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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Romaneggiando

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A cura di Claudio Colaiacomo

Le ignobili taverne

Di tanto in tanto le cronache dei giornali ci raccontano di pratiche poco etiche di alcuni produttori di alimenti che, per risparmiare, arricchiscono i preparati con complementi piuttosto singolari. Aggiunte di conservanti illegali, diossina nelle mozzarelle, tracce di mercurio nel pesce dei mari cinesi e addirittura carne di cavallo al posto di quella di manzo. Pratiche poco ortodosse che mettono a repentaglio la nostra salute oltre che la qualità del prodotto che acquistiamo. Dove andremo mai a finire di questo passo! È la lamentela di molti. 

Per loro e per tutti i curiosi consigliamo una passeggiata in piazza della Rotonda, la splendida piazzetta che fa da palcoscenico alle colonne del Pantheon. 

Proprio sul lato opposto al monumento una grossa lapide marmorea incisa in latino ci racconta come papa Pio VII nel 1820 ripulì la zona dalle “Ignobili Taverne”. Per capire cosa fossero mai quelle taverne così terribili da meritarsi l’appellativo di ignobili, dobbiamo spolverare la tradizione popolare e risalire a un episodio del 1638 che farebbe impallidire il produttore alimentare più disonesto. In quegli anni, nella piazza, aveva sede una bottega gestita da due norcini noti in tutta Roma per la squisitezza e genuinità dei prodotti. I due erano soliti macellare la carne direttamente nella cantina della taverna, pratica piuttosto comune a quel tempo e solo parzialmente disciplinata dalla legge. Fin qui nulla di strano, se non per lo scarso livello d’igiene causato inevitabilmente dalla macellazione in cantina, che però non doveva preoccupare il popolo se consideriamo la grande popolarità di cui godevano i prodotti dei norcini. 

Preoccupava invece la sparizione di tanto in tanto di qualche avventore che entrava nella taverna per non uscirne mai più! Si racconta che, in perfetto stile Stephen King, i due norcini prendessero di mira alcuni clienti, li facessero ubriacare ben bene per poi trascinarli nelle cantine e ucciderli! I poveretti diventavano carne da macello insieme a maiali, conigli e pollame vario per contribuire in prima persona al gusto, tanto apprezzato, di quelle salsicce. 

Per anni la storia si tramandò di padre in figlio e crebbe nella fantasia popolare a tal punto che il Papa sentì il bisogno di ripulire la zona e porre la lapide che vediamo oggi a ricordo. Per dovizia di particolari l’iscrizione non fa menzione esplicita né dei due norcini e neppure delle insolite salsicce, si limita a celebrare l’intervento di demolizione. Per quanto fantasiosa la storia possa sembrare, gli archivi pontifici conservano ancora la sentenza di morte inflitta a due norcini vissuti a quel tempo. Ironia della sorte o fantasia del caso, oggi la piazza è ricchissima di bar e ristoranti pronti a sfamare il fiume di turisti che qui scorre senza interruzione.

Claudio Colaiacolo Twitter @ilgirodiroma501

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Le ignobili taverne

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