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Venerdì, 19 Aprile 2024
La linea gialla

La linea gialla

A cura di Matteo Scarlino

La "Combriccola del vaffa"...finalmente

IL COMMENTO - Virginia Raggi vara un rimpasto che disegna una giunta di lotta e di governo. Un'amministrazione molto gialla e poco rossa, delombardizzata e allergica a logiche di palazzo

8 settembre 2012, piazza re di Roma: un gruppo di cittadini, armati solo di gazebo e tanta rabbia, celebra i cinque anni dal Vaffa day. È una Roma che aspetta di essere liberata da Alemanno, già convinta da Zingaretti sindaco e che vive i primi vagiti dello scandalo rimborsi in regione.

In piazza, a volantinare, nomi oggi noti. C'era Enrico Stefano, giovane attivista di Tor Bella Monaca, indignato come non mai per lo scandalo delle Vele di Tor Vergata. C'era Paolo Ferrara, cantore di una Ostia senza lungomuro e libera dal dominio dei balneari. C'era Veronica Mammì, pronta a spiegare che il candidato sindaco loro, i grillini, l'avrebbero scelto dal basso, tra i cittadini. C'era Pietro Calabrese, agile sulla bici quanto già "simpatico" nell'ignorare i giornalisti presenti. C'erano quelli dell'VIII, i Cafarotti, la Vivarelli, i Frongia con quest'ultimo convinto che da lì a qualche mese sarebbe diventato il candidato sindaco. Attivisti della prima ora, fieri del Vaffa e convinti di aprire il palazzo come una scatoletta di tonno

Sette anni dopo quello stesso gruppo di cittadini compone oggi la giunta Raggi. O meglio, per dirla con le parole della sindaca, dà vita alla fase due, quella in cui i politici (sette anni bastano per non dirsi più cittadini, ndr) sostituiscono i tecnici. Con tre anni di ritardo si è così finalmente definitivamente compiuta la presa del Campidoglio, per quella che si può dire la prima vera giunta grillina dell'era Raggi.

Ci sono dentro ormai tutti quelli dell'VIII, guidati e capitanati da un Frongia tornato, dopo il castigo post Marra, king maker occulto della giunta. Lo "scacchista" laureato in Statistica e prestato alla politica, dopo aver "consigliato" l'amico Carlo Cafarotti al Commercio, si prende l'agognato assessorato al Patrimonio con la fedelissima Valentina Vivarelli. C'è la famiglia Stefàno, con Veronica Mammì promossa (pare non senza malumori dell'ottima presidente Lozzi) dal VII municipio e il marito, Enrico, prossimo a tornare a capo della commissione trasporti. C'è Pietro Calabrese, sempre in bici e sempre "simpatico" con i giornalisti. Non c'è Paolo Ferrara, capo dell'ala lombardiana in Campidoglio, corrente depotenziata e messa all'angolo, fiaccata dalla vicenda Stadio e dal logorio del palazzo. 

È la giunta del Vaffa, di lotta e di governo, quella che doveva essere dall'inizio, dal luglio 2016, quando invece si preferì pescare tra i tecnici e accontentare tutte le voci del Movimento, tutte smaniose di mettere becco e cappello sulla prima vera prova di governo a cinque stelle. 

Un gruppo, l'unico oggi, di cui Virginia Raggi sente di potersi fidare davvero. Una giunta delombardizzata e senza improvvisati grillini calati dall'alto da Casaleggio o da portavoce promossi a Richelieu di palazzo Chigi. Una giunta poco governativa, lontana dalle logiche di palazzo, pronta a fare opposizione se chi è al Governo non ne accontenterà le velleità. Una giunta molto gialla e poco rossa, con l'obiettivo, neanche troppo nascosto, di ridimensionare, e perché no azzerare, la quota di sinistra, quella in capo a Bergamo e Montuori. I due possono però per ora stare sereni, ma sono avvisati. 

Come avvisato è il Governo: la questione Roma va messa in cima all'agenda, per i poteri speciali che alla Capitale servono e per i soldi che mancano per realizzare i pochi progetti immaginati in questi tre anni (non è casuale la presenza di Calabrese all'assessorato ai trasporti: c'è da trattare e sbraitare per i fondi per la realizzazione del Pums, ndr). E se non si andrà oltre le promesse sarà lotta contro il PD (prima di tutto) ma anche contro la parte stellata del governo. 

Il Vaffa del resto è nel DNA ed ora, quando da perdere ormai c'è rimasto ben poco, si è deciso che è tempo di non vergognarsene più e di metterci finalmente la faccia.

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