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Cronaca

Legami con N'drangheta e Casalesi: i Casamonica fanno il salto di qualità

La divisione della polizia anticrimine della Questura di Roma ha posto sotto sequestro beni e società che rappresentano il legame tra il clan guidato da Rocco Casamonica e le malavite calabresi e campane

Gli affari dei Casamonica si evolvono e sempre più il noto clan di pastori abruzzesi, che da anni ha messo radici a Roma, vanta affari con le organizzazioni malavitose di Calabria e Campania. Una mole d'affari impressionante, come emerge dal sequestro preventivo disposto oggi dalla divisione della polizia anticrimine della Questura di Roma.

In totale sono finiti sotto sequestro beni che arrivano a sfiorare i 10 milioni di euro, più partecipazioni in società il cui volume sfiora i 40 milioni annui. In totale le aziende sequestrate sono 15 a cui si aggiungono quote di 21 società. Centosessanticinque invece i conti correnti. Non mancano nell'inventario dei sequestri anche auto di lusso, ville ed appartamenti.

Altre al sequestro preventivo il Questore ha anche disposto la sorveglianza speciale per sette componenti della famiglia Casamonica.

L'indagine che ha portato al sequestro è partita dall'analisi dei beni della famiglia abruzzese. Scandagliando i vari legami gli inquirenti hanno trovato legami con un noto membro del clan dei Casalesi.

Secondo quanto provato dagli accertamenti patrimoniali eseguiti dalla Questura di Roma i due avevano creato una sorta di sodalizio per gestire attraverso la costituzione di società in Campania e in Calabria, reinvestimento di capitali illeciti e partecipazione delle loro società ad appalti pubblici e privati. Non ultima l'intenzione di arrivare alla gestione dello smaltimento dei rifiuti in Campania.

Tra le società poste sotto sequestro dalla polizia la più importante è la "Cooperativa Lavoro", la società che nel porto di Gioia Tauro gestisce il traffico di migliaia di container. La società ha sancito di fatto una cooperazione "mafiosa con le note famiglie della 'ndrangheta calabrese dei Piromalli, Alvaro e Molè”.

Il patrimonio sequestrato dalla Divisione anticrimine della Questura di Roma, diretta da Rosario Vitarelli, ha permesso di "bloccare e probabilmente recidere definitivamente tutte le attività illecite relative ad appalti - hanno spiegato gli investigatori - che avrebbero potuto condizionare, anche con l'ausilio di prestanome diversi settori della vita pubblica del Paese".

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