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Sebastiano Celletti

Sebastiano Celletti

A cura di Sebastiano Celletti

"Zitto tu che fai il vigile, che capisci?" Quando il lavoro scredita l'uomo

Tutto cominciò diversi anni fa quando, per caso o per bravura, mi ritrovai vincitore di un concorso pubblico per diventare “vigile urbano”. Ero allora un ragazzotto e, come tutti i ragazzotti appena usciti dalla scuola superiore, coltivavo le amicizie che erano nate tra i banchi di scuola. Alcune erano labili come prevedibile mentre altre erano più profonde.

Strette. Si erano condivisi pensieri, paure e speranze tra quei banchi e tante gioie. Ricordo ancora quando comunicai il superamento del concorso alla mia famiglia che, tra il sorpreso ed il meravigliato, rimase molto contenta. Ricordo ancora quando comunicai lo stesso ai miei amici durante una cena al pub come facevamo sempre in quel periodo.

“Ah! Mò fai la guardia. Così ce togli le multe”.  Si cominciò non so se a scavare un solco od ad erigere un muro. La serata continuò come sempre tra cazzeggi e ilarità. A volte dovetti rifiutare le richieste di inviti a causa dei turni di lavoro non troppo compatibili con le uscite serali. Le telefonate o gli incontri cominciavano a divenire monotematici negli argomenti: o erano richieste di chiarimenti su incidenti stradali subiti da loro o per sentito dire da loro conoscenti o erano richieste di chiarimenti su multe prese in giro per l'Italia quando andava bene.

Tutto per me rimaneva immutato ma non volevo vedere la distanza che si stava creando. Tutto uguale fino ad una frase detta un po' di tempo fa: “ma tu che ne sai? Tu fai il vigile!”.

Non ricordo l'argomento ma quella frase per me resta come la scritta sul cancello di ingresso ad Auschwitz.  Una frase che, solo in base al lavoro svolto, etichetta le qualità morali e sociali di una persona. Di 6000 persone qui a Roma. Una frase detta da pochi ma pensata da molti qui a Roma. Una frase che annulla l'identità di una categoria di lavoratori. Una frase nazista.

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