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Cronaca

"Con il no alle case popolari ai rom il Comune viola leggi internazionali"

Quattro organizzazioni internazionali hanno scritto al sindaco di Roma chiedendo di modificare la determinazione del 18 gennaio con cui si definisce i villaggi attrezzati come 'permanenti'

"Il Comune di Roma vuole negare alle comunità rom l'accesso alle case popolari violando la legislazione internazionale in materia di discriminazione". Questo l'oggetto della lettera che quattro organizzazioni per i diritti umani hanno scritto al Comune di Roma con una richiesta: modificare la circolare con qui di fatto si escludono le famiglie rom dai primi posti in graduatoria. Si torna a parlare di case popolari e di possibilità di accesso agli alloggi anche per le comunità nomadi.

"Temporanei" o "permanenti"? La partita sull'assegnazione sembra giocarsi su un termine. Il bando sugli alloggi parla di punteggio più elevato da attribuirsi ai “nuclei familiari che dimorino in strutture procurate a titolo provvisorio da organi, enti e associazioni di volontariato riconosciute ed autorizzate preposti all’assistenza pubblica”. Dunque anche alle comunità rom residenti negli 8 villaggi attrezzati della capitale.

O almeno così pensava l'associazione 21 Luglio che ha diffuso la notizia. I campi però, si è affrettato a precisare l'ufficio Politiche Abitative con una direttiva del 18 gennaio scorso, "non possono essere equiparati alla situazione descritta nella categoria A1 in quanto da considerarsi strutture permanenti". E' scritto nero su bianco, in maniera chiara. Ma altrettanto chiari sono "i diversi documenti ufficiali del Comune di Roma che definiscono quelle strutture assolutamente temporanee" come già spiegato a Romatoday da Carlo Stasolla presidente dell'associazione. E oggi, contro quella direttiva del Comune, tornano a esprimersi la stessa Associazione 21 Luglio, insieme ad Amnesty International, Centro europeo per i diritti dei rom (Errc) e Open Society Foundations.

LA LETTERA - “Il diritto all’alloggio adeguato” – si legge nella missiva indirizzata al sindaco Gianni Alemanno, alla vicesindaco Sveva Belviso e all’assessore alle politiche della casa Lucia Funari – “è un diritto umano e le autorità hanno l’obbligo di operare per garantirne la realizzazione senza discriminazione alcuna”. Secondo il nuovo Bando generale per l’assegnazione in locazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica, indetto il 31 dicembre 2012 dal Comune di Roma, viene data la priorità nell’assegnazione degli alloggi alle famiglie in situazione di “grave disagio abitativo”. Tra esse il punteggio più elevato viene attribuito ai “nuclei familiari […] che dimorino […] in strutture procurate a titolo provvisorio da organi, enti e associazioni di volontariato riconosciute ed autorizzate preposti all’assistenza pubblica”.

La Determinazione del Comune di Roma è stata accolta positivamente dalle famiglie rom che vivono negli otto “villaggi attrezzati” della capitale e dalle Organizzazioni non governative che lavorano per porre fine alla discriminazione dei rom in Italia: le condizioni di vita di tali famiglie corrispondono infatti a quelle descritte nel bando pubblico.

Nelle ultime settimane, però, anche attraverso una circolare del 18 gennaio 2013, è stato comunicato dalle autorità romane che i rom presenti nei “campi nomadi” di Roma non sono da considerarsi assegnatari del massimo punteggio in quanto dimoranti in strutture definite “permanenti”, malgrado in diversi documenti ufficiali le abitazioni presenti nei “villaggi attrezzati” siano state esplicitamente classificate “temporanee” dalle medesime autorità. L’atteggiamento delle autorità capitoline sembra voler nascondere l’intenzione discriminatoria di scoraggiare le famiglie rom dal presentare regolare domanda di assegnazione delle “case popolari”.

“Le organizzazioni scriventi” – conclude la lettera – “chiedono la fine della segregazione etnica dei rom e dei sinti a Roma in campi formali, un obiettivo che può essere ottenuto solo se le famiglie residenti in tali insediamenti avranno la possibilità di partecipare senza discriminazioni all’assegnazione di altre forme di alloggio, inclusa l’edilizia residenziale pubblica”.

Per evitare “il prodursi di un grave danno per i rom e i sinti interessati” viene pertanto formalmente richiesto ai tre destinatari della lettera di modificare la circolare del 18 gennaio 2013 e di dare “ampia diffusione alle misure adottate per garantire l’accesso all’edilizia residenziale pubblica anche attraverso comunicazioni specificatamente rivolte ai residenti dei ‘villaggi attrezzati’”.

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