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Cronaca Ardea

Dall'Uruguay ad Ardea: quaranta chili di cocaina nascosti nelle tavole da surf

Tre le persone arrestate al termine dell'operazione internazionale Iris

Quaranta chili di cocaina nascosti in sei tavole da surf. Un nuovo stratagemma che tre cittadini italiani, tutti residenti ad Ardea, avevano pensato per far arrivare la droga sul litorale laziale direttamente dall'Uruguay, via Portogallo e Spagna. Il sequestro all'aeroporto sudamericano di Montevideo. L'operazione, frutto della cooperazione tra Uruguay, Portogallo Spagna e Italia, che ha portato all'arresti di 3 persone, è stata illustrata nel corso di una conferenza stampa congiunta illustrata in procura a Reggio Calabria al termine dell'operazione denominata Iris. 

Le indagini sono state avviate il 24 maggio scorso dalle autorità uruguayane e sviluppate in cooperazione internazionale, con i colleghi portoghesi, spagnoli ed italiani. A illustrate le fasi dell'operazione il procuratore di Reggio Calabria Giovanni Bombardieri, il primo dirigente della polizia Alessandra Ortenzi, della direzione centrale per i servizi antidroga, il primo dirigente Marco Martino del servizio centrale operativo e il primo dirigente Alfonso Iadevaia dirigente della squadra mobile di Reggio Calabria.

Le autorità uruguayane hanno inoltrato una richiesta di consegna controllata internazionale al Portogallo, con il contestuale interessamento dell’Italia. La strategia operativa condivisa tra i Paesi interessati, hanno reso noto gli investigatori italiani, ha permesso il buon esito della consegna controllata internazionale, con l’arresto a Lisbona, il 7 giugno, da parte della polizia portoghese, di due cittadini italiani responsabili del traffico internazionale di stupefacenti, nonché il successivo arresto, in Italia - ad Ardea - di un terzo connazionale colpito da un mandato di cattura internazionale delle autorità uruguaiane, eseguito dalle squadre mobili di Reggio Calabria e di Roma, coordinate dallo Sco. Complessivamente sono stati 50 i chili di cocaina sequestrati.

Gli arrestati, accusati di traffico internazionale di sostanze stupefacenti, sono due uomini - entrambi residenti ad Ardea - di 29 e 47 anni, bloccati a Lisbona, e un 44enne, arrestato nel comune della provincia di Roma. 

"Si tratta – ha detto Bombardieri – di un’operazione importante per l’Uruguay e per l’Italia perché conferma l’importanza della cooperazione internazionale a livello giudiziario e investigativo. I rapporti di cooperazione tra la procura della Repubblica di Reggio Calabria e la polizia giudiziaria uruguaiana risalgono nel tempo ed hanno prodotto risultati importanti come l’arresto nel 2021 del trafficante internazionale di droga Rocco Morabito, all’epoca latitante, per molti anni residente proprio in Uruguay e catturato in Brasile".  

“Dobbiamo ringraziare - ha proseguito il procuratore reggino - gli investigatori dell’Uruguay, del Portogallo e della Spagna che ci hanno coinvolti in questa operazione. La cooperazione internazionale è alla base ormai di ogni indagine contro la ‘ndrangheta e contro le organizzazioni criminali dedite al traffico di droga”.

“Importante – ha detto ancora Bombardieri – è stato il nostro supporto nell’individuazione e nella localizzazione degli italiani che risultano coinvolti nel traffico internazionale di stupefacenti. Nel giro di pochi giorni sono state avviate attività d’indagine in coordinamento internazionale con quattro uffici, tre dei quali all’estero, che hanno prodotto risultati eccellenti. I tre arrestati sono stati già coinvolti in precedenti inchieste della procura di Reggio Calabria. È ancora troppo presto per parlare di possibili sviluppi investigativi, ma la collaborazione con l’Uruguay, il Portogallo e la Spagna proseguirà sicuramente. Sin da oggi garantiamo la disponibilità a fornire il migliore supporto”.

“Giova ricordare – ha concluso Bombardieri – che nell’ultimo anno e mezzo nel porto di Gioia Tauro, che storicamente è stato un punto di arrivo dello stupefacente proveniente dal Sudamerica, sono state sequestrate 30 tonnellate di cocaina in varie operazioni. Questo ha indotto le organizzazioni criminali a scegliere, per l’arrivo dello stupefacente in Europa, altri luoghi che possano consentire minori probabilità di individuazione e sequestro da parte dell’autorità giudiziaria”.

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