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Cronaca

Ucciso sul raccordo: a un anno dalla morte è ancora caccia alla verità

La notte del 30 luglio 2011 moriva Bernardino Budroni, ucciso da un colpo di pistola sparato da un poliziotto sul raccordo. Dopo un anno di indagini parlano a Romatoday la sorella Claudia e l'avvocato Michele Monaco

Freddato da un proiettile esploso dalla pistola d'ordinanza di uno dei poliziotti che lo stava inseguendo. E' morto così più di un anno fa Bernardino Budroni, 'Dino' per gli amici, romano 40enne di Fonte Nuova. Prime luci dell'alba, una telefonata alla polizia in cui l'ex convivente della vittima lo denuncia per disturbo della quiete pubblica e gli agenti che accorrono in via Quintilio Varo a Cinecittà per intervenire sul presunto stalking. Lui che sfugge ai controlli con l'auto e la folle corsa verso la morte. Due colpi di pistola, uno fatale. Questo lo scheletro di quanto accaduto, ma il come e il perché sono ancora oggetto di indagine. E per i familiari la notte del 30 luglio 2011 rimane un mistero.

"E' passato un anno e non sappiamo niente di come è morto. Non sappiamo perché quel poliziotto gli ha sparato, nessuno ne parla, nessuno ci dice niente. Sul decesso di mio fratello c'è un grosso punto interrogativo che sta emergendo nell'iter investigativo". A parlare è la sorella Claudia che ci aggiorna, con l'ausilio tecnico del legale dei Budroni, Michele Monaco, sul lavoro degli inquirenti. Nel registro degli indagati è iscritto l'agente che ha premuto il grilletto, con l'accusa di omicidio colposo.

Per l'avvocato però si tratterebbe piuttosto di omicidio "volontario", ipotesi che farebbe leva sulla dinamica dell'inseguimento. Quei colpi, per la difesa, non sarebbero stati sparati in corsa, come diffuso nelle ore successive alla tragedia, ma quando le auto erano già ferme e quella di Dino già 'chiusa' dagli agenti. Due i principali elementi di forza della versione raccolti nella perizia balistica.

LA PERIZIA - Insieme alle volanti, due per la precisione, correva anche una gazzella. “Eravamo quasi fermi, ho udito distintamente esplodere due colpi di pistola” è l'affermazione di uno dei carabinieri che si legge agli atti. E ancora il suo collega: “Quasi contestualmente all’arresto dei veicoli, ho sentito i due spari”. Parole che, ci spiega l'avvocato Monaco, "confermano la nostra versione: chi ha sparato lo ha fatto quando le macchine erano già ferme, lo ha fatto guardando la vittima, disarmata, in faccia, e non con le auto a tutta velocità".

Le pallottole dunque non si potrebbero giustificare con la necessità di arrestare l'auto, cosa che, per il legale, era già avvenuta senza bisogno di ricorrere al fuoco. Accanto alle parole dei militari, nella stessa perizia, viene indicata la distanza del colpo mortale, orientativamente tra i “2,4 e 4,6 metri” dalla vittima. "E' un risultato sconcertante - dichiara Claudia, la sorella di Dino - sono stati sparati troppo da vicino perché le auto fossero in corsa".

Nelle conclusioni, tuttavia, i periti del Ris, non tengono conto delle dichiarazioni dei Carabinieri, nè della distanza dei colpi, affermando che i risultati "sono compatibili con auto in movimento". Ce lo precisa l'avvocato Monaco che però non sembra preoccupato. "Compatibili non vuol dire che le auto necessariamente fossero in corsa, le indagini sono chiuse, siamo in attesa dell'udienza preliminare e sarà il giudice a decidere". E, in attesa della verità della giustizia, per la famiglia Budroni il tempo si è fermato a quella notte quando Claudia e il papà hanno fatto appena in tempo a vedere il corpo di Bernardino.

"Non ci hanno avvertito che era morto, ma solo che c'era stato un incidente sul raccordo" racconta Claudia. "Nostro padre è andato sul posto dove era accaduto e gli hanno detto che Dino era in ospedale. Quando siamo arrivati era già morto, non abbiamo potuto neanche toccarlo perché ci hanno detto che sennò inquinavamo le prove. Solo qualche minuto per vederlo e poi non abbiamo saputo più niente". Un anno di silenzio.

E poi l’accusa di stalking. Ricordiamo che il tutto ha avuto inizio dalla telefonata di una donna, ex compagna di Budroni, che denunciava il comportamento molesto della vittima. Quella notte Bernardino era in via Varzi, davanti a casa della giovane e, stando a quando raccontato, avrebbe tentato di forzarne la porta d’ingresso. Sull’accaduto Claudia dichiara: “Non so cosa sia successo, ma Dino non era un pazzo,”. A tutto ci sarebbe una spiegazione per Claudia, tranne alla tragedia finale. Per quella ancora si attendono risposte.

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