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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Dubitando

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A cura di Luigi Di Gregorio

Come si Salva Roma?

Cerchiamo di fare chiarezza su alcuni punti sulla base di dati e di fatti, riducendo il più possibile le opinioni

Come sempre, in Italia, quando c’è un caso di attualità importante, tutti diventano esperti in materia. Siamo stati tutti esperti di immigrazione dopo i fatti di Lampedusa, di sistemi elettorali durante le trattative sull’Italicum e oggi sono tutti esperti di contabilità pubblica, quella di Roma in particolare. E, come sempre, se ne sentono (e leggono) di tutti i colori.

Cerchiamo di fare chiarezza su alcuni punti sulla base di dati e di fatti, riducendo il più possibile le opinioni:

1.Debito pubblico. Dal 2009 Roma ha due bilanci: uno ordinario e uno sotto gestione commissariale per rientrare dal debito accumulatosi fino al 2008. È bene dunque non confondere i due piani. Quello commissariale ha 500 milioni annui a disposizione, 300 dallo Stato (che non mi risulta siano sempre arrivati) e 200 da entrate di Roma Capitale per ripianare il debito accumulato da tutte le amministrazioni precedenti ad Alemanno. In particolare, Roma ha a disposizione il contributo di soggiorno (tassa negli alberghi) e l’addizionale IRPEF fino allo 0,9 per mille per recuperare i 200 milioni. Non a caso quell’addizionale è stata ribattezzata “Veltron Tax”, proprio per far capire che serve a recuperare il debito, cresciuto esponenzialmente proprio in quegli anni.

2.Deficit. il deficit è lo scarto tra entrate e uscite nel bilancio ordinario, quello che serve e Marino per mandare avanti la città. Oggi si stima che manchi quasi 1 miliardo per pareggiare il bilancio 2014. Come si è arrivati a questa cifra? Con una spesa strutturale molto elevata, certo, ma soprattutto perché negli ultimi 7 anni ci sono stati tagli dei trasferimenti statali continui e crescenti. A Roma come a tutti i comuni d’Italia (si veda l’intervista di oggi a Fassino su La Stampa). Non a caso l’ANCI ha sostenuto nell’autunno scorso che fosse a rischio default il 52% dei Comuni italiani.

3.Le risorse proprie. Si è parlato per anni di decentramento e di federalismo municipale, ma i Comuni continuano a sopravvivere prevalentemente con risorse che provengono dallo Stato. C’è la convinzione che Roma abbia anche più risorse degli altri, la verità è che ne ha di meno. E ciò avviene per una scelta a mio avviso errata del parametro dei trasferimenti che vengono erogati pro capite, ossia parametrati in base al numero di abitanti. Ma rifare le strade, manutenere i parchi e gli spazi pubblici, illuminare strade e piazze, gestire il servizio pubblico locale o la raccolta dei rifiuti e la pulizia delle strade ha a che fare più con le dimensioni territoriali che con il numero di abitanti. E se valutiamo i trasferimenti dello Stato per ettaro di superficie, la situazione è questa: Roma: 9.737 €, Milano: 25.519 €, Torino: 26.217 €, Napoli: 48.268 € e Palermo: 16.833 € (dati 2010). Tradotto: Roma riceve la metà dei soldi di Palermo, 1/3 di quelli di Milano e Torino e 1/5 di quelli di Napoli. Una città grande 9 volte Milano, con 1.300 kmq di superficie e quasi 6mila km di strade non ce la fa. Se a ciò sommiamo che il territorio di Roma dà allo stato circa 30 miliardi in termini di gettito IVA, IRPEF e IRES e ottiene indietro in termini di trasferimenti circa 500 milioni, le conclusioni sono presto tratte. Con un vero federalismo municipale Roma sarebbe senza debito e con un bilancio serenamente in pareggio. E fino a quando l’ICI era dei Comuni, non a caso, il debito era relativamente sotto controllo.

4.La riforma di Roma Capitale. Il completamento della riforma, se accompagnata da ulteriori risorse proprie può dare a Roma un altro passo. Nuovi poteri e nuove risorse per gestire una realtà complessa e costosa. Non possiamo continuare a considerare la Capitale come gli altri Comuni. Non ha alcun senso. Tanto più in un paese in cui ogni anno ci sono centinaia se non migliaia di manifestazioni di carattere nazionale a Roma, i cui costi ricadono per intero sul Comune. Per non parlare dei grandi eventi e di ciò che comporta avere sul suo territorio i palazzi della politica nazionale, le sedi diplomatiche estere e il Vaticano. Che sia il gettito IMU (come era con l’ICI), o la compartecipazione all’IVA o all’IRPEF, qualcosa bisogna fare…

5.La buona amministrazione. La gestione dell’ente e delle municipalizzate si può e si deve migliorare. La Centrale Unica degli Acquisti si deve potenziare. Gli incarichi esterni vanno limitati. Tutto vero. Ma molte di queste decisioni non portano soldi nell’immediato. Sono scelte complesse che necessitano di lunghe analisi costi-benefici e innescano processi (anche politici) complessi e che si dipanano negli anni. Di scelte coraggiose che fin qui non sono state fatte o sono state bloccate da veti incrociati, come ad esempio la cessione delle quote di ACEA, nel 2012. Nel breve serve ossigeno, magari a patto che il Sindaco si impegni a fare alcune cose: una sorta di “contratto” tra governo e amministrazione locale sulla base del fatto che il grosso delle risorse ce le mette lo Stato (anche se sempre meno) ma le gestisce il Sindaco.

Ho sempre pensato che Roma non si possa salvare con provvedimenti tampone o “affamando la bestia”. La bestia è affamatissima e rischia di morire di fame. Prima mettiamola in condizione di sopravvivere da sola, poi valutiamo se continuano a prevalere logiche gestionali inefficienti. Il contrario, semplicemente, non funziona più: la ammazzerà e sarà un danno per tutti.

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