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Cronaca

Pizzini dal carcere, così Senese gestiva gli 'affari di famiglia': 28 arresti. Tra loro il fratello della senatrice Cirinnà

Gli investigatori della Squadra mobile della polizia di Roma e della Guardia di finanza hanno arrestato il primogenito del boss Michele Senese, in un resort di lusso in Puglia

Pizzini dal carcere per dare ordini su come gestire soldi guadagnati da usura ed estorsioni, diversificando così il rischio e accumulare denaro sufficiente per portare avanti la famiglia e tutto il gruppo criminale, magari organizzando anche qualche possibile via di fuga.

Michele Senese detto 'O' Pazz', nome di spicco della camorra a Roma e attualmente detenuto nel carcere di Catanzaro dove sta scontando una condanna quale mandante dell'omicidio del 'boss della Maranella' Giuseppe Carlino, continuava a fare affari anche dietro le sbarre.

Cosiddetti 'affari di famiglia', emersi nell'omonima indagine coordinata dal procuratore aggiunto della Dda Ilaria Calò e portata avanti dalla Squadra Mobile di Roma e dalla Guardia di finanza che ha permesso di eseguire 28 misure cautelari (16 in carcere) nei confronti di di membri del clan Senese. Un maxi blitz in cui come si evince nell'ordinanza "la famiglia abbia costituito un sistema criminale organico, strutturato e collaudato". 

Arrestato il fratello di Monica Cirinnà

Tra i destinatari dell'ordinanza di custodia cautelare c'è anche anche Claudio Cirinnà, fratello della senatrice del Pd Monica. L'uomo, secondo quanto sottolineato dagli inquirenti, già in passato era finito nei guai perché coinvolto in un'indagine su presunti traffici di carburante. Cirinnà, 54 anni, è stato raggiunto da una ordinanza cautelare in carcere. 

L'uomo non avrebbe relazioni dirette con il gruppo di Michele Senese. Claudio e il figlio (sottoposto ai domiciliari) avrebbero "concorso nel prestare e richiedere soldi ad una persona che era sottoposta anche alle indebite 'attenzioni' del clan di Camorra". A lui e al figlio sono contestati episodi di usura. Gli investigatori hanno sottolineato che la sorella, parlamentare del Pd, risulta del tutto estranea alla vicenda.

La senatrice ha commentato su Facebook: "So pochissimo della sua vita travagliata, benché abbia sempre cercato di aiutarlo a mettere sulla giusta via la propria esistenza. Il fatto che avesse accolto in casa nostro padre novantenne mi aveva fatto sperare in un ravvedimento. Se così non fosse ne sarei addolorata e profondamente delusa. Mi auguro che la sua posizione venga chiarita al più presto. Per quanto mi riguarda considero la responsabilità penale personale, così come personale è il dolore che provo in questo momento. Chiedo pertanto che venga rispettato assieme all’intimità della mia famiglia".

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I nomi degli arrestati

I pizzini dal carcere di Senese

Il meccanismo degli 'affari di famiglia' sgominato ha potuto contare innanzitutto sul ruolo di Michele Senese detto O' Pazz' il quale, anche durante il periodo di detenzione, ha continuato a coordinare e gestire le attività illecite della famiglia stabilendo la strategia criminale mediante i messaggi criptici, una sorta di 'pizzini', trasmessi ai familiari autorizzati a presenziare ai colloqui, in particolare con la moglie e con il figlio Vincenzo Senese. 

In almeno due occasioni, infatti, Michele 'O Pazz' si è "scambiato con il figlio, senza farsi notare dal personale di vigilanza, le calzature rispettivamente indossate", si legge nell'ordinanza. 

Il primogenito di Michele Senese è stato arrestato in un resort di lusso a Marina di Ugento, nel Salento. Il figlio di Senese, 43 anni, si trovava in una struttura da 5mila euro a settimana. Vincenzo Senese, che secondo gli inquirenti "curava gli interessi della famiglia a Roma e non solo", secondo quanto riferito dagli investigatori era solito spendere migliaia di euro a settimana in strutture stellate e ristoranti dove non pagava forte del cognome della famiglia. 

La Camorra nel tessuto economico di Roma

L'indagine ha sottolineato la penetrazione della camorra nel tessuto economico di Roma e del nord Italia. Il gruppo Senese, storicamente collegato al clan Moccia di Afragola, si è insediato stabilmente in città negli anni '80 dove è riuscito ad affermarsi tra le più influenti realtà criminali capitoline, dedicandosi principalmente al traffico di stupefacenti, alla gestione delle piazze di spaccio e al riciclaggio di proventi illeciti, "accrescendo il potere criminale ed economico e agevolando la persistenza e la pervasività dell'associazione mafiosa di riferimento", spiegano gli inquirenti. 

La Capitale in particolare è diventata il centro nevralgico per "tessere le relazioni e i contatti con tutto il territorio nazionale, controllare le attività illecite e convogliare gli ingenti profitti ricavati in settore economici in cui è più facile investire denaro contante, non tracciabile".

Dall'abbigliamento alla ristorazione: così si puliva il denaro 

L'indagine della Dda di Roma si è concentrata sulla ricostruzione dei più recenti fatti di cronaca, e soprattutto sui canali di investimento che nel corso degli anni hanno iniziato a concentrarsi anche fuori da Roma. Canali individuati dalla famiglia Senese ("soggetti del tutto incapienti e privi di reddito") e dai soggetti che gravitano intorno ad essa per "ripulire" e far "fruttare" le ingenti somme di denaro accumulate nel tempo e almeno in parte "occultate, in maniera frazionata, spesso ricavati all'interno di diversi immobili della famiglia", si legge ancora. 

Come ha spiegato il comandante del Gruppo Investigativo Antiriciclaggio Maurizio Querqui a RomaToday: "La caratura criminale di Senese è evidenziata anche da come abbia organizzato la pulizia del denaro. Da una parte trasformava l'imprenditore usato in un socio compiacente, dall'altra diversificare il rischio investendo e riciclando denaro in diversi settori, dall'abbigliamento alla ristorazione, dal nord Italia a Roma". 

Le immagini del blitz: il video

In sostanza Michele Senese, attraverso il figlio Vincenzo, come spiega l'ordinanza "ha dato avvio a consistenti investimenti, per circa 500 mila euro, nel commercio all'ingrosso dell'abbigliamento attraverso società in provincia di Frosinone e Verona. Ulteriori 400 mila euro sono stati reimpiegati in Lombardia attraverso il supporto di due imprenditori operanti al Nord Italia ma di origine campana, perfettamente consapevoli dell'origine del denaro. 

Parallelamente si è riusciti a far confluire le risorse del gruppo criminale, con investimenti illeciti per oltre 230.000 euro, in note attività di ristorazione a Roma, nonché in un importante stabilimento in provincia di Latina di produzione casearia, ricorrendo sempre a prestanome. 

I soldi mandati e riciclati anche in Svizzera

Altre somme, quantificate in 1 milione di euro, erano state prima trasferite in Svizzera e gestite attraverso due soggetti giuridici esteri appositamente costituiti da un colluso imprenditore italiano residente in Svizzera, quindi sono state impiegate per finanziarie attività imprenditoriali di una società milanese (con basi operative in Campania) riconducibili a due persone contigue al clan".

In questo senso, le evidenze investigative hanno dato contezza di "significativi collegamenti e flussi finanziari illeciti da/verso il paese elvetico, con inquinamenti di settori dell'economia lombarda e veneta, frutto dell'interposizione di società costituite ad hoc nel Nord Italia dove immettere nel circuito economico legale risorse finanziarie di origine criminale. Si tratta di una strategia pianificata, tesa a fare business laddove sussistono maggiori opportunità di profitto".  

Il cognome dei Senese fa paura 

La notorietà dei Senese negli ambienti criminali ha consentito ai vari sodali di muoversi liberamente senza bisogno di ricorrere con frequenza alla violenza. Nell'indagine 'Affari di famiglia' emerge infatti "come fosse sufficiente spendere il nome della famiglia per caricare di forza intimidatrice la condotta illecita perpetrata". 

A rafforzare la tesi, hanno sottolineato gli investigatori, anche numerose intercettazioni telefoniche accumulate in diverse indagini negli anni, che hanno dimostrato come "Senese abbia spesso ricoperto il ruolo di 'paciere' durante le controversie nate negli anni tra i vari soggetti della criminalità che hanno operato su Roma".

Particolarmente significative per capire come il gruppo riuscisse ad entrare in contatto con i professionisti di vari settori sono "le condotte usurarie ed estorsive poste in essere nei confronti di un ex imprenditore romano operante nei settori dell'autonoleggio e della produzione cinematografica che, dal 2017, a causa di un perdurante stato di indebitamento ottiene da un componente della famiglia Senese, in cinque tranches, un consistente prestito di 130.000 euro a un tasso usurario del 120% annuo, con la conseguente impossibilità alla restituzione", spiega il procuratore aggiunto della Dda Ilaria Calò nell'indagine.

Sequestrati 15 milioni di euro di beni 

Gli inquirenti, al termine dell'operazione, hanno sequestrato anche 15 milioni di euro tra società e ristoranti: un complesso aziendale di 10 società, tra cui 4 attive nella ristorazione (tutte con sede a Roma), 5 nel commercio all'ingrosso e dettaglio di abbigliamento (a Frosinone, Verona, Milano, Brescia e Bergamo) e un caseificio (con stabilimento a Pontinia, in provincia di Latina); a questi si aggiungono 5 unità immobiliari (quattro in provincia di Milano e una a Napoli) e un'imbarcazione da diporto. Le indagini hanno visto impegnati circa 200 tra finanzieri e poliziotti, con l'esecuzione anche di perquisizioni, nelle province di Roma, Napoli, Verona, Frosinone, L'Aquila.

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