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A cura di sartoria-politica

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Se Pirozzi non è il candidato del centrodestra nel Lazio, tutto è iniziato lo scorso 24 ottobre

Il candidato solitario. Sembrava il cavallo vincente, il nome su cui convergere; poi, però, rimase solo. Roma Eur, martedì 24 ottobre 2017. Per spiegare perché Sergio Pirozzi, sindaco di Amatrice, non è il candidato che proverà a soffiare la poltrona al governatore uscente del Lazio, Nicola Zingaretti, né quello del centrodestra unito, bisogna partire proprio da quel martedì pomeriggio nel salone delle Tre Fontane. E dalle successive fughe in avanti, errori di comunicazione e non solo, inanellati in sequenza. Da allora tutto in salita, anche per questioni di tempistiche, di intrecci e di alleanze.

Premessa utile 


In questo 2018 sono interessate, tra le altre, tre importanti regioni: Lazio, Lombardia e Friuli Venezia-Giulia.
In Lombardia, Maroni ha lasciato il posto a Attilio Fontana, ex sindaco di Varese della Lega; in Friuli, Salvini sembra voler proporre a tutti i costi Massimiliano Fedriga, capogruppo alla Camera in questa ultima legislatura. Nel Lazio, un gioco di equilibri interni alla coalizione molto fragili. dovrà essere un nome indicato da Fratelli d’Italia (anche se ha avuto la possibilità di scegliere Musumeci lo scorso novembre in Sicilia) o Forza Italia, che non sembra voler farsi da parte questa volta.

Andiamo con ordine/Passo indietro


Una sala, quella del 24 ottobre, gremita di addetti ai lavori che non si vedevano dai tempi di Francesco Storace candidato – poi vincente –  alla presidenza regionale. In tanti presenti con la scusa della presentazione del libro di Pirozzi, “La Scossa dello Scarpone – Anatomia di una passione sociale”. In realtà, tutti in attesa di vedere se l’ex mister volesse tornare ad allenare; passando dal Trastevere calcio a una squadra di politici, smaniosa di tornare a occupare i posti che contano alla Pisana. Un nodo, in quel pomeriggio, ancora ben stretto: “Devo sentire prima tutte le forze in campo e solo poi scioglierò le riserve”.

In prima fila, ad ascoltare tutto questo, Zingaretti (che tenta il bis); il presidente uscente del Consiglio regionale, Daniele Leodori; Giorgia Meloni, leader di FdI; il leghista Matteo Salvini; amministratori locali di molti Comuni del Lazio; ed ex come Storace e Alemanno. Poi coordinatori di partiti politici, ex consiglieri regionali; il capo del dipartimento della Protezione Civile Fabrizio Curcio, al quale Pirozzi rivolge spesso le sue parole durante tutta la presentazione.

Primo errore: gli intrecci 


Pirozzi gode della stima proprio dell’ex presidente della Regione Storace, che non frena il suo entusiasmo, sin dal primo giorno, nei confronti del sindaco di Amatrice e invita anche lui gli altri partiti, in primis la Lega con il quale ha un legame particolare e insieme all’ex sindaco di Roma Alemanno, a sostenerlo in questa corsa.
Non si fa pregare Matteo Salvini: “Sono pronto a votarlo anche domani”, dichiarò proprio alla presentazione del libro. Mettendosi al fianco di Pirozzi, ma indirettamente anche di Storace. Finendo, così, per indispettire in qualche modo Giorgia Meloni, che aveva già in mente di togliere dal simbolo di Fratelli d’Italia ogni riferimento ad AN; dopo il veto su Alemanno e Storace per le elezioni di Ostia. Per tenerli lontano, fino al 5 novembre, dalla coalizione in sostegno a Monica Picca.

Secondo errore: i fattori esterni 


All’evento, tra i maggiori partiti del centrodestra, l’unico a mancare era Forza Italia. Un amore mai sbocciato tra i due.
Il partito di Berlusconi ha rivendicato più e più volte per sé la candidatura a presidente, ricordando che gli ultimi nomi candidati del centrodestra sono sempre stati espressione di AN/destra, sia per il Campidoglio sia per la Pisana: prima con Storace e la Polverini, per la poltrona di governatore; poi con Alemanno alla guida di Palazzo Senatorio.
Pirozzi è stato subito bollato come persona simpatica alla Lega (probabilmente per l'endorsement di Salvini e del seguito nella sua base laziale); come politico legato a Fratelli d’Italia (ha fatto parte del Congresso Nazionale); alleato di Storace, suo primo estimatore in ordine cronologico. 
Tutti presupposti per non poter diventare quel candidato ideale nel quale il partito di Berlusconi possa rispecchiarsi e intestarsi così una eventuale vittoria del centrodestra, o a mali estremi dichiarare una vittoria di tutti. E salire sul carro del trionfo.

Terzo errore: le tempistiche


Il 24 ottobre glissa sull’ufficialità della candidatura e dichiara di voler aspettare ancora del tempo prima di scendere in campo: un’apertura, una mossa di ascolto verso le altre forze della coalizione (“Pur non scendendo a patti”). Il 9 novembre, invece, una inversione a ‘U’ e annuncio ai microfoni di Settegiorni, la trasmissione di Rai Parlamento condotta da Susanna Petruni (andata poi in onda il sabato mattina alle 7 su Rai Uno). Il giorno dopo, sulle frequenze di Radio Radio e ospite di Francesco Vergovich, dichiara: “Ho telefonato a Giorgia Meloni, a Matteo Salvini e a Gianni Letta, perché non ho il numero di Berlusconi, e li ho avvertiti”.

Una ufficializzazione arrivata nel momento in cui i riflettori erano tutti puntati su Ostia: Municipio in piena campagna elettorale, dopo due anni di commissariamento; quadrante travolto dalle immagini della testata di Roberto Spada al giornalista Daniele Piervincenzi, inviato della trasmissione Nemo.

Una dichiarazione che sarebbe degna dell’attenzione mediatica laziale (e non solo, data la popolarità nazionale acquisita in questi mesi post terremoto di Amatrice), ma che non fa a pieno notizia perché si incastra tra eventi (prevedibili) di cronaca-politica. Finendo per indispettire ancora di più le altre forze, solo apparentemente unite per la corsa alla Decima Circoscrizione. Non sfruttando così tutta la scia che gli avrebbe portato una simile dichiarazione in un altro periodo, anche con le polemiche seguite alla solitaria accelerazione. 

Senza dimenticare scivoloni comunicativi sul caso Anna Frank, gli adesivi antisemiti diffusi dagli ultrà della Lazio; o in occasione di Atreju dove ha attaccato sui soldi “spariti” ricevuti dagli sms solidali, dove la Protezione civile è intervenuta in risposta specificando che "non è sparito un euro, le donazioni sono nella contabilità del Commissario straordinario”.

La scelta del comitato elettorale. È il momento di scegliere la data, l’orario e il luogo per inaugurare il quartier generale. Ancora una volta all’Eur, il 21 dicembre, in quella che fu la sede dove, nel 2013, Nicola Zingaretti costruì la sua vittoria. Lo stesso giovedì in cui il leader della Lega, Matteo Salvini, annuncia in conferenza stampa il nuovo simbolo con il quale il suo partito si presenterà alle prossime elezioni.
Una sovraesposizione di eventi che non gli garantiscono lo spazio sufficiente nei media. Un binomio sospetto per gli alleati forzisti e di FdI.

Il mese di gennaio. In questo ultimo mese, il candidato alla presidenza alla Regione Lazio con la lista lo “Scarpone”, ha cercato di approfittare dello stallo nell’area di centrodestra per poter portare avanti iniziative che potessero in qualche modo convincere e mettere d’accordo i tre principali partiti; entrando di fatto in campagna elettorale con l’evento all’Atlantico di Roma del 17 gennaio scorso (in quei giorni sono continuati ad arrivare apprezzamenti da Matteo Salvini durante le trattative che vedevano Maurizio Gasparri in pole position) sia con una campagna social con dei video improntati sull’ironia. “E’ stato bello ma ho deciso che…” video ironico del 12 gennaio in stile “Scherzi a parte” nel quale forse qualche suo avversario avrà tirato inizialmente un sospiro di sollievo: il servizio mostra infatti nei primissimi secondi lo staff di Pirozzi impegnato a smantellare il comitato elettorale di via Cristoforo Colombo, salvo poi intervenire e fermare tutto “Avete capito male, questo è uno scherzo, noi stiamo lavorando”.
Un video che raggiunge in totale 200mila visualizzazioni, 4mila reazioni, più di 800 condivisioni e 600 commenti. Ripetiamo spesso che i like non sono voti ma se questi numeri appena elencati si provano a confrontarli con quelli raggiunti da Stefano Parisi nel giorno della sua candidatura (e in quello successivo) con due video pubblicati sulla sua pagina Facebook, si noterà una netta differenza: arriva complessivamente a 10mila visualizzazioni, poco più di 200 reazioni per video e meno di 100 commenti e condivisioni.
E’ vero che Stefano Parisi sconta un gap e proprio per questo possiamo dire che, questa volta, è la coalizione di centrodestra a ritrovarsi in ritardo e fuori tempo.

Dai panni del mister vittorioso a quelli di capro espiratorio di tutti i mali del centrodestra laziale, di coloro che potevano essere i suoi alleati. Errori in un breve lasso di tempo da parte di molti degli attori in campo; un gioco di forza da parte di chi ha corso alla gara di intestarsi il candidato; una sbagliata valutazione di chi ha pensato di partire in solitudine e in anticipo. Ma resta solo il candidato che sarebbe potuto essere. E non è stato.

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