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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Cronaca

Lettori - Malasanità, poca umanità e “strani” protocolli al Pronto Soccorso

Una lettrice ci ha scritto per denunciare un caso di noncuranza ospedaliera avvenuto qualche giorno fa in un Pronto Soccorso di Roma dopo un incidente in motorino nel quale è rimasta coinvolta una ragazza

"Sono qui per raccontare una vicenda che, a mio parere, ragazza parmigiana che vive a Roma da pochi mesi, ha dell'incredibile sia umanamente che, credo, professionalmente. Era una mattina di qualche giorno fa, erano da poco passate le 10.30, quando una cara amica, una ragazza di 25 anni, ha perso il controllo del suo motorino cadendo rovinosamente sul manto stradale. Prontamente soccorsa da un giovane che si è fermato ad aiutarla e ha chiamato un'ambulanza, la ragazza è stata portata al Pronto Soccorso nel quale è entrata con un codice giallo. Niente di strano fin qui, se non che, dal momento in cui è entrata da quella porta scorrevole (l'unica funzionante su 3), nessuno ne ha più saputo nulla. Mi rendo conto che i protocolli e i regolamenti variano a seconda della struttura ospedaliera e che il personale è tenuto a rispettarli pedissequamente, ma trovo anche frustrante e poco corretto che chi resta nella sala d'attesa di un pronto soccorso, amico o parente che sia, non abbia il diritto per lo meno di sapere quali siano le condizioni di chi sta “aspettando”. Si, perchè in quella sala d'attesa, come dice il nome stesso, non potevamo che aspettare, perchè nessuno, salvo un'infermiera colta forse da “compassione”, ci voleva comunicare lo stato di salute della ragazza: non una singola informazione sui danni riportati, sul reparto nel quale era stata portata o sulla gravità della situazione. Silenzio totale per almeno 2 ore, alternato spesso e volentieri da inviti poco carini e ancor meno educati, con i quali siamo stati invitati ad allontanarci dalla porta e non “disturbare più”.

Ma il problema, se così vogliamo chiamarlo, non è stato solo di chi stava fuori senza risposte e il cuore in gola. Chi stava peggio, ed è quasi imbarazzante dirlo, era proprio la ragazza in questione che, lasciata su una barella in mezzo ad un corridoio in più di una circostanza, ha dovuto “lottare” per avere un bicchiere d'acqua che è arrivato dopo più di un'ora. Mi chiedo sinceramente se questo è normale, ma sicuramente, non è tutto. Non sono un medico e non voglio certo sostituirmi a coloro che ogni giorno svolgono la loro professione, ma mi sorge spontanea una domanda. E' normale che una ragazza che ha sbattuto il volto in terra, alla quale è stata appena suturata una ferita nella regione sopracciliare (quindi estremamente vicina alla fronte) e il cui casco portava evidenti segni di sfregamento e contatto con il terreno, non venga sottoposta ad una visita o tac alla testa per evidenziare la presenza di un eventuale trauma cranico? E' possibile che, nonostante lamentasse ripetutamente mal di testa, nessuno abbia verificato eventuali danni o problematiche? La mia domanda al riguardo, posta al momento della dimissione alla quale ero presente, è stata: “Abbiamo deciso che non ce ne è bisogno”. Ora mi chiedo...in base a cosa, visto che la visita neurologica non è mai avvenuta? Dobbiamo parlare di noncuranza o di estrema esperienza dei medici che solo guardandola hanno capito tutto? Forse si tratta del secondo caso, visto che grazie al cielo la mia amica non ha riportato danni neurologici di nessun tipo, ma mi permetto di restare scettica di fronte a questo atteggiamento. Ma parliamo della sutura della ferita al labbro superiore: se ben fatta, sbaglio o non dovrebbe continuare a sanguinare? Non credo, ma non pretendo di avere le risposte per tutto, solo, ancora una volta, rimango “dubbiosa”.

Al momento della dimissione, pronta per portarla a casa, ecco un'altra sorpresa: niente lastre. No, non è previsto che le radiografie, seppur comprovanti una problematica frattura, “escano” dal pronto soccorso con il paziente: questo sembra possa avvenire solo dopo 15 giorni. Nel caso in cui, una persona volesse recarsi da uno specialista, dovrebbe ripetere gli esami radiologici perchè in possesso delle sole risposte che deve prendere come oro colato, o aspettare. Torniamo quindi dall'inizio, e il verbo dominante in tutta questa situazione risulta essere appunto, aspettare. Un luogo comune direbbe, tutto è bene quel che finisce bene: sono d'accordo, ma credo che su certi argomenti non si dovrebbe glissare come se si trattasse di semplice routine. Forse a volte non ci si rende conto di certe cose fino a quando non accadono a qualcuno che ami come è successo a me, ma sarebbe bene parlare di come funzionano, o non funzionano. Questa vicenda infatti, oltre che toccarmi il cuore per averla vissuta così da vicino e aver coinvolto una persona a me cara, mi ha lasciata allibita e costernata. Io sono del nord, di Parma, e vivo qui da poco tempo, quindi non posso affermare con certezza se tutti i pronto soccorso di Roma funzionino in questo modo, ma posso dire con certezza, perchè ho vissuto esperienze simili, che se questo fosse accaduto nella mia città, il giorno dopo, se non lo stesso, sarebbe caduta sulle spalle della struttura una bella e pesante querela. Il rispetto per il paziente che soffre, e per chi soffre per lui, dovrebbe essere sempre tenuto presente, ma a volte questo non accade. Pensateci."

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