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Cronaca

Rapine a minorenni e la serie tv Gomorra come modello: presa la banda di piazza Vescovio

Rapinare le giovani vittime di 5, 40 o 90 euro era un modo per marcare il territorio

Rapinavano minorenni per poi vantarsi sui social. Un modello di vita alla 'Gomorra' per accrescere la loro fama criminale nel quartiere. Così una banda di 10 ragazzi, 4 maggiorenni e sei sotto i 18 anni di età, è stata sgominata da personale della IV Sezione della Squadra Mobile e del Commissariato Vescovio, dopo una lunga e complessa indagine. Il gruppo si era reso responsabile di aggressioni e rapine nei confronti di loro coetanei, nei quartieri Vescovio, Africano e Coppedè seminando nell'arco di qualche mese il terrore nei residenti.

Uno di loro è finito in carcere, tre ai domiciliari mentre è stato notificato l'avviso di conclusione indagini preliminari e l'avviso di garanzia emesso dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale per altri sei soggetti, tutti minorenni. L'indagine  è partita grazie alle denunce di ragazzini che, accompagnati dai genitori, sono riusciti a raccontare i soprusi subiti. Si è accertato che il gruppo operava nella zona quasi esclusivamente per il gusto di predominare sugli altri, per segnare il territorio e rapinare "paghette settimanali", oggetti di valore e capi di abbigliamento firmati. Furti poi esibiti sui social come trofei per l'impresa compiuta.

Le vittime, vessate in continuazione, per paura di incontrare nuovamente i componenti della gang, limitavano le loro uscite o comunque cambiavano le loro abitudini, fino ad arrivare al punto di non indossare un capo di abbigliamento costoso, avendo il terrore di essere rapinati. Gli investigatori analizzando gli episodi denunciati e i social network, hanno individuato tutti i componenti del gruppo. 

La modalità d'azione di quella che può essere considerata una vera e propria "gang" si manifestava con la "commissione di attività delittuose caratterizzate da metodi violenti". L'azione di due o più componenti la gang era condivisa con gli altri sui social per affermare il messaggio che nessuno poteva invadere il loro territorio ed anche per spaventare le stesse vittime, spesso conoscenti o addirittura amici sui profili Facebook, che potevano così verificare direttamente la esternazione del potere e della prepotenza della gang.

Quando incontravano nei quartieri vittime a loro sconosciute chiedevano, prima di colpire, la loro zona di provenienza, ed accertata la loro estraneità al territorio, li rapinavano, come se dovessero pagare "dazio" per essere entrati nel loro "spazio". Secondo gli inquirenti "rapinare le giovani vittime di 5, 40 o 90 euro, non costituiva un mezzo di sostentamento seppur illecito, ma solo una conseguenza della rapina stessa, posta in essere principalmente  per il gusto di farla, come atto di dimostrazione di forza o per 'spaventare' le vittime, come fine ultimo proprio quello di crearsi una 'fama' e/o una reputazione nel quartiere, come duri e violenti".

Anche se spesso si giustificavano con le loro vittime che il denaro rapinato serviva per "acquistare droga" o per "fare benzina", appare evidente che l'esiguità delle somme rappresentava una conseguenza e non la causa del reato. I trofei rapinati, tenuti e scambiati tra i componenti della gang, venivano postat sui social per rimarcare la loro prepotenza e onnipotenza, come nelle migliori fiction televisive.

Molti profili facebook, infatti, sono caratterizzati da frasi o video in cui prevale la violenza o l'appartenenza ad un gruppo come modo di vita, alla pari delle serie televisive come 'Gomorra' dove il valore principe è il gruppo e i "fratelli" da tutelare e se necessario vendicare.  

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