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Giovedì, 18 Aprile 2024
Cronaca Conca d'Oro

Errore giudiziario: innocente in carcere per 2 anni al posto di un altro

Un caso di omonimia e l'invio della foto errata agli inquirenti da parte delle forze dell'ordine fa sì che Marco Moreschini sia condannato per rapina e passi due anni in carcere. Un'odissea durata 4 anni

Una rapina compiuta la notte del 9 giugno 2007 a Montesacro decreta l'inizio del calavario di Marco Moreschini, un uomo innocente che, a causa di un errore giudiziario, è stato accusato di aver commesso quel crimine e ha passato due anni in carcere.

Moreschini, 34 anni, una moglie e un secondo figlio in arrivo, quella notte, mentre un suo omonimo aggrediva tre studenti armato di ascia rubandogli portafogli e due assegni era in casa con sua moglie, ma nessuno gli ha mai creduto. Infatti, per un errore, le forze dell'ordine hanno inviato ai magistrati una foto sbagliata, la sua e non quella del suo omonimo rapinatore e più grande d'età.

Inoltre, quei due assegni rubati agli studenti sul Ponte delle Valli contribuirono ad affondare la possibilità di essere creduto. Infatti, pochi giorni dopo la rapina, una signora viene fermata in banca con quegli assegni e, quando le viene chiesto da chi li ha avuti, risponde che è stato suo figlio Marco a fornirglieli, suo figlio nato negli anni '60. Scattano così le ricerche e gli inquirenti che indagano chiedono la foto di Marco Moreschini. Qui arriva l'assurdo errore: viene inviata la foto sbagliata, non quella del responsabile, ma quella del suo omonimo più giovane, quindi più “indicato” per una rapina violenta e che, per un terribile scherzo del destino, somiglia anche al vero rapinatore lasciato invece in libertà. Secondo il suo avvocato questo errore sarebbe stato commesso “Forse nel passaggio da una stazione dei carabinieri al commissariato di polizia che si occupava delle indagini, oppure per colpe di altri, non è chiaro”. Per questo errore un uomo ha passato due anni della sua vita in carcere da innocente. Moreschini finisce in galera dove resta un anno. Poi va ai domiciliari per altri dieci mesi. Poi, in primo grado, a marzo del 2008 viene condannato.  

“I giudici non tennero in considerazione il fatto che il vero rapinatore aveva un vistoso tatuaggio su un braccio e che impugnava l'ascia con la destra, mentre Marco è mancino - ricorda l'avvocato -. Dopo un anno di carcere, però, quel processo è stato annullato per un vizio di forma”. Marco va ai domiciliari, poi torna libero e comincia a cercare prove della sua innocenza. E proprio al Trullo trova quella che lo salverà: “Un ex detenuto a Rebibbia che gli mostra la foto di un compagno di cella che gli somiglia molto - conclude Giudice -. Quando il processo viene ripetuto, la mostriamo alle vittime della rapina che cambiano idea, e credono di riconoscere in quel sosia il loro aggressore. Non sappiamo se hanno ragione, ma è bastato questo per far capire ai giudici che Marco era innocente”.

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