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Cronaca

Bimbo morto al San Giovanni, il report: "Cartella clinica lacunosa"

Di ieri la consegna del report degli ispettori al ministro della Salute, Renato Balduzzi, in merito al decesso del neonato causa iniezione di latte in vena. Venti indagati per omicidio colposo

Un report preoccupante quello inviato dagli ispettori al Ministero della Salute in merito alla morte del piccolo Marcus De Vega, il neonato morto all'ospedale San Giovanni in seguito a uno scambio di cateteri risultato fatale. Al bambino, nato prematuro, sono stati somministrati nel sangue 20 cc di latte al posto della normale terapia endovenosa e il risultato è stato il decesso dopo poche ore. Una morte quella di Marcus oggetto di indagine a 360 gradi da parte della Procura che ha iscritto 20 tra medici e infermieri nel registro degli indagati per omicidio colposo. Come si è svolto l'iter clinico sul paziente e come è stato gestito il caso dal personale sanitario? Errore umano, negligenza o carenze strutturali? Domande che avranno risposta solo a conclusione del lavoro dei pm. Intanto però il quadro inizia a delinearsi, sia grazie ai primi particolari investigativi eventi che ai risultati dell'ispezione richiesta dal ministro della salute Renato Balduzzi.

L'ISPEZIONE - La relazione degli ispettori è stata consegnata ieri al ministero, dopo sette ore di lavoro a tutto campo presso la terapia intensiva neonatale del San Giovanni Addolarata. Si conferma innanzitutto "lo scambio tra il catetere enterale (ovvero per via orale o gastroenterica, ndr) e quello parenterale (ovvero collegato alla circolazione sanguigna, ndr)". Sembra, affermano, "che verso le 14 in seguito alla somministrazione di circa 20 cc di latte per via parenterale, la pompa dell'infusione è andata in allarme, con l'effetto di bloccare la somministrazione. Il personale infermieristico ha segnalato l'accaduto al personale medico, come risulta dalla cartella, con riferimento allo scambio avvenuto. Nel pomeriggio il bimbo ha presentato un progressivo peggioramento delle condizioni di salute". Alle 4,35 del 29 giugno Marcus è deceduto.

Nella relazione si legge poi di alcune "lacune" nella redazione della cartella clinica: "Il criterio della temporalità nella scrittura della documentazione sanitaria non viene rispettato poiché mancano gli orari". Inoltre si denuncia la presenza di "cancellature e modifiche non sempre chiaramente identificate". Si rileva inoltre la presenza di incubatrici "datate", di un "numero limitato del personale sanitario addetto" e di "inadeguata organizzazione e gestione del personale". Gli ispettori denunciano poi "l'assenza di procedure e protocolli diagnostico-terapeutici". Altra questione, fra le tante al vaglio degli inquirenti, riguarda la comunicazione dell'avvenuto decesso e delle cause alla madre del piccolo.

I TEMPI - Risulterebbe infatti che la donna sia venuta a sapere dello scambio di cateteri solo dai giornali e che ne abbia avuto conferma solo dopo il colloquio in Procura con gli inquirenti. E sempre sul fronte tempistiche i magistrati stanno cercando di approfondire i motivi per i quali la comunicazione del decesso all'autorità giudiziaria sia stata fatta il 3 luglio, quattro giorni dopo la morte del neonato. Il sospetto degli inquirenti è che all'interno dell'ospedale si volesse in qualche occultare quanto accaduto. Qualcuno, dal nosocomio, ha fatto notare che la mancata diffusione della notizia sia dipesa dal fatto che non era stata ancora informata, poiché all'estero, la responsabile del reparto. Tutte circostanze che ovviamente attendono di essere riscontrate dai titolari dell'inchiesta.

CARENZE - Intanto non mancano ovviamente riflessioni a tutto tondo sul tema. Quanto il singolo caso deve portare alla luce carenze generali nella sanità neonatale? Si è parlato di presidi all'avanguardia, prescritti dalla normativa della Comunità Europea del 2001, appositamente creati per ridurre quasi a zero il rischio di scambio tra infusioni intestinali e infusioni sanguigne. Ma le disposizioni Ue, visti i costi dei nuovi strumenti, sarebbero scarsamente applicate in Italia. Il San Giovanni, insomma, sarebbe solo uno dei tanti casi di ospedali in cui i presidi non sarebbero presenti. Detto questo altro nodo critico sarebbe la carenza di personale. i nodi critici sarebbero anche altri, secondo il presidente della Società italiana di neonatologia (Sin), Paolo Giliberti.

"Un recente studio internazionale - spiega il presidente della Società italiana di neonatologia (Sin), Paolo Giliberti - dimostra che in questo tipo di reparti proprio la riduzione del personale porta a un raddoppio del tasso di mortalità. Questo perché la cura di un neonato, a volte in condizioni critiche, richiede un'attenzione particolare. Un infermiere specializzato non può cioé occuparsi di più di due neonati, e il rapporto ideale è appunto di uno a due". Invece, sottolinea Giliberti, "oggi, in media, il personale infermieristico nei nostri reparti è inferiore di un terzo rispetto all'organico ideale".

E a ciò, prosegue, "si somma anche la progressiva diminuzione di medici neonatologi". In queste condizioni, dunque, il rischio di errori aumenta. Così come è sicuramente maggiore, avverte il presidente dei neonatologi, "nei punti nascita troppo piccoli e che andrebbero per questo accorpati. In Italia - ricorda - ben il 29% dei centri nascita registra meno di 500 nascite l'anno. Troppo poche per giustificarne l'esistenza". Eppure, nonostante i problemi, conclude Giliberti, "va detto che l'Italia ha un tasso di mortalità neonatale inferiore o nella media rispetto agli altri Paesi europei, e pari alla metà rispetto al tasso registrato, ad esempio, negli Stati Uniti".

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