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Cose da Pazzi

Cose da Pazzi

A cura di Enrico Pazzi

Primarie Pd: la vecchia zia, i due “Roberto” e il governo di Roma

A circa metà sala si potevano vedere dei separé che dividevamo da una parte le fila di poltroncine gremite, dall’altra quelle vuote. Quasi a significare che il Centrosinistra romano stia puntando tutto sull’astensionismo dal voto per vincere. Questo il desolante colpo d’occhio che ha offerto la sala del Conservatorio di Santa Cecilia per l’ultima tappa de “La Prossima Roma” di Francesco Rutelli. Che poi è l’incubo dei candidati alle Primarie del Centrosinistra. I due “Roberto”, Giachetti e Morassut, sanno bene che sarà difficile bissare i centomila votanti delle Primarie del 2013. Forse ventimila, forse trentamila. Insomma, una miseria. Un fallimento. 

Oramai tutti, tra le fila dei simpatizzanti del centrosinistra romano, sono pronti ad ammetterlo: questo primo spezzone di campagna elettorale per le Primarie è un fallimento. Si avviano ad essere le più mosce che la loro recente storia possa ricordare. Roberto Morassut è uomo di penna ed intelletto. Conosce benissimo Roma, anche perché ne è stato già amministratore. Ma se il suo avversario tace, è più avvincente leggersi un suo libro su Roma, anziché sentirlo parlare in pubblico. A Roberto Giachetti, infatti, pare proprio non gliene freghi granché. Un po’ come quando si guarda una partita della Roma ad agosto. Guardi un po’ come si muovono in campo i neo-acquisti, ma poi del risultato finale poco ti importa. Giachetti pare che dica “se proprio devo, va bene. Ma se dovessi perdere…va bene uguale”. Se proprio dovesse perdere, Giacehtti tornerebbe a fare quello che a lui piace di più: il parlamentare, magari con qualche importante incarico di livello nazionale.  Altro che governare Roma con le casse vuote e un debito da paura. 

Ma assistere all’ultimo capitolo de “La Prossima Roma” ha mostrato come, a dispetto di quanto le cronache cittadine si affrettino a raccontare, Francesco Rutelli sia king maker di un bel nulla. Lo sarebbe stato se fosse riuscito a portare a termine il suo progetto: spostare Alfio Marchini nell’alveo del centrosinistra, imponendolo come unico candidato civico da contrapporre al Centrodestra, saltando a piè pari queste inutili e tristissime primarie. Missione che però è fallite perché Matteo Renzi non ha voluto. Tutto il resto sono cortesie per gli ospiti, manie da vecchia zia che invita i nipotini riottosi al pranzo della domenica. Eppure i talk-show nazionali e romani continuano a dipingere Rutelli, con non poca ruffianeria, come lo scopritore di tre quarti della classe politica odierna. E lui, moderatamente tronfio, se ne sta seduto sulla poltroncina dello studio tv di turno ad annuire, in preda alla sindrome di Pippo Baudo. Ma pensare che Giachetti sia una sua creatura o che Bertolaso sia un suo pupillo, è sbagliato. Entrambi hanno collaborato con Rutelli quando era sindaco, ma poi se ne sono andati e si sono fatti ognuno la propria carriera. Entrambi candidati a sindaco di Roma? Sì, Giachetti scelto da Matteo Renzi, Bertolaso da Berlusconi. E Rutelli? Nulla, lui semmai puntava su Alfio Marchini. Far intendere altro è solo millanteria, che il diretto interessato lascia, istrionicamente, che prenda corpo. 

Ma allora, se Rutelli non fa il king maker e non fa neanche il candidato a sindaco, che cosa fa? Davvero è solo una vecchia zia? No. Rutelli fa ciò che nei paesi anglosassoni fanno gli ex politici di lungo corso: il lobbista. Non c’è nulla di male nel farlo. E’ una professione dignitosa ed anzi, necessaria in situazioni di crisi. Solo che a questo giro la lobbying non gli è riuscita tanto bene. Al massimo oggi potrà fare una sua lista civica in appoggio a Giachetti, oppure a Marchini. Dipende cosa gli converrà di più fare. Si è mai visto un king maker degno di tale nome, ridursi a farsi una lista civica? No.

Quanto alle Primarie e ai due principali candidati, ieri si è scoperto che Giachetti non ha il programma. Ma effettivamente un programma oggi non serve a nulla. Chiunque sarà eletto sindaco di Roma dovrà governare la Capitale a stretto contatto con il governo nazionale, essendo la città paralizzata da un debito pubblico pazzesco e dovendo effettuare gravosi tagli di bilancio per gli anni a venire. E quindi, semmai, il programma per Roma sarebbe più corretto chiederlo al premier Matteo 
Renzi e al ministro delle Finanze Pier Carlo Padoan. Ci sarebbe tanto altro da dire sulle Primarie del Pd, sui comitati elettorali blindati, sui municipi rissosi e i tour cittadini a suon di hashtag e post sui social che stanno animando questa deprimente fase elettorale. Ma è davvero poca cosa. Robetta e scaramucce tra piccoli notabili cittadini.

Qui mi limito ad aggiungere due considerazioni. La prima, non puoi fare un campagna elettorale puntando sull’astensionismo al voto, perché gli elettori ti puniranno. La seconda, non puoi continuare a pensare che l’orizzonte elettorale di Roma siano le Primarie. Così si muore di autoreferenzialità. Così si perde. E anche quando si dovesse vincere, si finisce per essere defenestrati dopo due anni e mezzo di amministrazione fallimentare.  
E’ bene ricordare che un notaio si trova sempre.
 

Primarie Pd: la vecchia zia, i due “Roberto” e il governo di Roma

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