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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Cronaca

Morto in ospedale il boss romano della 'Cosa Nostra Tiburtina': fu arrestato in un maxi blitz

Giacomo Cascalisci, arrestato con un maxiblitz in marzo e in carcere a Roma, era nell'ospedale torinese da sabato per una serie di cure

E' morto Giacomo Cascalisci, capo di un clan sgominato a marzo a Roma da un'operazione della Direzione distrettuale antimafia. Il boss della 'Cosa Nostra Tiburtina' si è tolto la vita uccidendosi nella sala del Reparto detentivo dell'ospedale Molinette di Torino, dove era ricoverato. Lo riferisce il Sappe, sindacato autonomo di polizia penitenziaria.

La procura di Torino ha immediatamente disposto l'autopsia per capire che cosa possa essere accaduto. Sull'accaduto sono in corso le indagini della polizia penitenziaria. Non si esclude che si sia trattato di un suicidio, ipotesi sostenuta dal Sappe, sindacato di polizia penitenziaria, in un comunicato firmato dal segretario Vicente Santilli

Tivolese, 53 anni, Giacomo Cascalisci era ritenuto dagli investigatori che hanno smantellato l'organizzazione arrestando 39 persone, il capo dell'associazione a delinquere di "stampo mafioso".

Un lungo curriculum criminale quello di Cascalisci, arrestato una prima volta nel 1982 per "associazione a delinquere". Nel corso dei decenni il 53enne di Tivoli ha accumulato altre pene per reati quali estorsioni, furto, rapine, tentato omicidio volontario, sequestro di persona a scopo di rapina, lesioni personali, evasione, ricettazione e soprattutto spaccio di sostanze stupefacenti.

Secondo quanto accertato dalle investigazioni dei carabinieri Giacomo Cascalisci si poneva come unico punto di riferimento per tutto il sodalizio criminale tiburtino. Oltre a gestire i suoi luogotenenti per la gestione delle piazze dello spaccio di Tivoli e Villanova di Guidonia, il 53enne i occupava di mantenere i contatti con i fornitori della sostanza stupefacente, recandosi personalmente in via Carlo Tranfo a San Basilio per caricare la 'merce'. Ma anche di prendersi carico delle spese legali e del mantenimento dei sodali detenuti in carcere. Oltre a ciò si occupava anche dell'occultamento e del trasporto della droga. 

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