rotate-mobile
Cronaca

Incidente mortale sull'Aurelia con camion non collaudato: datore di lavoro rinviato a giudizio

L'incendio fatale è scaturito dal gasolio di un serbatoio supplementare "abusivo". L'imprenditore dovrà comparire in aula il 30 maggio

L'udienza preliminare del 24 gennaio è durata pochi minuti. Accogliendo in pieno le richieste del Pubblico Ministero, dottoressa Arianna Ciavattini, e dei legali delle parti offese, costituitesi parte civile, il Gup del Tribunale di Grosseto, dottor Marco Mezzaluna, ha rinviato a giudizio un 23enne imprenditore di Aprilia che dovrà rispondere del reato di omicidio stradale per aver causato la morte del suo dipendente, il camionista 40enne Domenico Di Liscia, di Anzio, avendogli fornito un camion vecchio, non collaudato e soprattutto "elaborato" con un serbatoio supplementare di carburante "abusivo" risultato fatale. L'imputato dovrà comparire il 30 maggio, avanti al giudice Giovanni Puliatti, per la prima udienza del dibattimento.

Il tragico incidente costato la vita a Di Liscia è successo il 27 aprile 2017, nel territorio di Orbetello: quella sera, poco dopo le 22, il camionista, che lavorava per conto dell'impresa di trasporti di Aprilia, procedeva sull'Aurelia con un autoarticolato carico di bottiglie d'acqua, quando, all'altezza del km 148+900, ha improvvisamente perso il controllo del mezzo pesante che è andato a sbattere contro il guardrail, si è ribaltato, finendo di traverso alla strada, e ha preso fuoco. In pochi secondi anche la cabina è stata avvolta dalle fiamme e per il conducente non c'è stato scampo, è morto carbonizzato. 

Sembrava una fuoriuscita autonoma, si pensava al colpo di sonno o a un malore, ma i familiari della vittima fin da subito non riuscivano a capacitarsi di quell'incidente. Per fare piena luce sui fatti e per essere assistita, dunque, la famiglia Di Liscia, attraverso il consulente personale Angelo Novelli, si è affidata a Studio 3A. E presto è emersa un'altra, sconcertante verità, grazie anche allo scrupolo con cui la Procura di Grosseto, dopo aver aperto da prassi un procedimento penale, ha condotto le indagini.

Il Sostituto Procuratore Ciavattini, ha chiesto e acquisito, tra gli altri, il rapporto dei carabinieri, il disco cronotachigrafico del veicolo, l'informativa della polizia municipale di Orbetello con allegata la denuncia di infortunio sul lavoro, l'informativa dell'ufficio Prevenzione Igiene e Sicurezza nei Luoghi di Lavoro (Pisll) con le risposte ai quesiti posti alla Motorizzazione Civile e al Pra di Grosseto. E, soprattutto, ha disposto sia l'esame autoptico sulla salma per stabilire la causa del decesso, sia la perizia cinematica per chiarire dinamica e cause del sinistro. Ed è qui che sono emerse le gravi violazioni che hanno portato il Sostituto Procuratore a chiedere, con atto del 4 luglio 2018, il rinvio a giudizio del datore di lavoro della vittima.

Il giovane imprenditore è stato accusato del reato di omicidio stradale, perché "per colpa consistita in negligenza, imprudenza e imperizia, nonché nella violazione delle disposizioni normative in rubrica, ha messo a disposizione per l'espletamento dell'attività lavorativa del dipendente Domenico Di Liscia un autoarticolato, immatricolato nel 1997, non idoneo ai fini della sicurezza del lavoratore". La dottoressa Ciavattini imputa al titolare della ditta "di aver omesso di sottoporre il veicolo a motore e il rimorchio a visita e prova (ovvero al collaudo) presso i competenti uffici della Direzione Generale della Motorizzazione Civile", e "di non aver provveduto ad aggiornare la carta di circolazione del veicolo a fronte dell'installazione di un serbatoio supplementare di 600 litri collocato sulla destra del trattore".

Una modifica "fuori legge" risultata determinante nella tragedia perché, conclude il Pm, "all'atto dello scontro dell'autoarticolato con la barriera stradale in new jersey, e del successivo ribaltamento del mezzo su se stesso, per effetto del corto circuito determinato dal danneggiamento dei cavi dell'impianto elettrico a servizio del trattore, si generava un violento innalzamento della temperatura che costituì punto d'innesco di un forte e subitaneo incendio, provocato dalla dispersione del gasolio fuoriuscito per effetto della rottura proprio del predetto serbatoio di destra. Incendio che avvolse in pochi istanti l'abitacolo, determinando la morte per shock termico di Di Liscia che era alla guida del veicolo", e che quindi, se la cabina non fosse andata a fuoco, si sarebbe salvato

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Incidente mortale sull'Aurelia con camion non collaudato: datore di lavoro rinviato a giudizio

RomaToday è in caricamento