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Cronaca Via Giovanni Casoni

Roma, cittadini invasi dai cantieri: tra mura crepate e salotti 'al palo'

Case spaccate in due da smottamenti del terreno. Siamo in via Volusia, accanto ai cantieri della Galleria Cassia. Sull'A24, località Lunghezza, le complanari passano a un metro dalle abitazioni. A Torpignattara, periferia est, c'è chi vive con pali piantati dentro casa, colpa di lavori per la progettazione di box auto

Terreni sbancati a pochi metri dalle abitazioni, facciate ingabbiate da ponteggi eterni, ruspe che scavano fino a invaderti il tetto. C'è chi progetta la costruzione di una complanare per alleggerire il traffico, e chi quella complanare c'è l'ha sotto il balcone, costretto a convivere con un cantiere in casa. Chi abita accanto a box auto appena costruiti, e si ritrova con le pareti crepate. Cittadini schiacciati dai cantieri, di imprese pubbliche o private. Succede a Roma, con famiglie che hanno perso l'appartamento di una vita, che convivono con ponteggi in salotto o che spalancano tutti i giorni le finestre sulla nuova corsia dell'autostrada. 

VIA VOLUSIA - "Cerco di tornare qui il meno possibile, perché è come rivivere un incubo". L'11 maggio 2010 Sabatino D'Emidio e' stato costretto a lasciare la sua casa di proprietà. Siamo in via Volusia, piccola traversa della via Cassia con affaccio sul Grande Raccordo Anulare. Con lui altre dieci famiglie degli stabili vicini, civici 51, 81, 83 e 85, si sono ritrovate in poche ore senza un tetto. Evacuazione immediata ordinata da Vigili del Fuoco e Protezione Civile causa smottamento della collina che fiancheggia le abitazioni.

I lavori per l'allargamento a tre corsie del Grande Raccordo Anulare, ad opera di Anas e ditte appaltatrici, partono nel 2005. Da subito in via Volusia i residenti lamentano continue vibrazioni del mobilio e crepe, seppur lievi, alle pareti. Una serie di controlli richiesti dagli stessi inquilini non rilevano però nessuna emergenza fino al 2010, quando le venature dei muri appena visibili diventano spaccature evidenti, e le mattonelle del pavimento iniziano a inclinarsi. Da quell'11 maggio le famiglie non sono più rientrate nelle loro case. Quattro anni di inferno con più beffe che danni, da un'aula all'altra di tribunali, civili e penali.

Con la dichiarazione di inagibilità dei tre stabili la magistratura apre un'inchiesta. Le indagini del Pm portano alla richiesta di rinvio a giudizio per 7 persone, dirigenti di Anas (parte lesa nel processo) e ditte appaltatrici, accusate di concorso in crollo colposo di costruzione. Un procedimento penale ancora in corso, accanto al filone delle cause civili che ha coinvolto anche il Comune di Roma. 

Citato in giudizio al Tar dai residenti, il Campidoglio è stato obbligato alla messa in sicurezza degli appartamenti, a rischio crollo sul Raccordo. Intervento inizialmente imposto dall'ente locale agli stessi abitanti con determinazione dirigenziale, poi annullata in tribunale. Una vittoria certo, ma dal sapore amaro. L'abitazione dei D'Emidio infatti è destinata alla demolizione, e il procedimento civile per la richiesta danni ad Anas e ditte appaltatrici va a singhiozzo. 

“Nella più rosea delle previsioni durerà altri tre o quattro anni per il solo primo grado di giudizio” spiegano gli avvocati Francesco Rizzo e Rosa Graziano. Già, se si pensa che ad oggi il giudizio è sospeso causa fallimento di una delle società chiamate in causa dalle ditte appaltatrici, che in casi simili tocca reincardinare una sorta di nuovo processo, e che è già la seconda volta che accade, i tempi si preannunciano biblici. 

Per il risarcimento “ci aggiriamo intorno agli 800 mila euro solo per i signori D'Emidio, perché l'immobile dovrà essere demolito – dichiarano i legali - si aggiungono poi le richieste risarcitorie di altri abitanti di via Volusia per un totale complessivo che dovrebbe aggirarsi intorno ai 3 milioni di euro, o anche più”. 

Una chimera. E nel frattempo per le vittime i pagamenti aumentano di giorno in giorno, un calvario di spese legali e sopralluoghi tecnici. Senza considerare i danni morali, che non risarcisce nessuno. “Mettere piede qui è sempre uno strazio, ormai ci siamo rassegnati, ma è stata dura abituarsi all'idea di lasciare da un giorno all'altro la casa della tua vita, il luogo dove è cresciuta tutta la tua famiglia”. 

VIA VOLUSIA - E i cantieri per l'allargamento del GRA

VIA PACIOTTI - C'è chi invece la casa non l'ha mai lasciata, se non fosse che fa lo slalom tra pali messi a sostegno del soffitto, per scongiurare crolli. I residenti di via Francesco Paciotti 9, Torpignattara, periferia est della Capitale, vivono un inferno che va avanti da 3 anni. Le loro abitazioni non sono solo attaccate a un cantiere, lo hanno inglobato. 

Nel 2010 un'azienda edile, privata, termina i lavori di costruzione di box auto, parcheggi interrati da rivendere sul mercato ai cittadini della zona. L'area di interesse è chiusa tra via Alessi e via Paciotti, nel cuore di Villa Certosa. 

In tre anni sono stati costruiti decine di parcheggi interrati, tutt'ora in vendita, con la palazzina di via Paciotti sacrificata sull'altare del cantiere. Le fondamenta non hanno retto alle ruspe e, tra crepacci alle pareti e infiltrazioni d'acqua, si è reso necessario un sistema di ponteggi interni per sorreggere le case.

"Mia madre ha ottanta anni, abita a Ostia ma al momento sta qui per ricevere delle cure in ospedale. Secondo lei è possibile che una persona anziana e malata viva in mezzo a pali di metallo?". Marcello, 40 anni, abita nel seminterrato dello stabile, il più colpito dai danni dei lavori, e insieme agli altri condomini è in causa con la ditta di costruzioni.

Il legale degli inquilini ha fatto ricorso con articolo 700 (procedimento d'urgenza) contro la ditta quando questa ha imposto ai residenti la messa in sicurezza, ordinata dai vigili del fuoco. Il giudice, dopo aver incaricato il ctu di effettuare tutte le perizie del caso, riconosce “l'esistenza di un grave quadro lesionativo che indica il progressivo cedimento fondale” di parte della palazzina, attribuendone la responsabilità ai costruttori dei box e imponendo agli stessi il versamento di circa 200 mila euro per la messa in sicurezza urgente dello stabile. 

Il giudizio ordinario invece non è ancora partito. “Le perizie tecniche sono in corso – spiega il legale delle famiglie, Sergio Lucchetti – l'iter è lento, spesso i residenti non hanno i soldi per pagare e i tempi si allungano”. Ancora da stimare entità dei danni e risarcimento. E intanto pali e ponteggi, esterni e interni, restano dove sono. 

TORPIGNATTARA - Con i salotti 'al palo'

LUNGHEZZA – Da una casa appena messa a nuovo all'appartamento di un residence, sistemazione di fortuna in attesa di svegliarsi dall'incubo. Ci spostiamo a Lunghezza, circa 7 chilometri fuori dal Gra, nelle palazzine di via Giovanni Casoni, a ridosso dell'A24. Qui i residenti sono abituati a vivere a stretto contatto con le file di auto che tutti i giorni sfrecciano sull'autostrada. Ce l'hanno lì da sessant'anni le due corsie della Roma-L'Aquila, separate da barriere acustiche a circa 4 metri di distanza da finestre e balconi.  E, per quanto ci sia ancora chi ricorda il comprensorio libero dal cemento negli anni '50, la maledizione l'avevano accettata, imparando a convivere con i disagi. Fino a tre anni fa, quando il mostro ha cominciato ad allargarsi.

I lavori per le complanari dell'A24 partono nel novembre 2011. Due corsie ai lati del tratto autostradale già esistente, da Lunghezza al cimitero del Verano, per dare sfogo al traffico locale di un quadrante tra i più soffocati della città. Nel tratto di via Casoni l'opera passa a un metro dalle facciate delle abitazioni. Impossibile non coinvolgere le case nel cantiere per l'infrastruttura. 

Il signor Pietropaolo Di Luzio, tra gli abitanti sulla complanare racconta: “Ci hanno abbattuto un garage e un piccolo prefabbricato che avevamo appena sopra il giardino. Neanche questo abbiamo più, è coperto da una spianata di cemento”. Un prezzo da pagare che sulla carta le famiglie conoscono fin dall'inizio, quando Strada dei Parchi, la ditta appaltatrice dell'opera pubblica, illustra loro il progetto. Prospetta anche la possibilità di un esproprio, rifiutato dai Di Luzio perché giudicato incongruo rispetto al valore dell'immobile. 

I lavori cominciano. E insieme anche le rogne.  “Sentivamo continuamente tremare – racconta il signor Di Luzio – avevamo sempre paura che succedesse qualcosa,  i lampadari oscillavano, sembrava davvero che dovesse esserci il terremoto”. Così fino a giugno 2013, quando i cantieri circondano la casa. 

Le famiglie di via Casoni firmano una scrittura privata con Strada dei Parchi: l'accordo prevede il trasferimento in un residence a Castelverde, pagato dall'azienda, fino al completamento dei lavori. Su cosa intendano le parti per lavori ultimati si gioca l'intera partita. Il 30 novembre 2013 partono le raccomandate: per Strada dei Parchi l'intervento sull'area in cui insistono le abitazioni si è concluso e gli inquilini possono rientrare. Già, ma i Di Luzio si rifiutano. 

“Non ci metteremo piede fino a che non verrà risistemato tutto quello che manca. Hanno tolto la caldaia che stava sul balcone, hanno abbattuto la tettoia, nelle mura della cucina ci sono ancora delle crepe, abbiamo paura a stare qui dentro. Ci avevano detto che ci avrebbero rimesso a posto la casa, ma ora dicono che danni non ce ne sono”. A marzo la querela in questura e la denuncia civile. 

“Nella scrittura privata si parla di trasferimento in alloggio temporaneo fino a ultimazione dei lavori. Per Strada dei Parchi questo termine era a fine novembre, per noi assolutamente no". A parlare è il legale dei Di Luzio, Adriano Calandrella. "La casa non è agibile, mancano parti di barriere acustiche e attualmente le case sono accessibili a tutti dal cavalcavia, distante un metro o poco di più, ci sono ancora i parapetti dei cantieri”. 

Strada dei Parchi smentisce per intero, e si prepara alla battaglia legale, citando a sua volta in giudizio la famiglia per non aver lasciato il residence come da accordi.  

D'altronde non è una novità, i casi appena descritti non sono certo i primi esempi cittadini di incontri ravvicinati tra case e infrastrutture. Basti pensare alla Tangenziale Est, costruita tra gli anni '60 e '70, quando le telecamere di Fantozzi immortavalano il salto disperato dal balcone per prendere al volo il bus delle 08 e 01. Lì, oggi come allora, dove i palazzi sfiorano la sopraelevata di San Lorenzo, vivono romani costretti a finestre chiuse h24. 

LUNGHEZZA - A un metro dalle complanari dell'A24

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