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Martedì, 23 Aprile 2024
Romaneggiando

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A cura di Claudio Colaiacomo

La chiesa dell’Orazione e Morte e il cimitero dei morti affogati

In via Giulia dietro palazzo Farnese, nei pressi del civico 262, si trova l’insolita chiesa dell’Orazione e Morte dal nome dell’omonima confraternita che dalla metà del Cinquecento ha sede proprio qui. Se già non siete frequentatori di chiese per conto vostro, questo luogo non aiuterà a stimolare quella chiamata religiosa che forse ancora languisce.

Ad accogliervi troverete teschi, scheletri alati e clessidre a ricordarvi che il tempo fugge e che prima o poi tutti faremo quella fine. Quasi a prendervi in giro, uno di questi scheletri posto a lato del portale d’ingresso recita un macabro “Hodie mihi cras tibi” che significa “Oggi a me domani a te”. Fatevi coraggio, entrate e preparatevi a una piccola avventura. Cercate il sacrestano, o se siete fortunati, chiedete alla suora intenta a snocciolare il rosario, una piccola offerta e vi indicherà la cripta.

Vi accompagnerà davanti a un portone con una grande scritta che lascia pochi dubbi: “Cemeterium”. Da questo momento sarete probabilmente soli, sta a voi scendere nei sotterranei verso il buio e il mistero. Ad accogliervi teschi, femori e ossa di ogni genere, alcune arrangiate come decorazione di lampadari o a formare la grossa croce che domina una delle pareti di fondo. Il luogo ricorda la ben più famosa cripta dei Cappuccini di via Veneto anche se lì si perde un po’ di quel senso misto tra sacro e tenebroso a causa del via vai di turisti. In un angolo fa bella mostra di sé una sorta di libreria a scaffali dove, al posto di antichi volumi, sono sistemati, uno accanto all’altro, un gran numero di teschi, alcuni con inciso sulla fronte l’anno di morte e la causa del decesso.

Scopriamo, in questo modo, che la confraternita dell’Orazione e Morte nasce per dare degna sepoltura a quei cadaveri che secoli fa si rinvenivano in campagna oppure che morivano annegati nel vicino Tevere. Esseri umani poverissimi o di cui non si sapeva neppure il nome, raccolti pietosamente dai confratelli per custodirne gli umili resti. Uscendo dalla chiesa ci riempiamo volentieri i polmoni di aria fresca e ci rallegriamo della luce del sole, un angelo-scheletro vi saluta dalla facciata principale, è il custode di una cassetta per la carità che recita: «Elemosina per i poveri morti che si pigliano in campagna, 1694». Nonostante cadaveri da pigliare in campagna ce ne siano ormai pochi, la cassetta è tutt’ora aperta e pronta a ricevere il vostro caritatevole obolo.


Da Roma perduta e dimenticata libro di Claudio Colaiacomo

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