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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca

Tragedia nel nido di Rebibbia, bimba uccisa dalla madre. L'appello: "Mai più bambini in carcere"

Il segretario generale del sindacato di polizia penitenziaria: "Il bambino è morto perché non è stato tutelato dallo Stato"

Sono sedici i bambini, fino a tre anni di età, ospiti nella sezione nido del carcere romano di Rebibbia. Tra di loro anche due fratelli, figli della 33enne tedesca: una, di 6 mesi, è morto, l'altro, di 1 anno e 7 mesi, è grave, ed è ricoverato all'ospedale Bambin Gesù di Roma in gravi condizioni (qui la notizia completa). Le sue condizioni sono "particolarmente critiche con un danno cerebrale severo".

Il nido di Rebibbia è considerato un modello da seguire. Ci sono operatrici, puericultrici e una pediatra. C'è una ludoteca, la 'casetta Koine' dove si svolgono attività ricreative, un cucinotto per preparare i pasti e le pappe e in ogni cella c'è un letto con una culla in legno accanto. Ma è pur sempre un carcere, le sbarre ci sono nonostante gli sforzi degli operatori dell'associazione 'A Roma Insieme' che organizzano attività per bimbi e mamme per rendere la vita più leggera.

Una mamma che non ha parenti a cui affidare i figli, può tenerli nelle sezioni nido. Le madri possono tenere i piccoli in carcere con loro in base a quanto prevede la legge 354/197 fino ai tre anni di età. A dar supporto, per l'educazione dei piccoli, è così nata l'istituzione delle case protette. A Roma, nel 2017, è stata inaugurata 'La Casa di Leda', l'unica casa-famiglia protetta per detenute con figli in tutto il paese. 

Si tratta di una soluzione introdotta da una legge nazionale del 2011, che prevede un servizio di sostegno per le madri con interventi educativi specifici per i bambini, con l'obiettivo di seguire al meglio casi delicati come, probabilmente, era quello di Rebibbia. Lillo Di Mauro, responsabile del progetto, a RomaToday sottolinea: "Anche se i piccoli vengono trattati bene, vivono ugualmente la realtà della cella. Va rivista la legge, i bambini non devono stare in carcere. Non ci sono scuse, va trovata una soluzione definitiva a questo problema. Mai più bambini in carcere, è il nostro motto e lo ribadisco", ha concluso. "La terribile notizia conferma la nostra convinzione che le madri detenute e i loro bambini dovrebbero essere seguiti all'interno di strutture adeguate, come tra l'altro la legge prevede". Così in una nota il radicale Alessandro Capriccioli, capogruppo di +Europa al Consiglio Regionale del Lazio.  

Dello stesso avviso anche il segretario generale del sindacato di polizia penitenziaria, Aldo Di Giacomo: "Saputa la notizia sono rimasto impietrito. Da settimane denunciamo i gravissimi episodi che stanno avvenendo nelle carceri italiane. Chiediamo al ministro della Giustizia un intervento immediato, ha l'obbligo morale di intervenire sulla situazione carceraria, diventata ormai esplosiva. Questo immobilismo paga. La bambina è morta perché non è stato tutelato dallo Stato".

Di Giacomo, sostiene a RomaToday, che "secondo il nuovo sistema carcerario c'è più libertà per i detenuti". "Una mamma detenuta, per esempio, è controllata sì, ma può anche stare in ambienti dove l'occhio vigile delle poliziotte penitenziarie non arriva proprio per non creare traumi ai piccoli bambini che stanno cercando di crescere con la propria madre. Va detto, però, che questo creare ambiguità. Le carceri non sono adatte per i bambini, ma i detenuti vanno controllati. Così facendo un episodio drammatico come quello di oggi potrebbe riaccadere". Secondo una ricostruzione, la 31enne tedesca avrebbe raggiunto una scala che porta poi al giardino dove ci sono i giochi, compreso uno scivolo, e li avrebbe gettato i proprio figli. Uno di loro, il più piccolo, non ce l'ha fatta. 

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