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Cose da Pazzi

Cose da Pazzi

A cura di Enrico Pazzi

Virginia Raggi e l'epica di Marra

A dieci mesi dalla sua elezione, non è facile ricordare affermazioni memorabili da parte del sindaco Virginia Raggi. Semmai, se ne ricordano di memorabili pronunciate da parte di altri attori sulla scena romana a 5 Stelle. La prima affermazione degna di nota è di Raffaele Marra, ex braccio destro del sindaco, oggi in carcere perché indagato per corruzione ed abuso di ufficio. Il nostro, a giustificare la sua nomina da parte di Raggi, affermò perentorio e con un certo grado di retorica messianica, "Sono lo spermatozoo che ha fecondato il Movimento". A rispondergli, con un'altra frase memorabile, fu Roberta Lombardi, parlamentare 5 Stelle e fiera avversaria interna di Virginia Raggi, "Marra è il virus che ha infettato il Movimento 5 Stelle". Uno ad uno e palla al centro. 
In realtà, la frase ad oggi più celebre pronunciata dal sindaco Raggi, che meglio di ogni altra descrive questo suo scorcio di amministrazione riguarda sempre Raffaele Marra. Fu quando il sindaco, con freddo imbarazzo, affermò, all'indomani dell'arresto di Marra, davanti a tutta la stampa, "Marra è solo uno dei 23 mila dipendenti comunali". 
Non c'è un'epica di Virginia Raggi. O almeno, al momento non se ne scorge una che valga la pena di raccontare. Dopo dieci mesi di amministrazione, il sindaco pare essere il personaggio della Disney "Semola",  intento ad estrarre la spada dalla roccia. Solo che la spada rimane ben salda nella roccia e mago Merlino finisce ai ceppi. 
Non siamo davanti ad una bella favola, che voleva l'elezione della ragazza della porta accanto a sindaco della Capitale. Una donna, madre e lavoratrice capace di governare Roma, proprio in virtù delle sue capacità espresse nella sua vita quotidiana di giovane donna. Anche perché lei stessa preferì glissare sulle sue esperienza pregressa tra lo studio Sammarco e quello Previti. Questa storia, invece, è animata da uomini che si muovono sinistramente, legati alla giovane donna da un rapporto di confidenzialità, di ambigua fedeltà, di consuetudini bizzarre, tipo andare a parlare sul tetto del Campidoglio, da messaggini whatsapp da intrighi di corte, da polizze pazze, da avversari più interni che esterni al proprio Movimento politico. 
Non c'è l'epica del cittadino comune al potere. Non certo il racconto epico della donna o dell'uomo qualunque che,  in virtù di una rivalsa sociale o dell'uno vale uno, governa impedendo alla "kasta" di perpetrare ladrocini. Fallisce il racconto dei racconti nel quale il "demos" avrebbe governato meglio dell'oligarchia partitica brutta, vecchia, sporca e cattiva. Semmai, la parabola di Virginia Raggi ci restituisce una storia alla Monty Python, nella quale un gruppo di improvvisati e simpatici cialtroni passa da un pasticcio all'altro. Un racconto nel quale, qua e là, si intravedono barlumi di premeditazione. 
Se proprio si vuole andare in cerca di un personaggio epico, quindi, capace in sé di raccontare un mondo, un sistema di valori avvincente e di rivalsa, contraddittorio e spiazzante, quello è proprio Raffale Marra, con tutto il contorno familiare che ha fatto sì che irrompesse in Campidoglio. Lui sì che intriga, affascina e lascia interdetti, spiazzati. Un volto in chiaro-scuro che lascia sbigottiti per la disinvoltura con la quale ha attraversato gli ultimi due lustri.

Virginia Raggi e l'epica di Marra

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