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Cronaca

Dopo il Baobab controlli a via Curtatone: identificati 556 rifugiati, 4 senza documenti

Il palazzo è abitato da circa 550 persone tra rifugiati e richiedenti asilo provenienti dal Corno d'Africa. Le operazioni delle forze dell'ordine sono partite questa mattina all'alba

Dopo il blitz al centro di accoglienza Baobab di via Cupa della scorsa settimana, questa mattina controlli e identificazioni sono scattati in un palazzo occupato in via Curtatone 3, in piazza Indipendenza non molto lontano dalla stazione Termini. Le operazioni delle forze dell'ordine sono partite questa mattina all'alba, intorno alle 6. Sette i blindati presenti sul posto. Come riferisce la Questura di Roma "in tutto sono state controllate 556 persone, per lo più cittadini eritrei ed etiopi, ma erano presenti anche alcuni sudanesi e 15 italiani. Tra i presenti anche una trentina di bambini e alcune donne incinte".

Si legge nella nota della Questura: "Durante le operazioni d’identificazione nessuno ha opposto resistenza ai controlli della Polizia. Al termine delle operazioni si è potuto constatare che si trattava per la maggior parte di rifugiati politici, soltanto 4 persone sono state accompagnate presso l’ufficio immigrazione della Questura in quanto prive di documenti. L’operazione rientra nel più ampio progetto di controllo del territorio romano previsto dall’Ordinanza di Servizio del Questore D’Angelo per la sicurezza del Giubileo".  

Nello stabile, un tempo sede degli uffici dell'Ispra, dall'ottobre del 2013 hanno trovato una casa rifugiati e richiedenti asilo provenienti dal Corno d'Africa, in maggioranza eritrei. Secondo quanto si apprende dai movimenti la posizione di tutti i presenti è regolare. "Il palazzo è abitato da persone che hanno già ottenuto lo status di rifugiato o che hanno avanzato domanda e quindi sono in attesa di un riconoscimento" spiega Cristiano Armati. "Tutte posizioni regolari anche se, naturalmente, la paura dei presenti di fronte a tale operazione è tanta".  

Il palazzo era stato occupato il 12 ottobre 2013 nell'ambito di una mobilitazione dei movimenti per il diritto all'abitare romani che quel giorno entrarono in diversi stabili disabitati sparsi per la città. "La decisione era nata sulla scia della tragedia di Lampedusa che si era verificata pochi giorni prima nella quale centinaia di persone avevano perso la vita. L'occupazione del palazzo rappresentava una risposta concreta ma anche un modo per ribadire i diritti dei rifugiati in questo Paese". Come "l'accesso a una casa popolare". 
 

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