di 41 anni avvenuto la notte di domenica 24 agosto nel carcere di Civitavecchia, il Garante dei Detenuti del Lazio Angiolo Marroni: "La donna sarebbe uscita il prossimo dicembre. Una persona che, a poche settimane dal fine pena, decide di negarsi in maniera tanto drammatica ogni speranza per il futuro dovrebbe farci riflettere sulla reale capacità della pena di tutelare i detenuti e di garantirne il pieno recupero".

IN CARCERE DAL 2011 - La donna che si è tolta la vita, scrive ancora in una nota Angiolo Marroni "era una cittadina italiana, in carcere dal 2011 per una serie di reati comuni. La donna, con problemi di dipendenza dalle droghe, avrebbe manifestato negli ultimi tempi un forte disagio e, per questo, era stata sottoposta in carcere alle misure previste in questi casi".

DETENZIONE DEI TOSSICODIPENDENTI - Una situazione di disagio che rilancia l'allerta sulla detenzione dei tossicodipendenti nella carceri italiane: "Il gesto di questa donna - scrive ancora Marroni - riaccende per l’ennesima volta i riflettori sull’utilità della detenzione per i tossicodipendenti e, più in generale, per tutti coloro che sono affetti da malattie. Il carcere è un ambiente duro che piega la resistenza dei più forti, figurarsi di quanti vivono una situazione di disagio psicologico".

SOSTEGNI AI DETENUTI - "Nel caso specifico anche il momento del fine pena, se non affrontato con adeguati sostegni, per i soggetti più deboli può essere drammatico. Credo che il carcere non sia la risposta migliore ai problemi delle persone malate e che non basti diminuire le presenze per avere condizioni più umane di detenzione. La differenza sta nella funzione trattamentale e nell’individuare la soluzione più efficace a garantire i diritti dei reclusi, garantendo la continuità di trattamento anche quando finisce la detenzione. Per questi casi - conclude il Garante dei Detenuti del Lazio - la soluzione migliore può essere il ricorso a misure alternative alla detenzione come il ricovero nelle comunità terapeutiche, che sicuramente hanno maggiori professionalità per accogliere queste persone".

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