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Limitato a Porta Maggiore

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A cura di Ylenia Sina

Accoglienza coatta per i senza tetto e quel retro messaggio per i clochard morti: ve la siete cercata

Secondo alcune anticipazioni della stampa la sindaca Virginia Raggi sta valutando la possibilità di rendere l'accoglienza nelle strutture del piano freddo per senza tetto una scelta obbligata. Dieci persone sono morte dall'inizio dell'inverno e l'orientamento dell'amministrazione può sembrare una questione di buon senso. Eppure la trovata racconta molto più di quanto possa apparire a una prima lettura l'atteggiamento che si va rafforzando verso i più poveri. Mentre un mix di politiche repressive e di totale assenza di risposte verso poveri e migranti sta producendo un grave livello di esclusione sociale, si sta insinuando un sempre più diffuso senso di colpevolizzazione dei più deboli.

L'obbligatorietà dell'accoglienza - sembra quasi un ossimoro - porta con sè il velato retro-messaggio che chi è morto di freddo per strada, in fondo, un po' se l'è cercata. La condizione di povertà ed emarginazione sociale che tiene anno dopo anno migliaia di persone a vivere per strada solo nella Capitale passa in secondo piano. Poco importa che avere un posto letto per la notte non cambi nulla della loro condizione. Poco importa che al di là delle notti fredde il sistema di inclusione messo in campo dalle istituzioni - e lo dicono i numeri- sia fallimentare. E soprattutto poco importa che l'assenza di politiche abitative e di misure che fronteggino la crescente povertà incrementi questa condizione piuttosto che farci fronte. E' la cronaca a dirlo: mentre si ragiona a questo provvedimento centinaia di persone sono state sbattute per strada con l'ennesimo sgombero. 

Questo processo di colpevolizzazione dei poveri ha già preso piede da un po' di tempo. La criminalizzazione degli occupanti, colpevoli di non aspettare per anni una casa popolare, è forse solo la punta dell'iceberg. Un esempio arriva da quanto accaduto ormai un anno e mezzo fa. Nell'agosto del 2017 centinaia di famiglie sono state sgomberate da un palazzo occupato a Cinecittà e buttate in mezzo a una strada senza alternative. Sono rimaste accampate in piazza Santi Apostoli per mesi rifiutando l'assistenza che l'amministrazione aveva offerto alle sole 'fragilità': donne, bambini, anziani. Non volevano dividere i propri nuclei familiari. Non volevano accettare la 'casa famiglia' perdendo di fatto la possibilità di una vita autonoma e indipendente.

L'amministrazione non ha mai ceduto di un millimetro. Il retromessaggio (nemmeno troppo retro in realtà) era un chiaro autoassolvimento delle istituzioni: se non accettano vuol dire che non sono poi così disperati. In quel periodo, alcuni genitori temevano addirittura che gli assistenti sociali potessero portargli via i figli. 

Un meccanismo diverso ma che sta avendo risultati simili sta avvenendo nei residence per l'emergenza abitativa. Queste persone sono rimaste per anni parcheggiate in questi stabili che fruttavano affari milionari ai proprietari privati. Un vero e proprio scandalo, un intreccio di malapolitica e affari che ha generato una sorta di sottoclasse del disagio alloggiativo. Una questione abitativa ma anche sociale. Queste famiglie hanno vissuto per anni in abitazioni temporanee, uffici trasformati in piccoli appartamenti, guardiani a controllare le loro vite. Per anni. In alcuni casi anche decenni. Una vita stabilmente precaria sulla quale decine di famiglie hanno costruito il loro futuro, con la speranza di una casa popolare che nel frattempo diventava quasi un insensato feticcio.

Se dovessimo trovare una responsabilità in questo disastro economico ma soprattutto sociale non è di certo da ricercarsi nelle famiglie. E invece sta accadendo. Sono queste persone che oggi si ritrovano a dover giustificare la loro presenza in quelle strutture. Il bando con il quale l'amministrazione sta verificando i requisiti per accedere ai Sassat si sta trasformando in un'enorme atto d'accusa. E nell'ennesimo gesto di esclusione. 533 famiglie rimarranno fuori. Quasi la metà del totale. Solo 15 di queste - è scritto nella graduatoria - per esubero di reddito. Chi non riuscirà a ottenere il buono casa, e sono in molti ad avere redditi talmente bassi da avere davvero poche speranze, dovrà uscire entro tre mesi. Chissà se tra loro, il prossimo inverno, ci sarà qualcuno che si ritroverà obbligato all'accoglienza del Comune. 

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