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Cronaca

Ucciso sul Raccordo, i Carabinieri quella notte: "Spari dei poliziotti, hanno ecceduto"

Bernardino Budroni è morto il 30 luglio 2011, dopo un inseguimento sul Raccordo. A sparare un poliziotto, oggi a processo per omicidio colposo. In aula le comunicazioni tra Carabinieri e centrale operativa

"I poliziotti hanno ecceduto", "i colleghi hanno sparato, ci sono due fori sugli sportelli", "lui ha alzato le mani, in segno di resa e poi si è accasciato sul sedile". Sono parole di un carabiniere, pronunciate all'alba del 30 luglio 2011. Ricostruisce l'inseguimento sul Raccordo costato la vita a Bernardino Budroni, 40enne di Fonte Nuova, freddato da un colpo di pistola esploso da un poliziotto, oggi a processo per omicidio colposo. Un proiettile che, per la difesa, non sarebbe stato sparato in corsa per arrestare il fuggitivo, come diffuso nelle ore successive alla tragedia, ma quando le auto erano già ferme e quella di Bernardino già chiusa dagli agenti.​ 

I FATTI - Tutto partì da una telefonata della ex di Budroni, che quella notte chiamò la polizia per denunciarlo: disturbo della quiete pubblica. Gli agenti accorsero in via Quintilio Varo a Cinecittà per intervenire sul presunto stalker, che però fuggì ai controlli sfrecciando via con l'auto. 

Da lì la tragica corsa sul Gra fino all'altezza dell'uscita Nomentana, dove la Focus di Bernardino finisce sul guard rail con dentro il suo corpo, senza vita, insanguinato. Un proiettile fatale lo colpisce al fianco destro. Del tutto inutili gli interventi dei sanitari. A inseguire Budroni, insieme ai poliziotti, anche una gazzella. E le parole dei militari che quella notte comunicavano con la centrale sono finite in tribunale. 

LE REGISTRAZIONI - "Noi abbiamo dato una mano per fermarlo, purtroppo però loro, i poliziotti, hanno ecceduto" ha detto così il carabiniere agli operatori del 112 descrivendo gli eventi. "I colleghi hanno sparato, ci sono due fori sugli sportelli, lui si è accasciato sul sedile, non da segni di vita. Ora siamo in attesa dell'ambulanza".

La registrazione è stata ascoltata ieri in aula, davanti al giudice monocratico del tribunale della Capitale, Roberto Polella. "Stavamo sul cavalcavia della Prenestina - spiega alla sala operativa il carabiniere che si trovava nella gazzella - quando ci siamo messi all'inseguimento della Focus insieme ad una volante della polizia. Siamo poi riusciti a sorpassarla, ci siamo messi davanti e la Focus ha tentato di mandarci a sbattere, poi ci siamo messi davanti e lui è andato contro il guard rail dove non poteva andare più da nessuna parte, i colleghi della polizia hanno sparato".

"Ci sono due fori - continua il militare - sugli sportelli anteriore e posteriore sinistro". A questo punto la centrale operativa dei carabinieri domanda: "Ma così potevano prendere anche voi quando hanno sparato i colleghi?", e dalla gazzella confermano con un "si".

Le voci gracchianti e intervallate dai bip di radiobase sono state depositate dalla parte civile, rappresentata dall'avvocato Fabio Anselmo, stesso legali dei casi Cucchi e Aldrovandi. L'appuntato dei carabinieri rispondendo alle domande del pm Giorgio Orano, ha riferito di essere sceso e di aver puntato la propria pistola verso Budroni: "Lui ha alzato le mani, in segno di resa e poi si è accasciato sul sedile. Io non avevo neppure armato l'arma perché la situazione era sotto controllo".

E poi ha proseguito: "Io ero l'autista dell'autoradio. Dopo averlo superato ho deciso di chiuderlo sul guard rail rallentando, sicuro che ci venisse addosso. Poi ho sentito i colpi partiti quando Budroni doveva ancora sbattere".

Comunicazione che, per la sorella della vittima, Claudia Budroni, "parla da sola". "Non è possibile che le auto fossero in corsa - dichiara a Romatoday - Bernardino era fermo, erano tutti fermi quando il poliziotto ha sparato. Sono sconvolta, l'audio che abbiamo sentito non ha bisogno di commenti".

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